La newsletter della Liberazione
Questa settimana: buon 25 Aprile, Lucha y Siesta va a processo, il difficile rapporto fra il governo e la qualità, e una manciata di podcast molto belli.
Tanto per cominciare, buona Liberazione. La newsletter esce anche oggi, ma mentre la leggi io probabilmente sarò in corteo, o comunque da qualche parte a mettere il corpo nel mio antifascismo. Non serve che spieghi perché, dico solo che quest’anno è più che mai necessario, e lo sarà finché esisterà chi dice che la liberazione dal nazifascismo è una questione “divisiva”.
Metto in apertura anche un appello a un’altra cosa importante. Domani, 26 aprile, la casa delle donne Lucha y Siesta va di nuovo a processo, nella persona della sua presidente, per l’occupazione dello stabile che ormai è stato già assegnato all’associazione dalla Regione Lazio. È la seconda udienza di un processo surreale per molti motivi: l’occupazione non è avvenuta a fini commerciali, la casa delle donne fornisce servizi alla collettività da più di un decennio, ed è di fatto un bene che è stato restituito alla comunità, come riconosciuto anche dalle autorità regionali (a dispetto dell’ostinazione con cui l’amministrazione Raggi le voleva sfrattare). Ci sarà un presidio davanti al Tribunale di Roma, a piazzale Clodio, a partire dalle 13.00 (io lavoro, non so se ce la farò a passare, ma ci provo). Le donne della casa ci chiedono: come sarebbe il mondo se Lucha y Siesta non ci fosse? Io credo che sarebbe un mondo meno sicuro, meno accogliente, molto meno creativo, molto più povero.
C’era una canzone degli Amari di qualche anno fa che faceva “Io odio le gite fuori porta, io vengo da te per litigare”, ed è - non so perché - la cosa che mi torna in mente ora che ripenso ai miei due giorni di gita fuori porta, prima a Terni per un incontro alla Casa delle Donne in cui ho parlato di Scintilla nel buio (a proposito, grazie a
per lo shoutout nella sua newsletter, Casa Lamarta, ideale per chi ama i gatti, le ricette facili e i consigli su cosa guardare alla televisione), poi al Festival del Giornalismo di Perugia, per un panel sulla situazione dei diritti in Italia (che si può rivedere al link) insieme a Giulia Siviero, Elena Tebano e Alice Merlo.La canzone degli Amari mi torna sempre in mente perché io amo le gite fuoriporta, sia quelle in compagnia sia quelle da sola. C’è stato un lungo periodo della mia vita in cui ho odiato guidare, non volevo farlo mai, e ancora oggi se qualcuno guida al posto mio non è che mi lamenti. Però da qualche anno ho cominciato a godermi i viaggi in cui sono al volante come momenti di libertà in cui non guardo il telefono, non leggo la posta, non ci sono i social, c’è solo la musica oppure ci sono i podcast (poi ci torno, perché appunto: ne ho ascoltati diversi) e se va bene fuori c’è la primavera, e il sole, e la strada che corre fra le colline e le città arroccate sui cocuzzoli. Non mi capita spesso di poterlo fare: per lo più mi sposto in treno, soprattutto sulle lunghe distanze, ma quando capita è un momento di grande benessere. Per dire: nella vita si cambia. Anche parecchio.
Certe cose, invece, non cambiano mai. Tipo i calendari che trovi in certi bar di Terni che si danno arie da posti di classe, ma hanno i cornetti di gomma e il maschilismo in bella mostra davanti alla cassa.
“La qualità è una merda!”
La campagna #opentomeraviglia lanciata dal Ministero del Turismo è stata sviscerata in lungo e in largo, e mentre scrivo probabilmente stanno uscendo chissà quali altre perle. Ha ragione Francesco Costa a dire (come ha fatto durante Morning ieri mattina) che prima di criticarla bisogna ricordarci a chi è diretta, e che i soldi che costa non sono i soldi della creatività, o comunque non solo. Però: brutta è brutta. Brutta dal punto di vista artistico, della realizzazione, dell’approssimazione con cui è stata messa online. Bruttissima.
Non è la prima campagna di promozione del turismo in Italia partorita dalla nostra classe dirigente: chi ricorda l’ormai defunto Verybello.it sa che i costosi flop sono una costante. Se c’è un problema che l’Italia non ha, soprattutto in questo momento in cui grazie a The White Lotus e un po’ anche ai Måneskin sembriamo il posto più fico del mondo, è quello di garantire un flusso costante di turisti nelle città d’arte. Provate a chiedere ai veneziani come vivono l’invasione di quei pochi chilometri quadrati di marciapiedi fra i canali o di come la proliferazione dei B&B abbia fatto schizzare alle stelle gli affitti in tutti i luoghi di interesse, da nord a sud. Il turismo di massa è più un problema che un’opportunità, e sarebbe forse utile e intelligente incanalarne una parte verso località meno trafficate, con operazioni che non le trasformino in dormitori per turisti ma che possano far rifiorire economie morenti e ripopolare borghi in declino.
Invece no, si spinge sempre su Venezia, Roma, Firenze, per giunta con una campagna in cui la povera Venere di Botticelli viene trasformata in una influencer microcefala che fissa dolente il vuoto oltre lo schermo del suo telefonino. Nove milioni spesi bene? Mah. Forse.
O forse, tanto per cambiare, siamo di fronte all’ennesimo esempio dell’approssimazione con cui il governo Meloni affronta il compito di amministrare il paese. L’attuale compagine governativa è il peggior nemico possibile dell'idea che studiare, aggiornarci, acquisire delle competenze e fare del nostro meglio sia importante per ottenere buoni risultati per noi e per gli altri. Ci pensavo - e l’ho scritto su Twitter - quando il ministro Lollobrigida ha precisato che quando ha parlato di “sostituzione etnica” durante un evento pubblico non sapeva di fare riferimento a una teoria elaborata e promossa dai nazisti per sostenere le loro politiche di genocidio. No, lui è ignorante.
È ignorante, dice. Non razzista. Ignorante.
Potremmo dire tante cose, argomentarla a lungo, ma il succo è questo: è inutile fare le cose per bene, facciamole pure a cazzo. Non fa nessuna differenza. Non sanno più come comunicarcelo, che quello che conta è solo avere amici e parenti nei posti giusti, perché la qualità di quello che abbiamo da offrire è irrilevante. Conta solo il potere, quello a cui ci affiliamo o quello che abbiamo acquisito.
Non studiate, ve lo dice il governo. La competenza è sopravvalutata. Si può fare il ministro anche essendone sprovvisti.
Lollobrigida non sa di cosa parla, ripete frasi vuote senza conoscerne le origini. Oppure: Lollobrigida mente, sapeva benissimo cosa stava dicendo ma non ha problemi a farsi passare per ignorante, perché tanto, appunto, che ci vuoi fare? È ministro, mica lo levano da lì perché è ignorante, o razzista, o entrambe le cose. Non studiate, davvero, non serve a niente: il governo non sa più come farvelo capire. Trovatevi un parente potente, o un modo per diventare potenti. Agganciatevi al treno giusto. Accumulate follower, anche facendo schifo. Vale tutto.
Siamo agli ultimi posti in Europa per tasso di formazione scolastica a tutti i livelli, i nostri laureati scappano all’estero perché in Italia sono sottopagati e costretti al precariato. Gli stipendi sono congelati, la produttività bassissima, la burocrazia infernale, i processi aziendali lenti e ancorati a una mentalità novecentesca. Per crescere ci servirebbe fare esattamente il contrario, aumentare il numero di laureati, investire sull’istruzione, contrastare la dispersione scolastica, migliorare la formazione, tutelare il lavoro e i lavoratori. Faremo tutto il contrario, perché vent’anni di martellamento contro la formazione e la competenza stanno dando risultati tangibili: l’incompetente fedele alla linea è favorito. I Cinque Stelle, che ora si sentono coraggiosa opposizione, sono i primi responsabili di questa deriva: con la storia dell’uno vale uno, hanno riempito il Parlamento di gente impreparata a svolgere il compito di cui era incaricata. Adesso dovrebbero fare come minimo un po’ di autocoscienza, e invece.
C’è da dire che nessuno come la teoria di potentissimi cialtroni che ci sfila sotto gli occhi anno dopo anno ci aiuta a contrastare la sindrome dell’impostore. Buttiamo gli standard dalla finestra, facciamo le cose come viene, proviamoci: cosa abbiamo da perdere? Se certi personaggi possono essere ministri, che senso potrà mai avere questa nostra percezione di inadeguatezza? Facciamo tutto a cazzo de cane! Va bene uguale! René Ferretti spirito guida!
Qualche podcast
Nelle settimane scorse ho finito tutta la prima stagione di Catch Him If You Can, un podcast dedicato alla vita e alle mille personalità fraudolente di Marcel Vautour, esperto in truffe sentimentali e in generale nell’arte di approfittarsi delle fragilità altrui. La storia è stata ricostruita attraverso le testimonianze di alcune delle sue vittime, tre delle quali hanno anche co-prodotto il podcast. Una storia angosciante, perché dimostra quanto è facile cadere vittima di manipolazione psicologica. Vautour, che usava diversi alias (Marc, Marcel, Andre, Dre, Andy) è riuscito a sfuggire alla giustizia canadese per decenni, approfittando della scarsa comunicazione fra le autorità provinciali di un paese vastissimo e dell’ancora più scarsa propensione a prendere sul serio le donne che denunciano una truffa. Se dovessi dire qual è la morale che ne ho tratto, è questa: non fidarsi mai di chi dichiara grande amore dopo poco tempo.
Nel corso delle mie gite fuoriporta ho ascoltato (su consiglio di
, che però ha la newsletter su Tinyletter: si chiama Podcastini) Babbo Bastardo, dal quale - sarò sincera - mi aspettavo di più in termini di qualità, anche se le storie di padri di merda che racconta sono abbastanza incredibili.Mi sono piaciuti molto, invece, due podcast di Chora Media: il primo, A fari spenti, (narrato da Francesco Oggiano) è la storia di come il personale delle sovrintendenze e la dirigenza dei musei lavorò prima con il regime fascista e poi a dispetto del suddetto per mettere in salvo il patrimonio artistico italiano. Una bellissima storia, ancora non terminata, che vede protagonisti uomini e donne con una sola missione: salvare libri, dipinti e altri manufatti artistici dai saccheggi e dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. L’ho trovato molto utile anche come ripasso della sequenza di eventi che portarono alla fine della guerra e alla Liberazione, per cui lo consiglio vivamente.
Altrettanto utile come ripasso di qualche decennio di storia, ma da tutt’altra prospettiva, è Un viaggio dispari, che sto consigliando anche alle mie classi di AANT, perché riassume il viaggio (dispari, appunto) delle donne italiane alla conquista dei loro diritti. La voce narrante è quella di Cristiana Capotondi, e i contributi audio su cui sono costruite le puntate vengono dai filmati dell’Istituto Luce. Fa rabbrividire, ma in alcuni punti la similitudine con la retorica a cui siamo soggette anche nell’anno del Signore 2023 è fin troppo evidente. Formaggio secco ne abbiamo?
Date?
Eh, dai, qualcosa di nuovo per finire.
Mi si può ancora votare alla finale dei Factanza Awards, in cui sono candidata (a mia insaputa) nella categoria “Parità di genere”. Sono in ottima compagnia, devo dire.
Il 23 maggio nel tardo pomeriggio sono in diretta Instagram con Cristina Obber per chiacchierare dei rispettivi libri usciti per Il Battello a Vapore: il suo si intitola Era solo un selfie.
Il 15 giugno sono a Parma per la manifestazione Scintille d’estate (il programma non è ancora uscito, diciamo che questo è un anticipo). Fa un po’ ridere che parlerò di Scintilla nel buio, non è stato fatto apposta, giuro.
Il 16 da Parma vado a Mare di libri (anche qua sto un po’ bruciando il programma, ma fa niente, dai).
Il 10 giugno c’è il Roma Pride, non faccio niente che non sia andarci, ma per me è uno dei giorni più belli dell’anno e il Pride di Roma è sempre il mio preferito.
Ce ne sono altre, ma per ora va bene così.
Buon 25 Aprile. Maiuscolo. Com’è giusto per le feste.
Giulia
Sempre fantastica la tua newsletter!
Grazie infinite.