Giulia Blasi | Servizio a domicilio - La musica non c'è
È ricominciato X Factor, quella cosa di Barbara Palombelli, Internazionale Kids best festival ever, e le solite frattaglie.
Giovedì scorso è andata in onda la prima puntata dei casting di X Factor, ormai da anni la parte più interessante di un programma che ha progressivamente perso lo smalto da quando le etichette indipendenti si sono prese una fetta di mercato discografico sufficiente a oscurare in parte le grandi major (non ci credi? Controlla su che etichetta stanno Tommaso Paradiso e Calcutta, per dirne due giganti; ma pure, avendoceli in casa, Colapesce Dimartino). Se il talento giovane e fresco non va più ai talent, perché ha la possibilità di esprimersi al suo meglio senza per forza bruciarsi in una competizione che appiattisce tutto, a X Factor chi ci va? Quello che rimane. Interpreti, oppure gente che somiglia ad altra gente già affermata.
La cosa divertente/sconcertante di tutto questo è che per sopravvivere il programma ha dovuto trasferire la sua narrativa in un universo parallelo in cui la musica, e nello specifico quella indipendente, non esiste. Per cui un anno si presentano due che sono solo chitarra e batteria e generano un muro del suono impressionante, e nessuno dei giudici dice mai, nemmeno per sbaglio, "Bud Spencer Blues Explosion". Anche perché dirlo significherebbe riconoscere che Adriano e Cesare sono un originale, nonché dei musicisti difficili da imitare per tecnica e potenza. Quindi nell'universo di X Factor i BSBE non esistono. Come non esiste Maria Antonietta, che nella puntata di giovedì scorso è stata evocata a livelli di possessione demoniaca da una delle concorrenti: brava, bravissima, che meraviglia! Ok, peccato che ce ne sia già una identica, che fa dischi, concerti, perfino bei libri, ha un pubblico. Poi arriva un altro con uno styling un po' alieno e un falsetto dolce e ben modulato: Anohni? No, manco Anohni esiste. Neanche come ispirazione.
Forse sono io che ormai lo guardo da troppi anni (e da fan di Skam Italia faticavo a perdermi l'esordio di Ludovico Tersigni nel ruolo che fu di Alessandro Cattelan), ma mi domando quanto ancora possa reggere la finzione narrativa di uno show ormai a corto di benzina, l'unica benzina che davvero conta: quella di un cast di talenti interessanti, gente che vuoi vedere, che vuoi ascoltare. Magari è presto per dirlo, magari il mio preferito di giovedì scorso (Gianmaria) va in finale e diventa una star della musica deprimente. O magari è finita, riga'. Per citare Manuel Agnelli, non c'è niente che sia per sempre.
Violenza domestica, pour parler
Come ogni volta che qualcuno dice una cazzata grossa, il ciclo è questo: cazzata grossa - critiche - insulti da parte di gente che non si sa tenere - piagnisteo - minacce di querela - solidarietà da parte di quelli che pensano che davvero esista la "cancel culture" - nessuna conseguenza per chi ha detto la cazzata grossa - altra cazzata grossa - ripeti. Sta andando così anche per Barbara Palombelli, che comunque la si rigiri ha detto, né più né meno, che ci sono casi in cui la violenza sulle donne potrebbe avere una giustificazione. L'ha detto in un contesto in cui era impossibile fraintenderla (una puntata di Forum in cui la violenza domestica era un tema del caso in esame) e usando parole che era difficile fraintendere. Quindi l'abbiamo capita tutti benissimo, ha voglia a dire che siamo noi gli scemi e che ci querela tutti, anche perché poi ha rincarato la dose. Non siamo noi: è lei che non sa quello che dice.
Del perché quella frase fosse offensiva, dannosa ed espressione di una mentalità patriarcale si è già parlato in abbondanza. La cosa che mi colpisce, tuttavia, è la superficialità con cui tanto per cambiare Palombelli approccia temi gravi, forte di una sua supposta militanza in ambito femminista ai tempi che furono. Lo ha fatto a Sanremo 2021, in un monologo sconclusionato (ne avevo parlato all'epoca) che lungi dal farla apparire come una madre nobile delle lotte la dipingeva come una signora-bene che si è tanto divertita, ma che quelle lotte le ha messe in soffitta da un pezzo, e che come tante delle sue compagne non ha saputo trasmettere alcun sapere alle generazioni successive. Questo perché il genere di femminismo che lei sostiene di aver praticato - sempre che non fosse solo una partecipazione allo zeitgeist, una performance adatta ai tempi - era molto spesso schiacciato sulla liberazione individuale, sull'affermazione della singola donna nel sistema maschile e maschilista. E ora se ne esce così, con quella frasetta casuale, probabilmente scritta da un team di autori ma uscita dalla sua bocca. Casuale perché casuale è il contesto, casuale è il programma, intrattenimento del pomeriggio senza alcuna profondità ma visto da milioni di persone, milioni di donne che per carità, la violenza è ingiustificabile ma pure tu figlia mia, smettila di provocare. È quella, la cosa grave, credo: un tema così pesante e complesso liquidato in una frasetta di collegamento, come se si parlasse di tubi esplosi o pezzi di giardino contesi. Un pour parler che gronda sangue.
Internazionale Kids, best festival ever
Sabato e domenica sono stata a Reggio Emilia per la prima edizione di Internazionale Kids, il festival organizzato dall'omonima rivista spin-off di Internazionale. Ci arrivavo da Parma, dove avevo partecipato a RE/SISTER con Michela Murgia e Lorenzo Gasparrini (e per la prima volta, lo dico sinceramente, mi sono resa conto di come sia cambiata la vita di Michela da quando la conosco: ora è la vita di una celebrità, con tutti i suoi svantaggi). Lo dico a chi mi legge e fa il mio mestiere e dintorni: non c'è un altro festival a cui valga la pena di partecipare. Parlare con i bambini di temi grandi e complessi come i femminismi, il razzismo (lo ha fatto Ésperance Hakuzwimana Ripanti) o le identità non binarie (come ha fatto Jonathan Bazzi) non è solo possibile, ma è necessario. I bambini capiscono tutto, fanno domande pertinenti, acute, bene inquadrate. Osservano, riportano, vogliono interagire. Da subito ho deciso di non controllare gli incontri, ma di farmi portare dalle loro osservazioni: è finita che non mancava niente di quello che volevo dire e raccontare. Gli adulti spesso vanno ai festival per sentirsi edificati, e agli incontri sui femminismi per antagonismo o per sentirsi a casa. I bambini arrivano freschissimi, non hanno niente da provare, nessun investimento identitario in quello che dici o non dici, ti bombardano di energia pulita e rinnovabile. Non penso farò altro di così bello, quest'anno.
Letto/visto
Siccome sono acciaccata, ho deciso di leggermi una cosa che dà sempre soddisfazione, vale a dire le biografie di donne eccezionali raccolte nel secondo volume di Morgana, sottotitolato L'uomo ricco sono io. Ci sarebbero molti discorsi da fare sul capitalismo e il suo malfunzionamento, ma una cosa rimane: una donna che non si occupa della sua indipendenza economica è una donna che è sempre a rischio. Avere e controllare i nostri soldi, quando possiamo, è fondamentale. Questo non ci impedisce di lottare per un mondo in cui i miliardari non esistano più. E comunque Murgia e Tagliaferri hanno un tocco magico nel raccontare le storie, con tutte le loro luci e le loro (spesso non poche) ombre.
Visto: la terza stagione di Sex Education, la serie perfetta per spiegare tutta una serie di cose sul consenso, le identità, i rapporti, l'amicizia, ma è soprattutto, sopra una ogni cosa, una serie sul desiderio, anzi, plurale: i desideri. Di scoprire la propria sessualità, ma non solo. Anche di sapere chi siamo, cosa vogliamo dalla vita, in ogni momento, non solo da giovanissimi. Sex Education è piena di personaggi che si fanno amare moltissimo, nonché una delle poche in cui le donne adulte non siano delle sconfitte dalla vita senza futuro, speranze o voglia di ricominciare. In attesa che tornino tutte le mie altre serie preferite, è stato bellissimo ritrovare questa. Ho anche sentito che quelli di Fratelli d'Italia si sono scagliati contro i poster promozionali della trasmissione, che ritraggono banane sbucciate e mandarini dimezzati, e insomma, il sex panic di quelli di destra fa sempre ridere, soprattutto quando ci si ricorda che sono stati per anni alla corte di uno che è a processo per aver pagato stuoli di prostitute, alcune minorenni.
Infine...
Un po' me lo dovevo aspettare, erano giorni che la covavo: mi sono ammalata. Sono andata a farmi subito un tampone (ero già in modalità disaster scenario, telefonate a tutti i miei contatti, scuse e contrizione e terrore per i piccoli) e sono negativa, per cui mi sono semplicemente raffreddata. Se nei prossimi giorni (cioè a Milano, Roma, Bologna eccetera per le presentazioni di Brutta) mi vedrai un po' tossicchiante, non ho la peste: è solo il mio organismo che protesta per gli strapazzi. Passerà.
Ci vediamo alla Feltrinelli RED di Gae Aulenti domani, a Roma al Monk il 24 alle 19.00, a Milano di nuovo per il FeST (25 settembre, ore 17.00, modero un panel organizzato da Women in Film) e infine a Bologna il 30, all'Oratorio San Filippo Neri, ore 20.30. Ce ne sono altre, ma ci aggiorniamo martedì.
A presto,
Giulia