Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Non parlare mai di niente
L'argomento della settimana è... vabbe', non si vince niente. Anche: due serie e un libro.
Di cosa potrà mai parlare, questa newsletter? Di fatti miei? Ma no, dai (sono tornata a insegnare in presenza; ieri il 1A erano due in aula, il resto a casa, il 1C tutti a casa e io in aula da sola a parlare con uno schermo pieno di quadratini grigi. Non li biasimo se hanno paura, ma a questo punto mi domando il senso di tutto questo, se non che almeno esco di casa, vado in un posto, vedo i colleghi, bevo il caffè alla macchinetta, mi sento un po' più viva. Vabbe').
Parliamo di Fedez al Concertone. Duh.
Ormai siamo da un pezzo al metacommento del metacommento, per cui la prima cosa che mi viene in mente è di osservare la dinamica di discussione. Passato il primo (e comprensibile) entusiasmo per il discorso in sé, seguito dalla vertigine della pubblicazione della telefonata con i vertici Rai, sono rimaste per terra solo le briciole.
Della storia di Fedez è stato detto praticamente tutto, nel bene e nel male, ma quasi da subito si è smesso di parlare di cosa aveva fatto Fedez, di cosa aveva detto e come e con quali modalità e conseguenze, e ci si è messi a discutere di Fedez e di quanto sia o meno titolato a parlare. Non dello specifico, ma in generale proprio: Fedez non può parlare perché è ricco, rappresenta i padroni, lavora per Amazon, non si è espresso sullo sciopero dei lavoratori Amazon, ha scritto dei testi omofobi, ecc. Oppure (da destra) Fedez non può parlare perché non si va al Concertone a fare un comizio, ci voleva il contraddittorio, ecc. Inoltre, il discorso si è concentrato sulla legalità o meno di pubblicare l'audio di una conversazione privata. O anche: sul fatto che Fedez poteva fare quello che ha fatto perché è ricco, o che deve lanciare una linea di smalti e quindi quella è tutta pubblicità. Poi: Fedez e Ferragni parlano di alcuni temi perché "gli algoritmi" dicono che sono caldi. Infine: Fedez ha la Lamborghini (e si torna all'inizio: non può parlare).
Da destra e da sinistra, entro pochissimo tempo, nessuno parlava più delle cose fondamentali, vale a dire:
Che Fedez è salito sul palco del Concertone del Primo Maggio (Festa dei Lavoratori, ricorrenza politica in cui si è sempre parlato di diritti, anche oltre quelli legati alla sfera del lavoro: perché diritti civili e diritti sociali non sono mai scollegati) e ha letto un discorso sul DDL Zan in cui faceva nomi e cognomi di politici leghisti abbinandoli a loro dichiarazioni omofobe, talvolta anche piuttosto fantasiose nella loro oscenità. Tutti fatti già noti e pubblici, ma che messi in fila su quel palco facevano tutt'altra impressione rispetto a quando emergono, isolati, nelle cronache locali;
Che nello stesso discorso, Fedez ha tirato in ballo apertamente Andrea Ostellari, relatore del DDL al Senato e oppositore del DDL stesso;
Che Fedez all'inizio del suo discorso ha detto che la dirigenza Rai aveva obiettato ai contenuti del suo testo, cercando di dissuaderlo dal leggerlo;
Che la Rai ha dichiarato di non essere intervenuta e non avere chiesto tagli o revisioni del contenuto del discorso;
Che Fedez ha pubblicato (assumendosi la responsabilità legale della pubblicazione) la registrazione di una telefonata in cui si sentono chiaramente dei dirigenti e quadri Rai chiedere a un artista invitato al Concertone di adeguarsi a un "sistema" e sollevare obiezioni di opportunità su un discorso che, pur nella sua durezza, non conteneva attacchi pretestuosi ma quasi solo un elenco di fatti e citazioni che mettevano in difficoltà uno dei partiti che compongono la maggioranza;
Che la suddetta telefonata è prova del fatto che i vertici Rai mentivano quando smentivano, e che - a giudicare dal tono e dai contenuto della conversazione - il servizio pubblico opererebbe abitualmente in un regime di soppressione più o meno soft del discorso politico, anche in contesti in cui il discorso politico è fondante;
Che Fedez si è potuto permettere di fare quello che ha fatto solo perché non teme ripercussioni, dato che la Rai non gli serve né per lavorare né per la visibilità: e anche questo è un tema.
Ogni constatazione è già stata fatta, ogni punto discusso e sviscerato. Qui mi interessa notare solo come sia facile non parlare mai di niente, allontanarsi dal merito delle questioni mettendo in mezzo la purezza di chi le solleva, il suo diritto a esprimere un'opinione motivata, a schierarsi senza questioni dalla parte degli attivisti e di chi fa il lavoro sporco. La mia sensazione, spesso, è che abbiamo un problema con chi dice delle cose, anche se giuste, da una posizione di visibilità: la gente che dice le cose giuste ci va bene solo se urla da dentro un buco. Se dicendole ha successo, o se le dice da una posizione di successo già acquisita, allora no, non va più bene. Nel caso di Fedez, sembra impossibile poter dire che ha fatto una cosa giusta nel modo giusto senza passare per gente che è amica dei padroni e crede nel liberismo, in Reagan, nella Thatcher e nella meritocrazia. Il milionario che invece di fare il milionario a CityLife e fottersene del mondo decide di inguaiarsi (perché può, perché ha gli avvocati e può pagarli, e ha deciso che quello è un buon uso dei suoi soldi) per sostenere una cosa in cui crede non ci va bene, anche quando il suo potere di amplificazione è tale da raggiungere gente che altrimenti non avrebbe mai sentito parlare della questione in oggetto. È milionario, quindi non importa quello che dice, come lo dice e che effetti ottiene. È interno al sistema, anzi, è il sistema, quindi deve mori'.
A me, sia chiaro, frega zero di difendere Fedez in quanto Fedez. Non lo conosco manco di striscio, non ci siamo mai incontrati, non so niente di lui e penso anche che non abbia alcun bisogno di essere difeso. Ma sul tema del DDL Zan ha ragione nel merito, si è esposto e sta facendo campagna per dare visibilità alla questione. E nel farlo ha sollevato questioni che vanno ben al di là del discorso che aveva intenzione di fare. Possiamo parlare di questo? Mi sembra importante.
Consumi culturali della settimana
Ho visto Anna, la serie tratta dal libro di Niccolò Ammaniti (di cui avevo parlato sull'ormai defunto The Book Girls: mi era piaciuto molto) e l'ho trovata strepitosa, emozionante, coraggiosa sia rispetto al materiale di partenza sia alla capacità di anticipare, almeno in parte, il nostro presente. Anna parla di una pandemia che uccide senza scampo, e ci vuole stomaco per vederla in questi giorni, con l'angoscia che ancora abbiamo addosso, il ricordo fresco delle bare che uscivano da Bergamo e le pire funerarie improvvisate per strada in India. È anche molto cruda e crudele, più del libro, che approfondisce e in parte modifica anche in maniera radicale. Quello che nel libro era struggente - la morte della madre, il rapporto fra Anna e Astor, Anna e Pietro - rimane struggentissimo. L'abbiamo finita giorni fa e ci sto ancora pensando. Anche il problema del finale del libro è risolto, almeno in parte, senza chiudere troppo la vicenda. In Italia non si è mai visto niente del genere, ed è bellissimo che tutto questo sia frutto dell'ingegno di una persona che ha saputo scoprire in sé un altro talento oltre a quello, già enorme, della scrittura. Ammaniti ha sceneggiato e diretto il suo stesso libro, e l'ha fatto con una grazia e una sicurezza rare.
Ho recuperato His Dark Materials, sempre su Sky. È fatta veramente bene, e neanche sapere che pasticcio è The Secret Commonwealth (fan di Pullman, ne vogliamo parlare? Mi serve un gruppo di auto-aiuto) mi sta togliendo il gusto di tornare nel mondo di Lyra. Non so che effetto faccia a chi è digiuno dei libri, penso sia abbastanza difficile da seguire, ma io ho amato molto (e anche un po' pianto). Non so se sono preparata ad affrontare la conclusione, ci sono stata male per giorni dopo che ho finito The Amber Spyglass, ma comunque che bello.
Sto anche leggendo - o meglio: sto scoprendo ora, grazie a SEM che l'ha ripubblicato in vista dell'uscita del film che ne è stato tratto - Non mi uccidere di Chiara Palazzolo. Lo dico subito: non so come sia il film, non ne ho idea, ma era da American Psycho che non provavo un senso di orrore così puro nel leggere un libro. La protagonista, Mirta, è una ragazza morta insieme al suo amato, che risorge dalla tomba in forma di non-morta cannibale: man mano che la storia prosegue, Mirta viene soppiantata da Luna, che essendo morta è anche del tutto priva di empatia per i viventi. Una specie di Patrick Bateman soprannaturale che uccide senza rimorso qualunque umano le capiti a tiro. Se pensi di trovarci le melensaggini di Twilight, ecco, lascia perdere. Se invece ami il romanzo gotico e non hai paura di immergerti in una storia in cui non c'è un'anima bella che sia una, ecco, Non mi uccidere è davvero notevole.
Cia'.
G.