Giulia Blasi | Servizio a domicilio - "I want to believe"
Questa settimana: la fede spiegata con Santa Lucia, i giovani che hanno ragione ma nessuno li ascolta, e il polemicone sui treni per donne.
Oggi è Santa Lucia. Se fossi ancora bambina non avrei avuto bisogno di farmelo ricordare dalle stories di Instagram: ieri sera avrei messo un bicchiere di latte con i biscotti e una carota vicino all'ingresso per ristorare la santa e il suo asinello, e lei in cambio ci avrebbe lasciato dei piccoli doni, un anticipo di quelli (più grossi e importanti) di Natale. Allo stesso modo aspettavamo Gesù bambino la notte fra il 24 e il 25 (niente Babbo Natale per noi, ma l'effetto era lo stesso) e la Befana il 6 gennaio. Intorno ai cinque anni avevo già sgamato il trucco, ho un ricordo nitido di me nel mio lettino che dico a mio padre "Lo so che Gesù bambino siete tu e la mamma" ("Ma cosa dici", replicò mio padre, ma io mica ero scema), però ho continuato a crederci perché ci volevo credere. La fede funziona esattamente così: la volontà di credere in qualcosa scavalca tranquillamente ogni dato di realtà.
Comunque sia, alla fine ce l'ho fatta: da ieri sono trivaccinata contro il Covid, e spero che per un po' basti. Quando giocavamo a The Last of Us non pensavamo che la nostra vita avrebbe finito per assomigliargli, e invece è andata proprio così: ogni volta che finiamo un capitolo, o pensiamo di averlo finito, si passa a quello successivo, più complesso, e mentre sei in mezzo a una battaglia eccoti una difficoltà ancora più grossa, e insomma, arrivare in fondo (posto che ci sia un fondo: ogni tanto ne dubito) senza ammalarsi sta diventando sempre più complicato. Finora l'ho sfangata, grazie a un buon incrocio di attenzione, culo e sbrocchi alla gente con la mascherina abbassata sul treno, ma non andrà così per sempre, e non posso rifare la missione cento volte tirando le molotov da angolature diverse. Prima o poi me lo beccherò, come chiunque altro sul pianeta, e la differenza starà solo, probabilmente, nella distanza fra la mia ultima dose di vaccino e il momento in cui il virus verrà a contatto con il mio organismo. Per ora mi coccolo il braccio dolorante e mi curo il raffreddore pregresso, che mi trascino ormai da quasi dieci giorni, insieme a una malinconia strisciante per la quale, temo, c'è poco rimedio.
La protesta ignorata
Forse non lo sai, e di sicuro a me sarebbe sfuggito se non ne avesse parlato (con enfasi forse eccessiva, ma più di qualche buona ragione) Christian Raimo su Facebook, ma le scuole di Roma sono in rivolta. Andando a metterci il naso, ho scoperto che gli istituti occupati in protesta verso lo stato miserando in cui versa la scuola italiana erano ben 33. Ci ho scritto un pezzo per La Svolta.
I giovani (non) sbagliano sempre - La Svolta — www.lasvolta.it
Se c’è una cosa che abbiamo imparato da questi ultimi due anni è che i giovani sbagliano sempre. Mese dopo mese, durante la pandemia da Covid-19, i media nazionali li hanno accusati di ogni nefandezza...
Farci piccole
L'argomento di cui si parla molto in questo momento è lo stupro avvenuto sui vagoni di un treno Trenord deserto, che è stata seguita da una petizione (che ha già una certa quantità di firme) per avere delle carrozze separate per le donne nei treni. So che alcune delle mie compagne non sono d'accordo (e vorrei che la discussione fosse più pacifica, perché non è che le rispettive ragioni non siano chiare: avere posizioni diverse non implica avere obiettivi diversi), ma lo ripeto lo stesso: ci stiamo facendo chiudere in spazi sempre più piccoli perché riteniamo che quella sia l'unica politica di riduzione del danno che possiamo ottenere sul breve periodo, e non è così. Rendere stazioni, vagoni, strade, locali, piazze, case un luogo sicuro per noi non è solo una questione di educazione e neanche - come finisce sempre per suggerire qualcuno - una questione di seminare militari per le strade. Illuminare meglio, fare in modo che non esistano luoghi isolati, vuoti e pieni di anfratti bui (il tragitto a piedi dalla fermata Maciachini all'hotel, la sera del 3 dicembre, è stato un momento di purissimo horror urbano), inserire telecamere e sistemi di allarme in ogni treno, aumentare e distribuire meglio la presenza del personale viaggiante, migliorare la socialità e la distribuzione dei luoghi di aggregazione sul territorio, fare in modo che le stazioni dopo una certa ora non siano semplicemente il rifugio di chi non sa dove andare ma che rimangano luoghi vivi: ci sono tanti modi immediati per far sì che occupare lo spazio pubblico non sia, per una donna, un rischio per la sua incolumità. Certo, costa di più che pitturare di rosa un vagone e proibire ai maschi di salirci: e sento già in lontananza gli ululati delle TERF, per cui solo le donne cis sarebbero autorizzate all'ingresso, mentre quelle trans no, nonostante siano esposte alla violenza maschile come e quanto quelle cis, se non di più e per motivi diversi.
L'architettura e l'urbanistica sono dominate dagli uomini, e come sempre succede quando una minoranza pretende di rappresentare l'esperienza del resto del mondo, gli spazi pubblici funzionano bene solo per quella minoranza, che guardacaso è quella a cui appartiene la stragrande maggioranza di chi compie aggressioni, sessuali e non. Ogni volta che accettiamo di limitarci un po' di più, di farci più piccole per ridurre il danno, contribuiamo a normalizzare lo strapotere maschile anche per noi stesse, a pensarci piccole e indifese, sempre esposte. Dobbiamo uscire da questa logica, perché dovremmo ormai saperlo: ogni decurtazione della nostra libertà diventa permanente. Ci si abitua. Invece è ora di chiedere, in maniera molto veemente, che le città, i paesi, le strade, ogni luogo pubblico sia sicuro per noi in tutti i momenti. Non solo attraverso l'educazione, ma con una pianificazione urbana che non crei vuoti e norme di sicurezza che non vadano a consolidare l'idea che se ti muovi libera un po' te la sei cercata.
Aggiungo qui il link a un post di Lorenzo Gasparrini che mi pare centri molti dei punti che ho già esposto, e aggiungo un mio thread a commento su Twitter.
Questo uomo no, #122 - Quello che il ghetto è una buona idea nel breve periodo — questouomono.tumblr.com Questo uomo no, #122 - Quello che il ghetto è una buona idea nel breve periodo * Dopo uno stupro accaduto sul treno Trenord 12085 tra Milano e Varese, migliaia di donne e non solo hanno sottoscritto...
Sempre a proposito di cultura dello stupro, mi è piaciuto molto - e lo consiglio vivamente - questo pezzo di Valerio Moggia per Valigia Blu.
Il calcio e la cultura dello stupro – Valigia Blu — www.valigiablu.it Basata sui fatti. Aperta a tutti. Sostenuta dai lettori.
Ciao, stai bene, mi raccomando.
Giulia