Cosa ci insegna l'ennesimo caso Bandecchi
Questa settimana: Primo Maggio e precariato intellettuale, AfD e il paradosso della tolleranza e un caso di scuola sul rapporto fra maschilità e violenza.
Il primo maggio 2025 l’ho passato a girellare per Milano con due fra i miei maschi preferiti (ne ho una collezione, a dispetto di chi pensa che le femministe detestino gli uomini). Ho fatto colazione in un bar (aperto), comprato degli articoli per l’igiene personale in un negozio di cosmetica (aperto), preso la metropolitana (aperta), pranzato in un ristorante molto buono vicino all’Arco della Pace (aperto), sostato nel Freccialounge di Stazione Centrale (aperto) e scelto di non lavorare, di non produrre, di non postare sui social, di non fare niente che non fosse chiacchierare e godermi la giornata. Non ho lavorato, mentre altri lavoravano perché io potessi non lavorare.
Non è una riflessione originale, me la segno perché arriva nello stesso momento in cui rifletto sulla natura precaria del mestiere che mi sono scelta, che non è semplicemente legata alla sua discontinuità, ma anche alla capacità di stare o meno nei circoli che possono generare lavoro.
È un carico aggiuntivo di cui spesso non parliamo, quello del networking, delle alleanze, dell’avere gli amici giusti, del non dare fastidio alle persone sbagliate. Un carico che finisce, com’è inevitabile, per influenzare la qualità del pensiero, la sua libertà, la sua onestà. È complicato rimanere persone libere, quando la possibilità di fare il proprio lavoro dipende dalla benevolenza di chi ha saputo, invece, tessere una rete che l’ha portato a controllare una porzione di territorio più o meno vasta, ed è in grado di farti terra bruciata intorno per una parola di più o di meno. E non parlo di me, che proprio per la mia orsità non mi accorgo quasi mai di quello che mi si muove intorno, e solo di rado ho avuto la certezza di essere stata messa ai margini. Non sono l’unica, non sono la sola, non sono una soggettività marginalizzata, ho il privilegio di poter fare le scelte che ritengo più vicine a me, anche se questo ha un costo. Ma non posso fare a meno di notare che l’ambiente culturale si dovrebbe nutrire di dialettica, e invece finisce per ucciderla.
Un dilemma sulla libertà
È solo un appunto, bisogna tornarci. Sto riflettendo seriamente sulla questione della messa al bando di AfD, dichiarata “partito estremista” dall’intelligence tedesca, che ha segnalato la sua contrapposizione ai principi elementari della democrazia. Il mio istinto di conservazione (e il paradosso della tolleranza di Popper) dicono che è giusto, che le formazioni di stampo fascista e liberticida non possono essere candidate alle elezioni di un paese democratico, perché uccidono la democrazia. È come fare un morbillo party: non tutti sopravvivono al contagio, e i morti non sono qui con noi per dirci che sono morti.
Dall’altra parte mi dico: è produttivo proibire? Dove vanno, e cosa e chi votano, gli estremisti? Il caso recente delle elezioni in Romania, annullate per infiltrazioni della propaganda russa, indette di nuovo e vinte comunque da un estremista di destra, ci dicono che duh, votano altri estremisti. Dove c’è un elettorato, c’è chi ne raccoglie le istanze per conquistare il potere, e questo è particolarmente vero nel caso dei fascisti, per cui il potere è un fine in sé, dato che consente di fare violenza a chi non ti piace.
È giusto lasciare che le persone abbiano la libertà di scegliere una formazione il cui unico obiettivo dichiarato è sopprimere la libertà degli altri? Possiamo parlare di “democrazia”, se queste formazioni aspirano come minimo a una dittatura della maggioranza?
Non sto dicendo che AfD debba correre alle elezioni (credo sia giusto bandire le formazioni neonaziste e neofasciste, se la Costituzione lo prevede: avremmo dovuto farlo con l’MSI, ed eccoci qua, invece). Sto dicendo che un sentimento popolare, anche un sentimento popolare di merda, non va via perché si bandisce un partito. Negli USA ha trovato il modo di attecchire in uno dei due partiti storici, quello Repubblicano, l’ha colonizzato come un fungo parassita e lo manovra da dentro. Se c’è una soluzione semplice, io non ce l’ho.
Veniamo al caso Bandecchi
Ci sono cose, concetti, teorie che sono difficili da provare. Che gli uomini siano socializzati alla violenza, o meglio: che la violenza e l’aggressività siano una parte fondante della maschilità ideale è una di queste, perché appena provi a dimostrarlo (con esempi) arrivano subito stormi di NONTUTTIGLIUOMINIIIII a cacare sul ragionamento come piccioni imbottiti di Dulcolax.
Poi, ogni tanto, si presentano esempi che dimostrano la tua teoria in maniera così lampante e cristallina che sarebbe un peccato farsele sfuggire. È il caso del rinvio a giudizio del sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, con l’accusa di minaccia, oltraggio, violenza, resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e minaccia a un corpo politico, resa nota il 30 aprile 2025. Bandecchi ovviamente nega tutto il rosario di accuse, di cui però esiste testimonianza video. Basta fare mezza ricerca su Google per rinvenire una quantità di episodi ripresi a distanza ravvicinata, segno che neanche una videocamera visibile è sufficiente a dissuadere il sindaco dal compiere atti di aggressione. Questo senza contare tutte le volte in cui, pur non andando sul penale, Bandecchi se n’è uscito con parole e frasi offensive e misogine, anche in contesti ufficiali.

Qui c’è un dato: che Bandecchi fosse un violento lo si sapeva prima della sua elezione. La sua violenza era cosa nota, assodata. Questo non solo non gli ha impedito di vincere le elezioni, ma non ha finora portato ad alcuna azione significativa di censura o sfiducia nei suoi confronti. Anzi: si può tranquillamente dire che i suoi modi rozzi, la sua aggressività fisica e verbale e l’ignoranza esibita gli hanno giovato, lo hanno assistito nella vittoria. Quella rozzezza lo fa sembrare “vero” e vicino alla gente, schietto e virile.
Mi sto immaginando, in maniera speculare, uno scenario in cui una qualsiasi candidata o eletta sputasse addosso alla gente, cercasse di malmenarla e si procurasse il florilegio di accuse di cui è ora oggetto Bandecchi. Soprattutto, aggiungo, se fosse una donna di sinistra. È impensabile: dalle donne (di sinistra, soprattutto) ci si aspettano correttezza, professionalità, gentilezza, preparazione, capacità comunicativa e di fare la lasagna e servirla da perfetta padrona di casa, o quasi. Bandecchi sputa in faccia alla gente, e la gente: BRAVO! TI VOTO! Se questo non dimostra che la violenza è considerata un tratto addirittura virtuoso, io non so.
È inutile piangere lacrime di coccodrillo sui femminicidi, se non esaminiamo prima di tutto la nostra disponibilità non solo a proteggere e tollerare, ma addirittura incoraggiare i violenti, arrivando a eleggerli a cariche pubbliche. È altrettanto inutile e ipocrita pitturare panchine rosse e chiedere censure dei testi dei trapper se poi non si ha l’onestà intellettuale di isolare e sfiduciare una persona che alza le mani in pubblico senza farsi problemi. Inutile e ipocrita, lo ripeto: questa responsabilità ricade sull’elettorato ternano, sui consiglieri e le consigliere di opposizione e maggioranza, su tutta la città, prima ancora che sulla magistratura. Lo stesso ragionamento va esteso a tutti i politici che hanno fatto e fanno tuttora ricorso alla violenza fisica e verbale e hanno evidenti problemi di gestione della rabbia. Chi li propone, li sostiene e li vota si presta ad appoggiare e nutrire la cultura che autorizza la violenza maschile in ogni ambito, quello pubblico e quello privato.
Roma, Roma mia: una segnalazione
Non spenderò qui altre parole sul mio amore per Roma, già raccontato in forma orale, scritta, di saggio e di finzione narrativa. A questo giro lascio spazio a un altro figlio adottivo dell’Urbe,
, che come me e molti altri figli adottivi ha scelto la città come madre, non gli è toccata in sorte.Le date
Il 16 maggio sono con Giulia Paganelli (aka Evastaizitta) alla Casa delle Donne di Amelia(TR), per un incontro sul tema del corpo.
L’1 giugno sono a Orticelli Ribelli, a Cavriago, a parlare di Brutta.
A presto,
Giulia
Bandecchi è impresentabile, e anche io (che sono un uomo e mi identifico nel genere maschile) mi chiedo come sia possibile che questi comportamenti piacciano e vengano premiati. Anche dall’elettorato femminile, perché non è credibile che lui abbia solo elettori e nessuna elettrice.
La soluzione, non semplice, c'era: nel dopoguerra bandire fascisti e nazisti dal potere e non lasciarli a ricoprire cariche prestigiose. Insomma, bisognava portare a termine la Rivoluzione (chissà poi se sarebbe durata). Tagliare di netto, no alla chirurgia conservativa che lascia la radice del male in corpo. Perché poi torna a diffondersi e si muore. Questa la fine della democrazia (se mai è esistita). Passiamo a Bandecchi: si tratta di culto della violenza o di sistema mafioso? Per me entrambe le cose. Che fili muove Bandecchi? Con chi è in affari?