Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Talk Show Host
Questa settimana: la sindrome da accerchiamento, una serie che ho visto (per intero), un libro che ti potrebbe interessare, e una replica che ha fatto molto contento il mio papà.
Di solito scrivo la newsletter qualche giorno prima, la modifico il martedì mattina inserendo una cosa che mi potrei essere dimenticata o che è arrivata all'ultimo, e la mando. Quello che leggi è stato quasi sempre scritto fra sabato e lunedì, insomma. Questo numero, invece, fra Natale e il fatto che sono di nuovo dai miei (il "di nuovo" si capisce se la newsletter prenatalizia non ti è finita in spam, altrimenti eccola) viene composto fresco fresco la mattina del martedì, al tavolo della cucina, con mio padre che entra ogni trenta secondi per dirmi una cosa qualsiasi, quindi se mancheranno dei pezzi attribuiamolo al sonno, all'orario, alla velocità e alla quantità di carboidrati che ho assunto questo mese.
Natale è arrivato e se n'è andato, e la mia striscia di pranzi non conflittuali prosegue ininterrotta da un bel pezzo. Quest'anno c'era pure la variabile "virus" a complicare le cose, ma che dire, nessuno ha fiatato e della Omicron si è parlato il minimo indispensabile, anche se ormai siamo a livello "Dieci piccoli indiani", ogni giorno nuovi positivi nella nostra cerchia di amici e conoscenti. Se la sono presa pure i Ferragnez, che una si immagina vivere un'esistenza immacolata ai limiti della sanificazione compulsiva, mica come noi poveri affollati dentro case minuscole e mezzi pubblici inaffrontabili. Io la aspetto, ormai, come il narratore di Talk Show Host dei Radiohead aspettava quelli che inevitabilmente avrebbero buttato giù la porta per venire a prenderselo. I'm ready.
Puff
Ho scritto una cosa per La Svolta sul congedo di paternità obbligatorio e retribuito, che prima c'era (era stato inserito nel Family Act da Giuditta Pini) e poi non c'era più, perché a quanto pare i soldi per le cose che fanno la differenza nella vita delle donne non si trovano mai.
Ho visto (per intero)
Vedo in giro che La Ruota del Tempo è stata recensita con un po' di fretta all'inizio del mese, quando la storia doveva ancora entrare nel vivo. A prima stagione conclusa, devo dire che mi è piaciuta molto: non tanto da entrare nel mio Pantheon personale, ma abbastanza da farmi desiderare una seconda stagione, anche perché la prima apre tutto e non chiude niente. La cosa interessante di questa storia è il suo essere interamente a trazione femminile: sono le donne a tirare le fila della vicenda, sono le donne a controllare il potere mistico e politico, a prendere le decisioni, a tramare e complottare e tradirsi a vicenda. Gli uomini e le loro organizzazioni sono complementari, di contorno, votati al sacrificio e gravati dal divieto di avere accesso all'Unico Potere. Chi si aspettava che La Ruota del Tempo potesse sostituire Game of Thrones sarà rimasto deluso, ma il funzionamento delle due serie è radicalmente diverso. La prima rovescia le strutture di potere rispecchiandole in un mondo dominato dalle donne, la seconda è un'allegoria del mondo che conosciamo, e per questo ci sembra andare più a fondo. Entrambe fanno affidamento a personaggi archetipici (il predestinato romantico, il gruppo di amici inseparabili, la donna forte e tormentata e quella che lungo il viaggio scopre il suo potere, i guardiani poetici) e ad altri che lo sono meno; La Ruota del Tempo è anche più influenzata nella realizzazione dalla richiesta di varietà nella rappresentazione di gruppi etnici e religiosi, in modi che a volte risultano organici perché intrinseci alla narrazione (la popolazione nomade Tuatha'an, pacifica e pacifista, e tuttavia oggetto di discriminazione e leggende metropolitane) e a volte sono buttati via, come il velo sulla testa di alcune sacerdotesse Aes Sedai, che non viene mai spiegato e che finisce per depotenziare il significato del suo analogo nel nostro mondo, trattandolo come un pezzo di stoffa e non come un simbolo di devozione. (Poi magari le donne musulmane avranno tutt'altro da dire in proposito, questa è solo la mia percezione ed è ovviamente più che discutibile.)
Un libro
È arrivato a casa dei miei genitori nei pochi giorni in cui ero riuscita a tornare a casa mia, per cui non l'ho ancora letto, ma Il grande amore della tua vita sei tu di Florence Given (edito da Atlante) mi sembra una grande lettura per due tipi di donne: le molto giovani o le adulte con grandi problemi relazionali e che faticano a definire i propri confini all'interno di un sistema patriarcale che impone doveri senza garantire diritti. Il titolo originale, Women Don't Owe You Pretty, è molto più imperioso e centrato sul messaggio finale da far arrivare alla società intera: le donne non ci devono la loro bellezza. Il titolo in traduzione è più intimista e romantico, e lascia pensare che la reazione individuale sia la cosa importante, ma non è un titolo disonesto, perché il libro di Given parla di cosa possiamo fare noi, nella nostra vita, per liberarci dalle costrizioni di un sistema che ci vuole carine, silenziose, accoglienti e sottomesse, e poi ci dà la colpa di quella sottomissione.
Come sempre, il link rimanda allo shop Tlon, con cui ho un rapporto di affiliazione: se compri il libro da qui, io prendo una piccola percentuale sulle vendite e tu ricevi un libro bello in un pacco bellissimo da una libreria indipendente. A questo proposito...
La putenz' di Rai 3
La newsletter era pronta da un po' (stavo aspettando, appunto, il link allo shop di Tlon) e io ero al telefono con Roberto Tallei di Sky TG24 per un collegamento che facciamo stasera alle 19.40 durante la sua trasmissione, Mondo. Quando ho staccato ho scoperto che stava andando in onda la replica di Quante Storie in cui ero ospite, e l'intera famiglia la stava guardando a televisori unificati. Mio nipote Davide adesso pensa che io faccia la "scalatrice", cosa che mi pare un miglioramento rispetto a due giorni fa, quando pensava che facessi la "tettrattrice" (no, non lo so neanche io).
Quante storie 2021/22 - Specchio delle mie brame - Video - RaiPlay — www.raiplay.it L'aspetto estetico può essere ancora un fardello pesante, che condiziona l'esistenza delle donne molto più di quella degli uomini. La scrittrice Giulia Blasi, ospite di Giorgio Zanchini a Quante Storie, racconta la storia di un corpo etichettato come brutto, indagando gli stereotipi maschili che, ancora oggi, continuano a condizionare le regole della nostra società.
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Va bene, ho finito, scusa il ritardo! Ci risentiamo nel 2022.
Giulia