Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Le fantastiche avventure della donna compatta
Questa settimana: io come i coniglietti suicidi, e un po' di consigli di roba da leggere/vedere/ascoltare.
Sabato sera a Milano una persona che conosco mi ha raccontato che il suo fidanzato, la prima volta che mi ha visto, ha detto che ero una donna "compatta". Nel senso di donna pratica, indipendente, che fa le cose per i fatti suoi e si organizza in modo da mettere la comodità prima della civetteria.
Adesso ti racconto cosa ha fatto questa donna compatta fra sabato mattina e domenica mattina. Prima di tutto, la donna compatta è riuscita a fare un frontale con la porta a vetri scorrevole dell'H&M di Reggio Emilia, pensando che fosse aperta. Ha ancora il bernoccolo sulla fronte che lo testimonia. Nel pomeriggio dello stesso giorno, sempre la donna compatta è caduta da un marciapiede vicino a Piazza Gae Aulenti, perché stava guardando il cellulare e non ha notato un dislivello, e si è storta malamente una caviglia. Non essendo riuscita a uccidersi nonostante i ripetuti tentativi di lasciare questo mondo in modi creativi, la donna compatta ha pensato di rischiare un infarto per l'ansia: domenica mattina ha scroccato un passaggio all'amico di una brava attrice e attivista che aveva incontrato nella hall dell'albergo milanese dove entrambe avevano dormito, e ha pensato bene di dimenticarsi un disco appartenente al fidanzato dentro la macchina dell'amico. Che ha fatto tornare indietro. A Milano. Con la maratona in corso. (Scusa ancora, Simone.)
La donna compatta è sbriciolata quando va bene, liquefatta quando va male. Spero di aver chiarito quanto la compattezza della gente sia un bluff: siamo tuttǝ tenutǝ insieme con lo sputo e gli scongiuri.
Un libro che ho letto
Era un po' che avevo messo gli occhi su La Dorsale - L'Anno del Ferro di Maria Gaia Belli (Effequ), perché mi piacciono i fantasy ma mi pare che l'Italia faccia fatica - un po' per questioni di immaginario e un po' perché gli autori italiani che vogliono essere presi sul serio si tengono ben lontani dalla narrativa di genere - a produrre opere davvero innovative e originali. In questo L'Anno del Ferro ha, a mia memoria, pochi precedenti. È un romanzo che apre tre linee narrative ma non le chiude, anzi, è il finale a marcare l'avvio della vicenda vera e propria. Il libro racconta un inizio, l'origin story di quelli che saranno - suppongo - i protagonisti del secondo volume, che uscirà a novembre: Kamy, Luk e Key vengono da tre luoghi diversi di un mondo immaginato che non corrisponde alla nostra geografia, a meno che la Dorsale non sia sovrapponibile alle Alpi. Non c'è motivo di pensarlo, né i richiami agli usi e costumi delle popolazioni che vediamo sono ricollegabili in maniera diretta a quelli del mondo che conosciamo. Belli fa un bel lavoro di worldbuilding, con pochi tocchi e molti sottintesi, ma di fatto fa solo quello: costruisce un mondo e traccia l'arrivo dei tre personaggi nell'Accademia, la scuola militare in cui si impara a volare sul dorso dei draghi. Il dettaglio interessante è che il mondo in cui questi draghi vivono, volano e sono parte della vita delle persone non è un Medioevo di finzione, ma un mondo avanzato dal punto di vista tecnologico, un mondo in cui le cose funzionano secondo le leggi della fisica e non con la magia. Però ci sono i draghi. Grandi, grossi e puzzolenti.
Ovviamente ho la fotta del secolo di vedere come va avanti, ma devo aspettare novembre. Di sicuro questa serie ha più in comune con la struttura episodica del graphic novel che del romanzo come lo conosciamo.
Ho iniziato a guardare
The Gilded Age è una di quelle cose che mi guardo da sola perché a) l'unica impallinata di narrativa angloamericana dell'800 sono io e b) le cose in costume con signore irrigidite nei corsetti sono proprio roba mia. Finora ho visto esattamente un episodio (è on demand su Sky) e anche se le critiche sono state tiepide, Christine Baranski e Carrie Coon valgono da sole la visione. Il resto è Old New York, vecchi ricchi che difendono il loro status di aristocrazia locale e nuovi ricchi che vorrebbero comprarsi l'appartenenza a un mondo che li esclude. Spero in qualche bella tragedia strappalacrime tipo La casa della gioia o Ritratto di signora (di cui ho rivisto il finale proprio uscendo dalla visione di The Gilded Age: è su Sky anche quello, Jane Campion che fa Henry James con Nicole Kidman, capolavoro), ma mi accontento anche di un Downton Abbey senza i sommovimenti degli anni '20. L'autore è lo stesso, Julian Fellowes, e questo mi fa ben sperare. Dopo Bridgerton, un altro eccellente svuotacervello.
Ho ascoltato
Indagini, il nuovo podcast de Il Post sulla vicenda giudiziaria di alcuni casi di cronaca nazionale scritto e condotto da Stefano Nazzi, è esattamente la cosa che volevo sentire in questo momento. Esce una volta al mese (per gli abbonati) e i primi due episodi raccontano l'omicidio di Chiara Poggi dal punto di vista delle indagini e di come si è arrivati alla condanna in via definitiva di Alberto Stasi, il fidanzato della vittima. Le procedure, le investigazioni e le analisi sono la mia parte preferita delle storie di nera, perché sono ricche di colpi di scena e perché - come avevo già raccontato - mi piace vedere come si arriva alla risoluzione (o alla mancata risoluzione, a volte) di un caso di omicidio. Il caso di Chiara Poggi, a quasi quindici anni dalla morte, ci fa ancora terrore perché anche se per la giustizia c'è un colpevole e quel colpevole è in carcere, le indagini sono state pasticciate al punto di gettare un'ombra eterna su quella condanna. E c'è anche il fatto che Chiara Poggi era la classica ragazza di provincia con una vita tranquilla, quella che i tuoi genitori si immaginano madre dei tuoi figli. Una che non faceva mai niente di male, mai niente di sbagliato. Ed è morta ammazzata in casa sua. Nessuna donna è mai al sicuro dalla violenza.
A proposito
La settimana scorsa ho scritto questa cosa su La Svolta. È un pezzo molto affaticato, come lo sono io, come lo siamo tutte noi che ci occupiamo di questioni di genere, e che passiamo una montagna di tempo a ripetere i fondamentali, piuttosto che a formulare idee per il futuro. Anche questo è lavoro emotivo, anche questa è fatica che gli uomini sono felici di farci fare, perché ci blocca, ci impedisce di invadere il loro campo. Ci costringono a ripetere sempre le stesse cose, a spiegare cose spiegate mille volte, e si irritano pure se non hai voglia, non hai tempo, non vuoi dedicarlo alla loro educazione. Ci pensavo anche ascoltando la segretaria dei Giovani Democratici Caterina Cerroni sabato pomeriggio, durante il panel che abbiamo condiviso nel forum di Casa Comune: Caterina vuole fare politica, avrebbe molto da dire e da dare, e ieri invece ha dovuto ripetere per l'ennesima volta che fare politica essendo una donna è sfiancante. Perché vieni aggredita, molestata, disprezzata, sottovalutata, sabotata. E alla fine il posto di responsabilità, di elaborazione e strategia se lo prende un uomo.
Fatica emotiva, lavoro emotivo. E per loro va bene così. È un modo come un altro per tenerci fuori dai piedi.
La violenza che non vogliamo vedere — www.lasvolta.it
La morte di Carol Maltesi è l’ennesimo femminicidio che tratteremo come un caso isolato, quando non lo è affatto, per non disturbare le delicate sensibilità degli uomini.
Le date
Finalmente marzo è finito e posso ricominciare a respirare normalmente, stare a casa, scrivere. Ci sono un po' di appuntamenti nelle settimane in arrivo, ma molto meno: starò molto più a casa. Magari smetto di perdere cose in giro, o di cercare di ammazzarmi in modi goffi. Comunque, questi sono i prossimi appuntamenti:
10 aprile - Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, panel: “Il femminismo è per tutti”
23 aprile - Brutta a Fucecchio (FI)
28 maggio - Brutta a Pontedera (PI), Libreria Equilibri
8 luglio - Scanno (AQ), JuBook
20 luglio - Livorno, LeggerMente
È tutto. Ci risentiamo la settimana prossima.
Giulia