Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Le scelte non sono tutte uguali
Questa settimana: perché è importante votare al ballottaggio a Roma, e altre cose.
È passata più di una settimana dal primo turno delle amministrative, ma io ci pensavo solo ieri: ma davvero il 52% degli aventi diritto a Roma non ha votato?
Mentre i fascisti mettevano a ferro e fuoco Roma, io stavo parlando di femminismo con Fumettibrutti all'Internet Festival di Pisa. Non lo sapevo, è successo mentre ero lì, e l'ho scoperto solo alla fine. Mi si è gelato il sangue, non solo perché Roma è la mia città e stava subendo una violenza, ma anche perché - per l'ennesima volta - diventa evidente il pericolo che stiamo correndo. Il ballottaggio si gioca fra fascisti e antifascisti. La scelta dovrebbe essere semplice. Eppure c'è ancora chi pensa di potersi astenere.
È passata più di una settimana dal primo turno delle amministrative, e ora più che mai mi pare incredibile: ma davvero il 52% degli aventi diritto a Roma non ha votato? Più di metà della gente che abita una città devastata da oltre un decennio di amministrazioni disastrose, un commissariamento inutile e un sindaco non amato ma che almeno ci stava provando, costretto alle dimissioni dallo stesso partito che l'aveva fatto eleggere. Io non vedevo l'ora di votare, anche perché avevo a disposizione una lista che mi somigliava (Roma Futura) e della gente a cui dare la preferenza, e se Gualtieri vince al secondo turno due consiglieri (ma più probabilmente: consigliere) li abbiamo eletti: sembra poco, ma non lo è.
Invece moltissima gente non è andata a votare, e vi giuro, non gliene faccio una colpa. Nel 2015 Virginia Raggi aveva vinto al ballottaggio con il 67,2% delle preferenze, avendo portato a casa - da sconosciuta - il 35% al primo turno. Il resto lo sappiamo, e quel 19% preso alle elezioni 2021 esce ampiamente ridimensionato dall'astensionismo. Non è tutta colpa sua se i romani non sono andati a votare, ma certo, il suo lei l'ha fatto. Per cinque anni, oltre ad amministrare la città in maniera a dir poco approssimativa, a rinunciare alla candidatura alle Olimpiadi (pensate a quanto sarebbe stato bello averle in casa dopo il bottino di quest'anno: invece no), a fare ragioneria - male - di beni comuni della città come le case delle donne, insomma, tutto quello che sanno gli abitanti del posto, Raggi ha anche rifiutato ogni contatto con i romani. La sua cifra erano i comunicati in modalità broadcast, la petulanza, la fiera opposizione a qualsiasi iniziativa o realtà fosse nata prima di lei e la resistenza a qualsiasi tipo di feedback. Cinque anni in cui ha parlato solo ai suoi, finché ha sentito di avere dei "suoi", e poi si è chiusa in un silenzio immusonito, rotto solo occasionalmente da vanterie sulle magnifiche sorti e progressive di una città che affondava disfacendosi come uno Zuppalatte in un cappuccino bollente.
Il PD avrebbe potuto cogliere l'occasione per ricompattarsi, scegliere un candidato (o una candidata) di spessore e carisma, capitalizzare il successo della gestione della pandemia a livello regionale. Era un goal a porta vuota. Invece hanno fatto una scelta a risparmio energetico, mandando avanti un bravo signore, per carità (chi conosce Gualtieri ne parla bene, almeno dal punto di vista umano), ma nessuno che potesse incarnare il tipo di leadership carismatica che serve a una città prostrata per avere quella necessaria botta di autostima collettiva. A scanso di equivoci: no, non sono assolutamente una di quelle che pensano che siano tutti uguali, e sicuramente Michetti, oltre a esibire simpatie fasciste, è pure uno che non riesce a finire una frase di senso compiuto: immaginatevi cinque anni così, con i fasci in Campidoglio capeggiati da un personaggio del genere. Io ovviamente andrò a votare, ci vado sempre, sono a Roma da diciassette anni e ho dovuto farmi sostituire la seconda tessera elettorale perché avevo finito lo spazio. Ma se la gente non ci va non è solo colpa della gente, è anche colpa della politica che rinuncia alla passione in nome della spartizione del territorio.
Insomma: se voti a Roma, ti prego, vai a votare. No, Gualtieri e Michetti non sono due scelte equivalenti, con buona pace dei bruciaculi di chi ha votato Calenda e pensa di poter stare a casa per ripicca. Con Gualtieri abbiamo speranza di tornare a respirare: con Michetti no.
A proposito di manifestazioni
Dico di nuovo qui quello che ho detto su Twitter domenica: manifestare contro i vaccini è un atto ostile contro la società. Rifiutare la vaccinazione citando complottismi e fomentando odio è doppiamente ostile. Nelle manifestazioni di sabato scorso non c’era nulla di pacifico, anche al netto dei fascisti. Smettiamo di inquadrare gli antivaccinisti nel frame dei manifestanti pacifici, non lo sono mai stati, e smettiamo anche di accettare la narrazione secondo cui si manifesterebbe "contro il Green Pass e non contro i vaccini", è falsa: chi era in piazza sabato urlava propaganda antivaccinista, e ha accettato (per l'ennesima volta) di andare in piazza con i fascisti. L'avversione all'interesse comune è antisociale ai limiti dell'eversione. Diciamolo, una volta per tutte.
Marco Montemagno e l'autocoscienza
L'affaire Montemagno vs Ragazze (nude sui social e non) lo riassume bene Roba da donne qui, per cui se la sai la sai, se non la sai clicca sul link. Lui ieri ha postato un video di scuse che per quanto bene intenzionato non è poco problematico. Gli ho risposto nelle stories di Instagram, ma volevo dire due cose qui. Una è che Marco Montemagno è un uomo della Generazione X, una generazione di maschi cresciuta senza il minimo contatto con il pensiero femminista e convinti che le donne debbano tenere in gran conto l'opinione non richiesta degli uomini su di loro. Davvero, pensano di fare del bene, segnalandoci la loro disapprovazione rispetto a quello che facciamo o diciamo. Ora non ci capiscono più niente, e sono smarriti, perché il loro paternalismo dal sapore vagamente Eighties ("Scelta vincente") gli torna in faccia. Sono stati gli arbitri della nostra vita e della nostra morte per millenni: faticano a pensare di non avere voce in capitolo sulle nostre scelte, di non poter decidere di noi.
L'eco di quella centralità risuona anche nel linguaggio che usa nel video di scuse: Montemagno parla di "dare una mano", di "dare visibilità" alle donne. Come se il nostro problema fosse essere "visibili" e avessimo bisogno di passare attraverso la benevola concessione del suo spazio: lui non ci vede, quindi non ci siamo, possiamo realizzarci solo attraverso il suo sguardo. A noi non serve questo. Non ci serve una visibilità di quel tipo, né vogliamo correre il rischio di essere parte di un'operazione di maquillage della sua immagine pubblica. Se lui e gli altri suoi coetanei vogliono fare qualcosa di serio, possono iniziare a fare un percorso di autocoscienza leggendo i testi che sono già a loro disposizione, per mettere in discussione il loro privilegio e aiutare altri a farlo. I femminismi sono politica e ridefinizione di sé, non "dare una mano", e non sono lì per essere utilizzati per mettersi a posto la coscienza.
Ma veramente non ascolti Morning?
Ma parliamo di cose belle, gratis, solo perché sono belle.
Nella mia testa, tutta la gente che è iscritta a questa newsletter legge e ascolta Francesco Costa, e nello specifico il suo podcast di rassegna stampa mattutina, che è diventato la compagna fissa delle mie colazioni a casa e del tempo dedicato al trucco quando sono in albergo. Dura una ventina di minuti, esattamente quello che mi serve a rendermi presentabile, e mi fa sentire molto meno sola e disorientata. Da solo, Morning vale l'abbonamento a Il Post che permetterà l'accesso a partire dalla puntata n. 100, quando sarà possibile ascoltarlo solo dall'app del giornale, ma se non l'hai mai ascoltato (veramente?) puoi recuperare le puntate vecchie anche sulle piattaforme classiche di distribuzione podcast.
Ci vediamo
Oggi, 12 ottobre alle 18.00 online sulle pagine social de L'eredità delle donne, per la presentazione del libro di Drusilla Foer Tu non conosci la vergogna. La mia vita eleganzissima.
13 ottobre: Alessandria, convegno dal titolo "Storia, letteratura, linguaggi: il femminile cancellato?" alle 18.00 a Palazzo Monferrato.
14 ottobre: Brutta all'OffTopic di Torino, alle 19.00, con Domitilla Pirro.
16 ottobre: Roma, WEGIL, largo Ascianghi 5: tavola rotonda festival ReWriters, 10.00-12.00 (dettagli qui, prenotazioni qui)
17 ottobre: Brutta a Napoli, 11.30 in piazzetta Masullo con la libreria IoCiSto, modera Marina Cuollo.
A martedì prossimo!
Giulia