Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Due storie italiane
Oggi un articolo nuovo (sul lavoro), due storie tristi (scusa) e un po' di appuntamenti in giro per l'Italia (se ti va).
Come va? Qui tutto bene, finalmente, anche se siamo entrati in quella fase dell'anno in cui non sopporto più la mascherina in faccia e ci avviciniamo a quella in cui mi si gonfieranno all'improvviso le gambe per il caldo. Sora Lella intensifies.
Ok, basta con i convenevoli ché questa settimana c'è un sacco di roba. Questo articolo che ho scritto per Valigia Blu è l'extended version della newsletter della settimana scorsa. Poche ore dopo che l'avevo inviata, Arianna mi ha detto: non riesci a farci un pezzo più lungo? Io dico boh, ci provo, non garantisco niente, se mi esce un pippone dimmelo.
Eccolo.
La narrazione sul lavoro da rovesciare e un futuro al di fuori del ciclo produci-consuma-crepa – Valigia Blu — www.valigiablu.it
Andiamo allora alle due storie di cui volevo parlare, e del perché ne volevo parlare.
Storia italiana n. 1
Sto seguendo, come chiunque abbia un minimo di interesse per i casi di cronaca riconducibili a un problema più grande (o a più di uno), il caso di Saman Abbas, scomparsa da Novellara (in provincia di Reggio Emilia) circa un mese fa. La famiglia voleva costringerla a un matrimonio forzato con un parente pakistano, lei aveva già denunciato la cosa ed era stata ospitata in una struttura protetta, ma quando è scomparsa era da poco tornata a casa dei genitori. Per farla breve: non si sa granché. Le autorità competenti stanno indagando per omicidio (la cosa più probabile, purtroppo), ma il corpo non è ancora stato trovato e nessuno ha confessato l'omicidio.
Un post su Facebook di Ritanna Armeni solleva una questione: perché non ne stiamo parlando? Perché di questa ragazza ci importa poco, essendo bianche? Non ho risposte universali a questa domanda, ho solo la mia. Ovviamente la vicenda mi colpisce e la sto seguendo fino da quando l'ho sentita menzionare durante una puntata di Chi l'ha visto? Ed è indubbiamente una storia terribile, anche al netto del finale tragico. Ma è anche, purtroppo, una storia come tante, che forse ci fa più impressione di altre perché le persone coinvolte sono musulmane e straniere. È come se le difficoltà delle ragazze straniere in Italia diventassero reali per noi solo quando una muore, e allora bisogna parlarne, parlarne, parlarne sui social, con l'ansia che se non ne parli allora non mostri interesse, la gente non vede che ti interessi a quella cosa e allora sei una femminista bianca che pensa solo al suo culo. Quello non è affrontare un argomento, è riempire una casellina: delle ragazze - musulmane e non - bisogna occuparsene da vive, piuttosto che piangerle da morte o peggio, usarle per posizionarsi rispetto a un argomento. Non credo fosse quello che voleva fare Armeni, ma sicuramente non è quello che voglio fare io, in generale.
La storia di Saman Abbas è terribile perché ci riporta a un tempo in cui non potevamo scegliere come vivere la nostra vita, e si poteva disporre di noi con la violenza. E quel tempo è oggi. Perché se pensiamo che la storia di Saman sia "diversa" da altri casi di violenza sulle donne solo perché agita all'interno di una famiglia che faticava a "integrarsi" (virgolette non casuali: non ho simpatia per l'idea nostrana di "integrazione", che prevede l'annullamento di qualunque altra identità per adottare in toto quella italiana, o meglio ancora, regionale o cittadina) facciamo la solita operazione di dissociazione e distanziamento. La violenza contro le donne prende forme diverse, ma è sempre violenza patriarcale. Che sia agita da una famiglia che vuole farti sposare un parente a forza o da un marito che ti picchia e ti insulta se non gli fai trovare il pranzo pronto, sempre violenza è. Che ce ne accorgiamo o che vogliamo agire su quella violenza solo quando diventa evidente ai nostri occhi è in sé il problema.
C'è un altro motivo per cui parlare di questa vicenda mi mette a disagio, ed è che non è del tutto conclusa. Dare Saman per morta e piangerla in pubblico prima che ci sia certezza di quello che le è accaduto mi pare una colossale mancanza di rispetto. Saman non è un pretesto, non è un simbolo, è una persona. E anche dopo, a che serviranno i post elegiaci, se non avremo niente di utile o costruttivo da aggiungere?
Storia italiana n. 2
Seid Visin aveva vent'anni. Si è ucciso, e non sappiamo davvero perché, come non sappiamo mai perché le persone decidono che vivere è più difficile che morire. Però sappiamo che circa tre anni fa ha scritto un post su Facebook in cui raccontava il razzismo che subiva e che finiva anche per agire, come difesa, per distinguersi dagli "immigrati", lui che immigrato non era. Uno stillicidio, una vita trascorsa a sentirsi inadeguato, inadatto, fuori posto. A differenza di Saman Abbas, Seid era cittadino italiano, essendo stato adottato da piccolo: e se per Saman è lecito pensare che avere la cittadinanza avrebbe potuto fare la differenza (perché se hai una carta d'identità italiana e un passaporto italiano le tue tutele sono ben diverse da quelle di cui può godere chi per rimanere sul suolo italiano dipende dal rinnovo di permessi e scartoffie), Seid, pur essendo italiano a tutti gli effetti, viveva sulla sua pelle il risultato di anni di politiche di destra orientate a demonizzare stranieri, migranti e persone non bianche, oltre che la più totale assenza - a sinistra, in questo caso - di discorsi sulla cittadinanza, il razzismo e il colonialismo che vadano al di là di proclami generici e della blanda condanna di episodi singoli. "Se puoi scusaci, chiediamo perdono", ha scritto Enrico Letta. Piuttosto che chiedere perdono ai morti, sarebbe il caso di occuparsi dei vivi: destigmatizzare i problemi di salute mentale, da un lato, e riformare le leggi sulla cittadinanza, dall'altro, avviando un percorso di decolonizzazione culturale del paese che non sia superficiale, ma vada nel profondo. Invece di riproporci sempre le stesse facce di borghesi bianchi di mezza età, perché non farsi due domande - serissime - sulla rappresentatività dei partiti? Su chi firma gli editoriali sui giornali? Su chi appare in TV? Su chi ha diritto di parola e il potere di dare forma alla cultura di questo paese?
E comunque nessuno ha chiesto scusa a Moussa Balde, che si è impiccato in un CPR. Di lui non ce ne fregava niente, come non ce ne frega niente di cosa succede alle persone che si trovano sul suolo italiano prive di qualsivoglia protezione e in balia di un sistema che le tratta come oggetti. Sio (che è una delle persone più intelligenti e sensibili in circolazione) ha promosso una raccolta fondi per fare in modo che Moussa possa essere sepolto dai suoi cari.
Sio (@scottex) su Twitter — twitter.com “C'è una raccolta fondi per riportare il suo corpo dai suoi cari. Io ho contribuito, se potete donare qualcosa (c'è tempo entro l'11 giugno) questo è il modo: IBAN: IT49G0501801000000011795150 Causale: Per Moussa Rete Comuni Solidali /Banca Etica Info: https://t.co/LoYQECp6fz”
C'è un sacco di gente là fuori che ha le mani sporche di sangue, e i tuoi parenti e amici li votano. Probabile che vincano le prossime elezioni. Ma stiamo qua a parlare di mancette ai diciottenni.
Vediamoci!
È una settimana bella fitta, ma i posti dove vederci (in pubblico) sono principalmente due. Il primo è il 10 giugno a Figline Valdarno (FI), Arena Summer Fest, alle 20.00, con Domitilla Pirro (autrice di Nati nuovi. Effequ). Qui tutte le informazioni e anche il numero di telefono per le prenotazioni, (obbligatorie).
Il secondo è OffTopic, a Torino, il 12 giugno. Con lo staff di OffTopic avevamo organizzato durante il secondo lockdown un incontro a distanza sulla parità di genere che li ha fatti discutere per un'ora e mezza dopo la fine, per cui benone. Questa volta, invece, l'occasione è un dibattito con un gruppo di ragazze e ragazzi di Fridays for Future, cosa che mi riempie di letizia perché mi piace sempre quando il focus si sposta dall'individuo all'azione di gruppo, su qualsiasi fronte. Oltretutto ho la scusa per stare un paio di giorni a Torino, cosa che capita di rado (anche se penso che li passerò tutti a correggere le esercitazioni dei miei studenti). Tutte le info sull’evento qui https://bit.ly/3w0ETl3; anche qui la prenotazione ai tavoli è obbligatoria, si può fare via Whatsapp al numero 388 4463855.
Speriamo che le previsioni si sbaglino e che il tempo ci conceda una tregua.
Ci risentiamo martedì prossimo!
Giulia