Giulia Blasi | Servizio a domicilio - Un po' di fatti miei
Questa settimana: mi ero messa in testa un'idea meravigliosa, ma non mi ricordo più quale fosse. Anche: inauguriamo una nuova rubrica?
Avevo avuto un'idea bellissima per la newsletter! Giuro! Mentre mi asciugavo i capelli! E invece non me la ricordo più. Si vede che non era così bella, 'sta idea, se m'è scappata di testa nel tempo che mi ci è voluto per farmi la piega alla frangia e andare - tutta pettinata, ci mancherebbe - a nutrire l'asinello (o asinella, non saprei) che i miei nipoti chiamano Lulù, e che quando ci vede arrivare, avanzando cauti lungo gli stretti sentieri fra una piantina di soia e l'altra nel campo che divide il suo recinto dalla strada, raglia fortissimo e con grande gioia. Conosce i miei nipotini ed è molto felice di mangiare i pezzi di mela e le carote che gli vengono porte attraverso la rete metallica.
Chissà cos'era, quell'idea fantastica. Boh. Tocca accontentarsi di un po' di fatti miei: finalmente ho ricevuto dalla mia editor la telefonata che dopo più di un mese dalla consegna pensavo non arrivasse più, e per quanto provassi a non pensarci, l'idea di avere fallito girava in background nel mio cervello. Il fallimento di un libro, nel senso di: consegni un libro talmente brutto che la tua editor ti dice che è da rifare da cima a fondo, è sempre una possibilità. Quello che esce in autunno sarà il mio [conta sulla punta delle dita, sguardo rivolto in alto] ottavo libro, il settimo con un editore major, senza contare i contributi alle antologie o le raccolte di post buffi fatte con gli amici senza pensarci troppo, il terzo con Rizzoli. Non ha ancora neanche un titolo definitivo, è il secondo che ho scritto nei mesi di massimo confinamento della pandemia, spero pure che sia l'ultimo e a quanto pare, dai, ce l'ho fatta di nuovo.
L'altro motivo per cui, probabilmente, mi sono dimenticata quella favolosa idea che avevo avuto e che non c'entrava niente con l'attualità, e quindi era ancora più favolosa ma forse era pure una cazzata, è che i miei nipoti mi stanno risucchiando in una vita di campagna fatta di alti (dare da mangiare all'asinello) e bassi (farsi mangiare le caviglie dai tafani per portarli a dondolare sull'altalena). L'altalena in sé è una bella storia: costruita, anzi, costruite (sono due, una per piccoli e una più alta per bambini più grandi) da un signore del vicinato in un pezzo di terra accanto a casa sua, erano in disuso perché figli e nipoti sono ormai cresciuti. Davide e Alessandro sono stati invitati a usarle quando vogliono. I miei nipoti stanno a quelle altalene come i bambini più piccoli stanno ai giocattoli abbandonati in Toy Story 4.
Mi si nota di più se mi inginocchio...
Stavo pensando di introdurre qui una rubrica periodica dal titolo "Spiegazze gratis", e la prima spiegazza sarebbe stata dedicata alla Nazionale di calcio e al pastrocchione sul'inginocchiamento agli Europei. Che però fino a domenica era un pastrocchione, oggi è direttamente un epico, gigantesco merdone, e non vale neanche più la pena spiegare come i simboli - e quindi anche il gesto di inginocchiarsi - funzionino nel complesso e nel contesto delle azioni, delle parole e dei segni, e che quindi inginocchiarsi dopo aver dimostrato di non aver capito perché ci si inginocchiava era quasi peggio che non inginocchiarsi. Alla fine sono riusciti a mettere fuori un comunicato in cui due sono le cose: o ci hanno detto che non hanno capito un cazzo di cosa sia Black Lives Matter, o ci hanno detto che l'hanno capito e non sono d'accordo con l'idea di essere antirazzisti, perché loro sono razzisti. Nel giro di due settimane, la Nazionale più forte che si sia vista da un pezzo a questa parte ha preso il sostegno e l'affetto di un sacco di gente e li ha dati al gatto. Io non so chi siano i loro consulenti alla comunicazione, però ecco, se fossero mezzi seri forse un pensierino sulle dimissioni ce lo farei.
La cosa fantastica mi verrà in mente cinque minuti dopo aver chiuso questa newsletter. Pazienza. Intanto: la spiegazza la teniamo?
A martedì prossimo!
Giulia