Parlare, scrivere, parlare, ascoltare
Questa settimana: ode alla pigrizia, molta politica, e una caterva di libri.
Novembre è finito, e posso dire? Meno male.
In questi giorni in cui tutto si è accavallato a livelli vertiginosi, è stato più che mai difficile praticare la pigrizia. La pigrizia, ho capito, è la cosa che mi permette di fare le cose quando le devo fare; la pigrizia è la modalità risparmio di energia del cervello. Nella pigrizia mi ricreo. La creatività vera e propria è più legata alle attività fisiche o manuali, tipo correre o fare le pulizie. Ma la pigrizia, ah, quanto mi è mancata la pigrizia nelle ultime due settimane, signora mia.
Fra l’evento (bellissimo) di ActionAid, i dieci minuti di orologio con Lorenzo Gasparrini all’evento online di TIM per 4 Weeks 4 Inclusion (visibile qui, bisogna registrarsi) e l’intervento dell’1 dicembre a Terziario Donna di cui ho incluso una pregevole istantanea che mi vede arringare il pubblico delle imprenditrici in tuta da meccanico (qui il testo originale, poi ampiamente improvvisato), più la riunione di insediamento della Costituente del PD (sulla quale non dirò niente adesso, ma poi vedremo), e l’annuncio della candidatura di Elly Schlein a segretaria del Partito Democratico, di tempo per essere pigra me ne è rimasto pochissimo. Nel frattempo ho anche finito di editare il romanzo che uscirà a marzo, di cui anticipo solo che sarà un middle grade (cioè rivolto a un pubblico di giovanissime, femminile usato non a caso), e che mi sono divertita moltissimo a scriverlo.
L’elefante nella stanza
Leviamocelo dai piedi: sì, come dicevo ero all’incontro di lancio della campagna di Elly Schlein. No, non posso essere obiettiva: la conosco da anni, ho stima di lei, penso che la sua sia una candidatura credibile, e lo pensano anche i suoi avversari, a giudicare dalla molteplicità di attacchi che le stanno arrivando in queste ore, soprattutto da sinistra. Ai compagni maschi vorrei solo ricordare che anche se ci mettono molte parole intorno, la misoginia si vede. Per il resto, al momento l’unica cosa che mi viene da dire è che la scelta, mi pare, è fra diversi modelli di leadership: quello chiuso dell’uomo solo al comando, alla guida di una squadra di fedelissimi e con un’idea muscolare in testa, e quello aperto alle proposte, alla costruzione di un percorso, all’ascolto delle diverse posizioni. Se devo dire cosa preferisco, è decisamente il secondo; se devo scommettere su chi sia più propensǝ ad adottarlo, questa è la foto che ho fatto al Monk il giorno del lancio.
A proposito di libri
Da Dublino mi sono portata Did Ye Hear Mammy Died? di Séamas O’Reilly. Una storia che inizia con la morte dell’amatissima madre dell’autore, appena cinquenne, poteva essere una storia tristissima, terribile, da strapparsi il cuore: e invece diventa la storia di una famiglia e di un amore, quello grande, meraviglioso e indistruttibile di Joe, padre vedovo di undici figli (tanti anche per i cattolici nordirlandesi, specifica l’autore), per quella nidiata di ragazzini voluti dal primo all’ultimo. Ed è anche un libro che bilancia lo strazio della morte lenta e insensata di una donna ancora troppo giovane con le risate di pancia che O’Reilly riesce a generare con il racconto della sua infanzia, fra i Troubles e il complicato esercizio di equilibrio che è allevare undici figli senza perdersene neanche uno per strada (cosa che ogni tanto, purtroppo, succede). Mi è piaciuto moltissimo, anche se ho dovuto cercare in rete la pronuncia dei nomi di metà dei personaggi. Non è uscito in Italia, che io sappia, ma lo segnalo (con un link ad Amazon) perché magari qualche editore ci vuole investire sulla scorta del successo di Derry Girls.
Sul versante “libri che mi impediranno di leggere altro per mesi”: ho iniziato (in versione originale) Il priorato dell’albero delle arance, perché ero stufa di sentirne parlare dalla community degli impallinati di fantasy. Gli sto dando tempo, perché mi dà la sensazione di essere uno di quei romanzi che hanno bisogno di essere assorbiti poco a poco, entrando nelle logiche del mondo che disegna. Molto fantasy tradizionale, per ora, figlio lontano di A Song of Ice and Fire, ma vediamo.
Il problema, come dicevo, è che essendo un mattonazzo (Kindle stima il tempo di lettura in circa 22 ore: calcolando che la sera mi abbiocco dopo massimo mezz’ora, a occhio lo finiamo nel 2023) non sono ancora riuscita ad attaccare niente di quello che ho impilato sul comodino (e per terra, e sul divano, e nella libreria dove appoggiamo le cose che non sappiamo dove mettere, e insomma AIUTO). Quelle che seguono, quindi, sono segnalazioni di cose che non ho letto, al massimo sfogliato, ma che mi sembrano interessanti.
66th and 2nd ha appena pubblicato in Italia Just Us di Claudia Rankine, tradotto da Francesco Pacifico. Come testo è un oggetto bizzarro e interessante, che mescola poesia, saggistica e iconografia e usa una tecnica molto interessante per creare una sorta di ipertesto simile a quello che si potrebbe trovare in un articolo pubblicato sul web. È anche un libro molto interessante sulla questione razziale (uso questo termine malvolentieri, perché è un calco dall’inglese: le razze umane non esistono) in America, che affronta fra le altre cose il concetto di “bianchezza”.
Per VandA è uscito tempo fa Sovversive di Miki Agrawal, che consiglio sulla fiducia perché anche se sembra essere rivolto in prevalenza alle donne cisgender, mi sembra anche elastico a sufficienza da consentire alle donne trans e alle persone non binarie di leggerlo e trovarci dei punti di interesse. All’intersezione fra il saggio e il manuale di auto-aiuto, il testo offre degli “esercizi di sovversione” per le donne che vogliono uscire dalla gabbia degli stereotipi di genere. La prefazione di Laura Corradi offre una prospettiva interessante anche sulle mancanze e i limiti del testo, per cui come lettura si può dire piuttosto completa anche nella sua incompletezza.
Infine: si parla spesso dell’assenza delle donne dalla storia dell’arte (e in generale dai programmi scolastici). Melania G. Mazzucco, autrice del bellissimo L’architettrice, firma per Einaudi Self-portrait, un’antologia di artiste che si presenta in un bellissimo formato hardcover a metà fra il libro regolare e il coffee table book. Da regalare alla giovane appassionata d’arte che si domanda se per essere esposta in un museo deve essere nuda, o non se ne fa niente. Ma da regalare pure al giovane appassionato d’arte che pensa che le artiste non esistano proprio.
Infine
La settimana scorsa su La Svolta ho tirato i pomodori al ministro Valditara. Qualcosa mi dice che è la prima e non certo l’ultima. Clicca sull’immagine per leggere il pezzo.
Ci sentiamo la settimana prossima! E vai a farti la dose booster, ché qua la vedo brutta.
Giulia