Giulia Blasi | Servizio a domicilio - I vestiti nuovi di Elon Musk
Questa settimana: Twitter che muore con noi dentro, un paio di serie che ho visto delle quali una è Boris, e un libro che sto leggendo.
Twitter è da molto tempo il mio social preferito. Ci sto da quindici anni, ormai, e a dispetto di qualche attimo di sbandamento in cui sembrava che si volesse andare in direzioni che non mi interessava molto seguire (t'oo ricordi Periscope?) rimane la piattaforma con le funzionalità che mi somigliano di più. Alla fine dei conti io mi spiego scrivendo, la mia modalità è quella, faccio fatica anche a mandare avanti Instagram. Twitter no, Twitter è facile.
Era facile.
Non ti sto a tediare con tutta la storia di Elon Musk che si compra un social al doppio del suo valore perché non riesce a cavarsi d'impaccio dopo aver firmato un contratto più vincolante di quello che pensava, forse la sai o forse no ma comunque la trovi un po' ovunque (su Valigia Blu ce n'è un buon riassunto, anche se la faccenda è andata avanti e non è migliorata). Quello che mi interessa dire qui sono due cose. La prima è che io sto su Twitter da quindici anni, appunto: in quindici anni ho accumulato una certa quantità di follower, una community, per quanto piccola. Il nuovo corso della piattaforma potrebbe rendermi invisibile a quella community, e la mia community a me. Anche qua, la spiegazione è tediosa, ma il punto è: Elon Musk si è comprato Twitter, un posto che mi piaceva, e lo sta rompendo. Qualunque cosa sia Twitter a partire da questa settimana, non sarà più la cosa che amavo.
È facile venire via dai social quando non ti piace più starci. Su Facebook ci sto pochissimo, ormai, e come molti della mia generazione mi sono lasciata dietro una scia di profili morti su ogni genere di piattaforma, a partire da Friendster, ma forse pure prima. Veder morire il social su cui stai tutti i giorni è una faccenda diversa, è come stare seduti in giardino a guardare gli asteroidi che precipitano verso il pianeta su cui ti trovi. Affascinante e struggente allo stesso tempo. Ho riattivato il profilo Mastodon che avevo aperto qualche tempo fa, proprio in previsione dell'arrivo dell'asteroide, ma non è lo stesso. Un po' della mia esperienza di questi giorni è raccontata qui.
Mastodon: il nuovo Twitter? — www.lasvolta.it I piani di Musk per il social dell’uccellino stanno facendo fuggire molti utenti verso una piattaforma. Sarà quella la nuova frontiera della conversazione globale?
Insomma, Elon Musk mi piaceva poco anche prima, ma ora mi sono proprio convinta - dati alla mano - che sia il prodotto dell'incrocio di fortunate coincidenze: famiglia benestante, accesso all'istruzione superiore, bianco in un paese africano, qualche buona intuizione o forse qualche buon consiglio che ha seguito, cronica sopravvalutazione del maschio, ed eccoti il milionario. Musk non ha mai inventato niente: ha messo soldi su buone idee altrui e chiesto finanziamenti pubblici per reggere le aziende quando non ce la faceva. La reputazione di genio assoluto si è praticamente creata da sola dalla coincidenza di cui sopra, ma è bastato che l'uomo cominciasse a twittare perché si facesse strada l'idea che forse... hmmm... forse no.
E non aveva ancora scassato uno dei social network più importanti per il discorso pubblico globale.
Ogni volta che vedo qualcuno che lo difende, perché ancora tanti continuano a credere che lui sappia cose che noi non sappiamo e possieda una conoscenza superiore che gli fa vedere le cose prima di tutti gli altri, mi viene in mente la fiaba di Andersen intitolata I vestiti nuovi dell'imperatore. Nella fiaba, una banda di truffatori si spaccia per sarti magici alla corte di un imperatore vanesio e spendaccione, e gli garantisce di poterlo rivestire con abiti favolosi ma che sono invisibili ai suoi occhi. L'imperatore se ne esce quindi tutto tronfio e nudo per la via, e intorno a lui la gente fa finta di niente e gli regge il gioco, perché mica puoi dire all'imperatore che è nudo, no? Senza quella gente, disposta a difendere pure l'idea che i vestiti ci siano ma che siamo noi che non li vediamo, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Una serie
Ho visto L'imperatrice su Netflix, vale a dire la storia di Sissi (o meglio: Sisi), imperatrice d'Austria, raccontata con meno melassa rispetto ai film canonici con Romy Schneider o alle serie animate che le sono state dedicate. Presa alla larga è un The Crown che si prende parecchie libertà con la verità storica (più nel campo da gioco del Marie Antoinette di Sofia Coppola, ma pure della locura alla Boris, diciamo) ma si lascia guardare. E quella che si vede è una Elisabeth molto meno innocente, molto più selvaggia e presente a sé stessa della versione a cui siamo abituati. Scalza, scarmigliata, impudente e determinata: la Sisi interpretata da Devrim Lingnau è tutta un'altra cosa rispetto alla Sissi del canone tradizionale. Menzione speciale per il Maximilian cospiratore e debosciato di Johannes Nussbaum, the bad boy you love to hate che con Lingnau ha una chimica pazzesca (e che non c'entra niente con quello della storia ufficiale, ma chi se ne frega l'abbiamo già detto?)
Notazione linguistica da non parlante di tedesco che ha un po' di orecchio solo perché ha studiato una lingua adiacente: la frase più ripetuta di Dark era "Das ist unmöglich!" ("È impossibile!") Qui invece è "Das ist vorbei." ("È finito.")
Hai detto Boris?
A parte il fatto che Boris a Roma è ormai parte del canone culturale cittadino (mi ricordo ancora un inizio di stagione visto al Palladium, a Garbatella, ridendo a scrosci con centinaia di altre persone), sì certo che abbiamo visto la quarta stagione. E al netto di un po' di fanservice, che dopo tutti questi anni in fondo ci stava, abbiamo riso molto e ci siamo commossi, com'era ovvio per una serie che inizia con il funerale di un personaggio morto perché è morta l'attrice che lo interpretava (Roberta Fiorentini, meglio nota come Itala) e chiude con un riferimento esplicito e straziante alla perdita di Mattia Torre, che di Boris era il genio feroce.
È bello tutto, anche quello che funziona poco, anche i personaggi invecchiati: c'è un senso di familiarità, come se rivedessimo dei vecchi amici e si riprendesse una conversazione interrotta ma mai davvero finita. Paolo Calabresi è sempre totemico nei panni di Biascica, ma soprattutto bisogna applaudire Carolina Crescentini, che ancora una volta riesce a interpretare il doppio ruolo di Corinna nella vita reale (diretta, coatta ma in fondo pure un po' romantica) e di Corinna pessima attrice. Un lavoro sottovalutato, nonostante negli anni il personaggio di Corinna ci abbia fornito alcuni dei grandi tormentoni che abbiamo citato a oltranza (io: "Giojejere!" quando mi impaperavo registrando Hashtag Radio 1, e "Io ho... gli anni che ho", che diciamocelo, va su tutto).
Un libro
Sono più o meno a due terzi di Malice di Heather Walter, tradotto in italiano da Silvia Costantino. Se da un lato la prosa del libro non è entusiasmante (e le pignole come me non amano molto l'uso di aggettivi come "gargantuesco" in un universo in cui Rabelais non esiste e quindi non ha scritto Gargantua e Pantagruele), dall'altro la storia si regge su una metafora della femminilità e dell'ossessione per la gioventù (e dello strapotere maschile) che ha i suoi pregi.
L'universo è quello de La bella addormentata nel bosco di Charles Perrault, ma rivisto e rivisitato. Anche qui, Aurora è stata fatta oggetto di una maledizione che può essere spezzata solo dal primo bacio d'amore, ma non è l'unica. È solo l'ultima di un'intera stirpe di regine che partoriscono solo femmine, e alla sua morte il regno cadrà definitivamente nelle mani del padre, che ha usurpato i diritti della moglie. Aurora però non è al centro della vicenda: la voce narrante è quella di Alyce, discendente da una stirpe di creature soprannaturali dotate di una magia nera potente e proibita. Alyce vive da reietta in un mondo in cui la magia è nelle mani delle Grazie, giovani donne il cui sangue può essere usato per piccoli filtri ed elisir, ma che nel tempo e con il dissanguamento perdono la loro freschezza. Sfioriscono, letteralmente, un po' come succede a noi umane. E come noi, perdono ogni valore sociale.
Walter reinterpreta la vicenda creando una storia d'amore proibito fra la principessa condannata e la strega nera. Passate le prime pagine un po' dense di spiegoni, mi sta facendo molta compagnia.
Lunedì 14 è il mio compleanno, per cui può essere che la newsletter tardi o slitti perché non avrò tempo di scriverla, ma niente paura. Sempre qui si torna. Ciao!
Giulia