Il Blue Monday non esiste
Questa settimana: titolo clickbait per una newsletter ad alta concentrazione di politica, un'idea che vi butto, e una serie che ho finalmente finito
Lo dicevo io, che Blue Monday era la settimana scorsa, alla faccia della statistica e del capitalismo che ci deprime per poi spingerci ad alleviare la depressione con il consumismo. In effetti ieri ero oberata ma molto meno afflitta rispetto al primo lunedì dopo le vacanze, e tipo due ore dopo che avevo aperto il computer per leggere le notizie mentre facevo colazione è arrivata la notifica di Ultim’ora: avevano preso Matteo Messina Denaro. Il Monday era decisamente un po’ meno blue.
Da quando mi sono iscritta al gruppo Telegram di Ultim’ora, sono diventata quella che annuncia i morti, le tragedie, gli assalti e le catastrofi perché mi arrivano via notifica sul cellulare qualche minuto prima che la notizia arrivi sui social. Se soffri di FOMO, è un valore aggiunto: però qua finisce che tutte le sfighe passano attraverso di me. Quindi: muore Mihajlovič? C’è qualcuno che lo viene a sapere da me. Muore Vialli? Sempre da me. Un manipolo di bolsonaristi prende d’assalto il Parlamento brasiliano? Eccomi. La cattura di Matteo Messina Denaro è uno di quei rari casi in cui il gruppo Telegram mi rende portatrice di buone nuove. Quindi: evviva.
La giornata poi si è chiusa in una maniera che più Pigneto/Torpigna non si poteva: una delle nostre pizzerie di riferimento, da tempo chiusa per ristrutturazione, ha riaperto ingigantita con una festa in cui offrivano da mangiare e da bere (pizza, supplì e due tipi di pasta, per far contenti anche i vegani) e pompavano musica da villaggio vacanze. La pizza è sempre ottima, anche la pasta si difendeva, e la pizzeria da Simone di via Pietro Ruga spigne sempre. Questa nel marketing si chiama earned advocacy.
Il punto sulla Costituente del PD
È un po’ che non parlo di questa cosa che sto facendo, e che ovviamente è continuata anche mentre non ne parlavo. E se da un lato alcuni problemi rimangono (le riunioni alle nove di mattina te le puoi permettere se alle nove di mattina non lavori, o se puoi posticipare il lavoro in modo da liberarti quelle due-quattro ore, a seconda), dall’altro questo processo costituente è la cosa che da anni dico che non si faceva più, vale a dire l’elaborazione politica all’interno dei partiti.
Non esagero, o meglio, non penso di esagerare. Gli ultimi vent’anni ci hanno messi di fronte a una politica fatta di interventi emergenziali privi di un ragionamento di lungo periodo, quando non direttamente a una politica frutto di ragionamenti non chiusi e non compiuti, tutti emotività e niente pianificazione di lungo periodo, oppure proprio di nessun ragionamento che non siano gli interessi personali del capo di turno. I partiti, in quanto organizzazioni che aspirano a rappresentare le istanze politiche presenti nella società, dovrebbero anche agire da collettori, da luoghi dove si produce una sintesi di quello che altrimenti rimarrebbe sparso e frammentario, poco omogeneo. Certo, ci piacerebbe che il PD e le altre forze di opposizione si attivassero per contrastare le politiche approssimative e l’incompetenza di gran parte del governo in carica, ma è difficile farlo senza chiarirsi le idee.
Forse sto facendo una supercazzola, eh, e forse ‘sto manifesto ce lo diamo in faccia due minuti dopo l’elezione del segretario, almeno in caso di vittoria di Bonaccini. Forse tutta questa elaborazione politica fatta alle nove di mattina si perde un attimo per strada il contributo di chi alle nove di mattina sta bestemmiando sul GRA, o è già al tornio, o sta ripulendo camere d’albergo. È un’elaborazione politica ancora molto borghese, lo dico senza timore di smentita pur non sentendomi io, nell’anima, granché borghese. Ma ci si prova, insomma, io ci sto provando, ci stiamo provando, anche con una certa veemenza. Quella cosa dell’autodeterminazione che dicevo qualche settimana fa l’ho già ripetuta due volte. Vediamo se mi tocca dirla una terza volta, speriamo di no.
A proposito di politica
L’11 febbraio finisce Sanremo e il 12 si vota per le amministrative regionali in Lazio e Lombardia. Ora, io non sono molto incline a dire ai lombardi cosa dovrebbero fare, dato che in Lombardia non ci vivo: dico solo che votare per Fontana o per la sua assessora mi pare una mossa autolesionista. E non perché conosco Pierfrancesco Majorino e so che è una persona seria, pure troppo. Ma solo perché in Lombardia la gestione Fontana ha fatto una quantità di morti completamente fuori scala durante la pandemia, e la sanità lombarda continua a essere un disastro infiocchettato.
Però io vivo nel Lazio. E sul Lazio voglio dire una cosa che forse ho già detto, anzi due: una che ho detto e una che non ho detto, ma non in quest’ordine.
Domenica sono andata all’evento di lancio della campagna elettorale di Marta Bonafoni. Marta era ed è la mia presidente di Regione aspirazionale: è calda, simpatica, ascolta le persone, è competente, ci mette passione ed è una che davvero vuole fare funzionare le cose. La candidata non è lei, ma lei è capolista a Roma per la lista civica di Alessio D’Amato, attuale assessore alla Salute della Regione e persona che vista dal vivo fa tutto un altro effetto rispetto a quando sta sui social o in televisione. Si vede che gli piace parlare con la gente avendocela davanti, mentre le telecamere, a occhio, lo rendono nervoso.
Allora.
Qui non si tratta solo di decidere se lasciare o meno la Regione nelle mani di chi fa già parte della squadra che se n’è presa cura dopo commissariamenti, ruberie e altri e vari danni arrecati da una destra scriteriata e priva di una classe dirigente presentabile (nelle liste di Rocca, il candidato di Fratelli d’Italia, c’è gente di Casapound: vogliamo proprio così tanto i fascisti nel palazzo della Regione? Non ne abbiamo avuto abbastanza le altre volte?). Si tratta proprio di votare per gente che ha un dialogo avviato con le realtà regionali, e che può fare ancora meglio. Si tratta di sostenere uno dei pochi assessori regionali ad aver capito presto che il Covid nel Lazio poteva essere una carneficina, ad avere approntato le misure necessarie a contenere il più possibile l’epidemia, e ad aver comunicato quello che succedeva giorno dopo giorno.
I miei genitori vivono in Friuli, regione ricca che vanta una sanità organizzata e per lo più efficiente. O meglio: lo era fino a prima del Covid. Mentre qua nel Lazio noi ci vaccinavamo a tutta callara a ogni angolo di strada (posto più lontano da casa dove ho fatto una dose: Pietralata, ed è stato un errore mio, perché non ho controllato le disponibilità in centri più vicini), i miei per vaccinarsi hanno dovuto aspettare settimane, chiedere a destra e a manca, e infine andare a fare la fila a 40 chilometri di distanza. Tamponi a prezzi calmierati: introvabili in provincia di Pordenone (qui: letteralmente sotto casa, in quasi qualsiasi farmacia). A me basterebbe questo, sono sincera. Il fatto che Marta sia capolista a Roma (e che tutte e cinque le liste abbiano a capo delle donne, fra cui a Latina Valeria Campagna, altra sorella di femminismo) mi fa pensare che votare per D’Amato sia il modo più sicuro per non cadere nel gorgo dei conservatorismi feudali che le destre portano ovunque amministrino un territorio.
Insomma, lo so che lo dico sempre: bisogna andare a votare, e pazienza se è proprio il giorno in cui siamo ancora rincretiniti dopo Sanremo e c’è zia Mara che ci aspetta, ci si va la mattina e il pomeriggio si guarda zia Mara. Per una volta non si tratta di tapparsi il naso e votare i meno peggio, ma di votare un progetto che abbiamo già visto all’opera, e che almeno una volta ci ha salvato le chiappe.
Dillo a zia
La settimana scorsa ho lanciato un microsondaggio per capire quali contenuti potrebbero piacere a chi è iscrittǝ alla newsletter e anche per capire se ci siano modi per rendere questa newsletter più sostenibile dal punto di vista economico (perché per scriverla ci metto un sacco di tempo!) Ci sto ancora ragionando, ma intanto il podcast ha stravinto. Premesso che mi sembra difficile a questo stadio far uscire una puntata a settimana, l’idea su cui sto ragionando da un po’ è una cosa da giardino ma che potrebbe essere divertente.
La seconda premessa è questa: dato che capita spesso che la gente mi scriva per chiedermi consigli sulle cose più varie (e che quando facevamo Pronto Soccorso Femminista su Instagram era sempre un delirio di domande), potremmo rifarlo in forma di podcast. Le domande possono essere inviate a sentimento via mail o qui nei commenti, chi scrive mi dice come vuole essere identificatǝ (per nome? Con uno pseudonimo?) e io ci provo. Garantisco: anzianità, no moralismo, femminismo, direttezza, se non lo so vi dico che non lo so, non gioco a fare l’eroina con le vite della gente.
Se ne arrivano abbastanza, si fa. Non so come e non so quando, ma ci si prova, dai.
Una cosa che ho (finalmente) finito
Abbiamo visto Prisma in due spezzoni a qualche mese di distanza, perché ci mancava sempre il tempo per finirla e nessuno dei due voleva andare avanti senza l’altro, quindi c’è voluto un po’ per sincronizzarci. Confermo la prima impressione: è una serie strana, delicata e con un ritmo lento da anime anni ‘80, che non racconta l’adolescenza o gli adolescenti ma dei personaggi che sono anche adolescenti, con tutto quello che comporta in termini di limitazioni del movimento, genitori che si mettono in mezzo (a torto o a ragione, per lo più a ragione) e purissimo Sturm und Drang che è un classico di quell’età. Sono gente, però, non pupazzetti o simboli di malessere o portatori di "problemi” che vengono risolti in maniera pulita e con la soddisfazione di tutti. Prisma non è una serie educativa, i personaggi non sono divisi in buoni e cattivi, i comportamenti scorretti non sempre vengono sanzionati e non tutti i fili vengono annodati (anche perché c’è spazio per una seconda stagione). Mi è piaciuta molto.
Ci risentiamo la settimana prossima!
Giulia
Prendo nota su prisma, aspetto il podcast 😀☺️
Qual è il canale telegram ? Se possibile link :) Grazie mille
PS davvero complimenti, scoperta da poco ma una grande scoperta!