Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Il corpo infinito
Due pensieri sul corpo, lo spazio e le relazioni umane che non sembrano collegati ma in fondo lo sono, un libro (bellissimo) che sto leggendo, e l'ultima presentazione fino all'autunno.
È stata un'altra settimana faticosa, ma di quel genere di fatica che ti fa dormire di notte, invece di tenerti sveglia pompata di angoscia. Ad Alba c'era un sacco di gente, un pubblico attento e coinvolto, disponibile all'interazione. E c'era anche una sorpresa: questa foto l'ha scattata Chiara Gribaudo, che finora avevo visto solo attraverso lo schermo di un cellulare, e dal vivo è esattamente la ragazza piena di energia che mi ero immaginata.
Il corpo infinito
Una delle cose che abbiamo detto più spesso negli ultimi anni è che la pandemia ha separato i corpi. Io credo che sia vero il contrario: la pandemia ha separato gli affetti, ma ha unito i corpi in un unico grande corpo che deve ora essere messo in sicurezza, perché ogni parte che rimane scoperta può farlo infettare di nuovo. Ogni persona vaccinata contribuisce a proteggere una parte di questo enorme corpo, perché vaccinandosi protegge anche le persone che ha intorno. I dati che abbiamo sui contagi confermano questa tesi: i nuovi contagi colpiscono quasi solo persone non vaccinate, i vaccinati si ammalano in percentuali minime e non in maniera grave, e chi si contagia da asintomatico ha probabilità molto basse di sviluppare una carica virale abbastanza alta da diffondere il contagio. I vaccini funzionano, abbiamo le prove.
Come chiunque, ho amici di vecchia data che negli anni sono diventati antivaccinisti militanti, nel senso di "gente che dedica buona parte del suo tempo a diffondere teorie e studi di dubbia validità sui vaccini". Questo succedeva prima della pandemia: gli antivaccinisti di recente conio non sono veri antivaccinisti, sono solo gente che ha paura, e dopo un anno e mezzo di terrore è quasi normale avere paura di tutto: sarebbe compito della politica e della divulgazione scientifica spiegare chiaramente quali sono i rischi (scarsi) e quali sono i benefici (enormi) delle vaccinazioni. I terrorizzati dai vaccini anti-Covid sono persone che si possono e si devono raggiungere con la persuasione. Quelli di cui parlo io sono antivax di quelli che non hanno fatto vaccinare i figli perché "si sono informati" e hanno deciso che non immunizzarli contro malattie virali altamente trasmissibili e potenzialmente letali era una scelta nel complesso più sicura. Tralasciando per il momento la percezione del rischio completamente sfasata, la cosa interessante da notare è che gli antivax non sono anti-scienza tout court: sono, piuttosto, convinti che la scienza "ufficiale" sia mendace, e che ne esista un'altra, non studiata e non validata per questioni di convenienza economica e di necessità di controllo sociale. A nulla vale far notare che le loro teorie non reggono nemmeno all'esame della realtà empirica: a inizio pandemia sostenevano che le mascherine causassero una forma di intossicazione da CO2, cosa poi smentita dai fatti (nessuno è morto di mascherina, un sacco di gente è morta di Covid-19). Questo è parte del motivo per cui gli antivax dello zoccolo duro stanno diventando così aggressivi: le loro certezze si stanno sgretolando di fronte a una realtà che è sotto gli occhi di tutti.
La resistenza ai vaccini anti-Covid, in particolare, è basata su un misto di diffidenza verso la scienza "ufficiale" e assenza di percezione di sé stessi come parte di un unico corpo che si estende in tutto il mondo. Questo era più facile quando si parlava di vaccini contro morbillo o varicella, malattie contratte dalla maggior parte degli adulti in età infantile e contro le quali moltissimi sono già immunizzati. Ci si faceva meno caso: non che il morbillo o la varicella siano malattie prive di rischi (chi muore non può raccontarlo), ma di sicuro non bloccano l'economia mondiale, non intrappolano miliardi di persone nelle loro case, non separano le famiglie, non causano milioni di morti nello spazio di appena sedici mesi. Ora quella resistenza alla vaccinazione diventa un problema cruciale per l'umanità intera, perché finché non saremo tutti vaccinati nessuno sarà davvero al sicuro, il virus continuerà a circolare e soprattutto continuerà a mutare, diventando più resistente e più contagioso. La variante Delta, in particolare, è aggressiva anche verso i più piccoli. Il rischio di morte si estende anche a loro, come il rischio di danni di lungo termine, il cosiddetto Long Covid. Non è vero, quindi, che Camilla - la diciottenne morta dopo il vaccino: "dopo" non è un termine usato a caso, la correlazione non stabilisce un legame certo fra i due eventi - fosse più al sicuro non vaccinandosi. Il rischio di contagio con sintomi gravi e possibilità di morte era, ed è, concreto e significativamente più alto del rischio di effetti avversi da vaccino.
Bisogna vaccinarsi, insomma, perché così proteggiamo non solo noi stessi, ma anche le persone intorno a noi. Il virus (ormai lo chiamiamo così, come se ce ne fosse solo uno) ci ha fatti diventare nipoti di ogni nonno del pianeta, zii di ogni nipote, padri e madri di ogni figlio, fratelli e sorelle di ogni essere umano. Ogni contagiato rischia di contagiare altre persone; ogni contagio aumenta le probabilità di mutazione del virus e contribuisce a propagarlo. E se il virus si propaga, qualcuno muore di sicuro. Siamo tutti collegati. Qualcuno l'ha capito, e gliene importa. Qualcun altro, forse, no.
Gli artisti non ci devono niente
Mi ero salvata lo screenshot del tweet di Madame sulla fama, i fan e gli autografi che le ha fatto prendere rampogne per giorni, ma non lo metterò qui: ha diritto all'oblio, perché chi a diciannove anni non diceva cazzate (o cose giuste dette malissimo, come in questo caso) scagli la prima pietra, e a giudicare da Twitter a diciannove anni erano tutti dei luminari. Chi si fosse perso la polemica può ricostruirla facilmente, dato che è finita pure sui giornali. La cosa che mi ha colpito, al di là dell'aver visto degli adulti dare addosso a una ragazzina che ha fatto la maturità cinque minuti fa (ma veramente fate?), è la quantità di aneddoti su Mick Jagger, Marcello Mastroianni e Sidney Poitier che ho visto circolare su Twitter, che proverebbero che Madame è una povera montata che senza il pubblico non sarebbe niente, e invece quelli grandi, eh, quelli sì che erano grandi.
Questa è una stronzata per due motivi, e ci tengo a ribadire: è una stronzata. Uno: l'artista può essere anche anonimo, non ci deve niente. Banksy fa arte da anni senza che nessuno abbia idea di chi sia. Non firma autografi. Non fa selfie. Di sicuro nessuno gli rompe i coglioni mentre sta al ristorante a mangiare per i fatti suoi. Eppure è Banksy, e a occhio direi che ha fatto la scelta giusta, come la fecero all'epoca i Daft Punk, o tha supreme, MYSS KETA, Elena Ferrante, e insomma chiunque abbia deciso di fare arte senza essere riconoscibile quando va al supermercato. Nel documentario sulla sua vita, Francesco Totti diceva che per lui è impossibile girare in pace per Roma: l'ha fatto per la prima volta dopo secoli durante la pandemia, perché l'assenza di folla e le mascherine lo rendevano possibile. È una vita di merda, e non ci sono soldi che possano compensare il fatto di non poter vivere lo spazio e la propria città liberamente. Chi non è famoso, questa cosa semplicemente non la capisce.
Il che mi porta al punto due: quando diventi famoso, tutti vogliono toccarti, farsi la foto con te, avere una testimonianza del fatto di esserti stati vicini. È una cosa naturale, ma ha dei risvolti inquietanti, perché siamo arrivati a pensare che il pubblico che ama la tua arte abbia diritto a te come artista (uso "arte" in senso molto ampio, qui, perché si può essere famosi per molti motivi, anche non artistici), anzi: che il pubblico, per il fatto di riconoscerti ammirazione, debba essere curato, coccolato, soddisfatto in ogni richiesta. A questo voglio opporre un fermo NO: l'artista non ha il dovere di darsi al pubblico. L'artista non ci deve niente. Fa arte, la pubblica, la gente ne fruisce (gratis o a pagamento, a seconda) e ne trae piacere, e quel piacere deve bastare a sé stesso. Lo scambio finisce lì, e non può prescindere dalla buona educazione, dal rispetto degli spazi, dalla capacità di trattare ogni persona (quindi: anche l'artista famoso) come un essere umano, e non come un cartonato con cui farsi una foto senza avere stabilito neanche uno straccio di relazione, per quanto fugace. Ci sono contesti in cui farsi una foto va benissimo (un firmacopie, un meet & greet, a valle di una chiacchierata) e contesti in cui forse è il caso di lasciar perdere, di ricordarsi che anche chi sta su un palco, in TV, sullo schermo di un cinema o in campo è una persona come tutte le altre, e ha diritto di decidere quando e come darsi agli altri, quali relazioni stabilire e come.
Un libro, ma che libro
Sto leggendo, in originale, Klara e il Sole di Kazuo Ishiguro. Quanto io ami Ishiguro è un fatto noto, anche se non amo tutti i suoi libri allo stesso modo. Quando ha ricevuto il Nobel ho scritto un pezzo per Il Tascabile sulla visione dell'amore nei suoi romanzi, e rileggendolo mi sono accorta che citavo Westworld per spiegare i temi alla base di Non lasciarmi. Klara e il Sole va proprio lì, verso quell'evoluzione: la protagonista è un'androide (anzi: una ginoide, per la precisione), Klara, che nell'universo di questa storia svolge il compito di Amica Artificiale (AF, Artificial Friend, nell'originale) della quattordicenne Josie, che l'ha comprata in un negozio, ma la scelta è stata reciproca. È un romanzo di Ishiguro, mi aspetto che finisca malissimo, ma non riesco a metterlo giù.
E questa settimana dove vai?
È l'ultima per un pezzettone, penso (o almeno: non ho nient'altro fissato fino a settembre), ma venerdì 25 giugno sono a Scanno (AQ) per Ju Book Festival. Il mio intervento è alle 16.00 in Piazza Santa Maria delle Grazie.
In realtà no, non è l'ultima-ultima, è solo la mia ultima: il 16 luglio a Largo Venue (Roma) celebro la venuta in città di Tea Hacic-Vlahovic, e per l'occasione parleremo di L'anima della festa, il suo libro uscito per Fandango.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh,
Giulia