Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Bridgerton, o dello svuotacervello essenziale
Ho avuto la febbre, parlo solo di Bridgerton.
La febbre mi è durata a intermittenza da giovedì notte a sabato mattina, e mi ha lasciato in eredità sogni selvatici e una spossatezza che non se ne va mai. Nel mezzo di una pandemia sono riuscita a prendermi l'influenza, cosa da un lato del tutto normale - non ero vaccinata contro quel virus lì, sono sempre in giro, sta circolando - e dall'altro completamente inaspettata, dato che io l'influenza non la prendevo dal 1998 e la febbre a quasi 39 C° non ce l'avevo da allora, e non mi ricordavo che si stesse così male. La parte peggiore sono sempre le allucinazioni tattili, una versione deluxe degli incubi in cui le immagini mostruose che hai in testa te le senti nel corpo, nelle ossa e nello stomaco. Oggi sto meglio - non bene: meglio - e quindi eccoci qua.
Mi sono ammalata nel giorno preciso in cui Netflix ha fatto uscire la seconda stagione di Bridgerton, quindi io e il mio febbrone ci siamo installati sul divano e ce la siamo vista.
Tutta.
Se non hai idea di cosa stia dicendo: Bridgerton è una serie tratta dai romanzi di Julia Quinn ambientati in un’Inghilterra del periodo Regency giusto un filo rivista. La regina è nera e la nobiltà molto varia dal punto di vista etnico, ma al centro della storia c’è la classica famiglia bianca bellissima, i Bridgerton, appunto, e ogni stagione segue le vicende amorose di uno dei rampolli. Alla seconda stagione ormai abbiamo capito come butta: la struttura è sempre quella classica del rosa, incontro-scontro, passione che divampa, ostacoli, lieto fine.
Una scemenza, ma una scemenza divertentissima in proporzione alla sua prevedibilità. In un momento in cui tutto sembra essere fuori controllo, la commedia degli equivoci con costumi strepitosi e quel tocco di femminismo all’acqua di rose è esattamente la cosa che andavo cercando. Scapoli impenitenti! Sorelle audaci! Gattemorte insopportabili elette Regine delle Gattemorte! Pamphlet di Mary Wollstonecraft! Addominali scolpiti! Balli favolosi! Chiappe! Cover di pezzi pop fatti con gli archi! Debutti in società! Ma soprattutto, in una serie ambientata in un’epoca che vedeva il matrimonio quasi esclusivamente come una faccenda economica in cui agli sposi era richiesto al massimo di non trovarsi reciprocamente ripugnanti, l’insistenza sull’amore, l’amore, l’amore come requisito di base per formare un’unione. È per questo che i protagonisti delle varie stagioni di Bridgerton si sposano con la prima persona che gli fa esplodere gli ormoni, come se quella fosse una garanzia di felicità eterna.
A volerne dare una lettura psicanalitica profonda, tutto il dramma di questa serie nasce dall'imperativo morale che grava sulla prole Bridgerton di replicare il matrimonio felice fra i genitori, reso eternamente tale dalla morte prematura del padre a pochi giorni dalla nascita dell'ultimogenita. Un matrimonio che è una sorta di ideale platonico dell'amore che va raggiunto a ogni costo seguendo le indicazioni di mamma Bridgerton, che alla pressione sociale aggiunge anche quella performativa diventando prescrittiva in tutto: ogni figlio (e ogni figlia) deve rendersi gradevole, appetibile, disponibile al matrimonio ma anche trovare l'amore spuntando le caselline chiaramente indicate. Se solo l'amore funzionasse veramente così, a caselline e spintoni di mammà.
Ma non ne daremo una lettura psicanalitica: è una storia rosa, la sua natura è definita e chiara. Racconta l'innamoramento, la passione, la novità, quello stato dell'umano che è clinicamente associato alla pazzia. Non ha alcun rapporto concreto con la realtà dell'amore, anzi, funziona proprio in ragione della sua completa dissociazione dall'amore come lo conosciamo nella nostra vita quotidiana. Bridgerton è uno svuotacervello di ottima fattura, e in un momento in cui siamo bombardati dalle cattive notizie, privati di un’idea di futuro e terrorizzati da cose che sono fuori dal nostro controllo, lo svuotacervello che finisce bene è essenziale a darci il conforto che ci manca. Fino dall’inizio sai dove andrà a parare, ma vuoi vedere come ci si arriva, come si cavano dagli impicci, come si ottiene il pizza-e-fichi finale. La parte migliore di questa seconda stagione, secondo me, non è nemmeno la scontatissima storia d'amore al centro della trama, ma i personaggi che fanno da contorno e che sono pensati per crescere nel tempo. Su tutti, Penelope Featherington, che a ogni stagione acquisisce complessità e spessore (merito anche di Nicola Coughlan, bravissima in qualsiasi registro e che in questo secondo giro riesce anche a mettere a frutto l'accento irlandese) e il suo rapporto con Eloise Bridgerton, la protofemminista ribelle che vorrebbe per sé la libertà dei fratelli maschi di viaggiare ed esplorare il mondo, e invece viene messa sul mercato matrimoniale come una bestia da esposizione. E ovviamente tuttǝ stiamo aspettando che Colin Bridgerton si svegli e capisca che Penelope è la donna della sua vita, e non perché c'è un libro che letteralmente parla d quello, ma perché la stanno caricando dal primo episodio.
Adesso se per cortesia mi cacciate l'ultima stagione di Derry Girls, grazie.
Due cose che ho scritto
La settimana scorsa avevo tante di quelle cose da dire che mi sono persa per strada il link al pezzo che avevo scritto per La Svolta. Lo ripropongo perché ci avevo lavorato un po' e per una volta si occupa di una situazione non europea o statunitense.
È sempre colpa delle femministe — www.lasvolta.it
Il nuovo presidente sudcoreano, Yoon Suk-yeol, ha fatto campagna sul sentimento antifemminista e misogino dei giovani maschi del suo Paese. Non è l’unica parte di questa storia a suonarci familiare
L'altra cosa mi dicono che è andata molto bene, e di questo devo ringraziare soprattutto Jennifer Guerra, che mi ha dato una mano a ricostruire a chi fanno capo gli Stati Generali della Natalità. Il sospetto ce l'avevo, ma sentirmelo dire da lei (che i fili della destra ultracattolica li ha ricostruiti tempo fa) me ne ha dato conferma.
I figli non nascono dal nulla — www.lasvolta.it I discorsi intorno al cosiddetto “inverno demografico” vengono gestiti sempre e soltanto da chi non ha la minima considerazione per le donne come esseri umani - Leggi adesso su La Svolta
Ultima settimana di pazzia
Oggi alle 19.00 sono in diretta su Instagram per parlare di educazione sessuale, emotiva e relazionale nelle scuole, e del perché questo è un problema che non si può più rimandare (temo che Will Smith verrà nominato).
Giovedì riparto per una tripletta notevole:
31 marzo - Casalgrande (RE), ore 21.00 al Teatro De André per "Impronte di donne", info qui.
1 aprile - Guastalla (RE), presentazione di Brutta, Sala dell'Antico Portico, ore 21.00, info qui.
2 aprile - Milano, Fondazione Feltrinelli per Forum Casa Comune, ore 14.30. Panel con Jennifer Guerra e Caterina Cerroni, modera Marianna Campanardi, info qui.
Altre date:
10 aprile - Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, panel: “Il femminismo è per tutti”
23 aprile - Brutta a Fucecchio (FI)
28 maggio - Brutta a Pontedera (PI), Libreria Equilibri
Sono in arrivo un paio di appuntamenti speciali, per cui apri la newsletter quando ti arriva, se no non lo sai.
Baci,
Giulia