La gestione dello sconforto
Questa settimana: cosa si può fare quando tutto diventa troppo, un referendum per cui firmare, dubitare di Sangiuliano come se fosse una donna, e qualche data in giro per l'Italia
Sabato mi sono seduta e ho fatto il conto solo delle cose che riuscivo a vedere: il DDL Sicurezza, che stritola le libertà civili e mette i detenuti in una condizione di vulnerabilità assoluta, costretti a sopportare in silenzio e senza protestare non solo le condizioni vergognose delle carceri ma anche i pestaggi delle guardie. Lorenzo Fontana che installa un teorico dell’ultradestra nella commissione per la selezione dei consiglieri parlamentari: Roberto De Mattei, che sulla scia del femminicidio di Giulia Cecchettin scriveva che per evitare i femminicidi bisogna “ritornare al patriarcato”1. Il parroco di Losson della Battaglia (abitanti: 1.205) che prima nega l’uso del campetto da calcio a una squadra femminile perché “la comunità non è pronta”, e poi GIURO GIURO SUL SIGNORIDDIO IN CUI EVIDENTEMENTE CREDO PIÙ DEL PARROCO dice che intendeva che c’è molta burocrazia, perché evidentemente dei 1.205 abitanti di Losson almeno 1.000 hanno una squadra di calcio e oh, tocca organizzarsi, c’è traffico. C’è il governo che lancia crociate contro “l’ideologia gender” e mette le mani sulle scuole, bloccando ogni introduzione di un’educazione sessuale e sentimentale di cui abbiamo moltissimo bisogno (e che forse non ci avrebbe risparmiato solo Filippo Turetta). E non avevo ancora contato Musumeci che dice agli emiliano-romagnoli di farsi un’assicurazione contro le calamità naturali e non rompere le balle.
Come ho detto in chat Democratiche: stanno cercando di prenderci per esaurimento. Contano sul fatto che se accumulano cose oltraggiose, orrende, in una parola: fasciste, il senso di stritolamento avrà la meglio, e ci lasceremo andare.
Rincorrere tutto non si può: ci sono cose macroscopiche, come il DDL Sicurezza, che ne contengono altre. Ma c’è un filo rosso che percorre tutte le porcate fatte da questo governo, ed è il desiderio esplicito di oppressione, di rivalsa, di vendetta, perfino. È inutile inseguire ogni singola merdata: bisogna tirarli giù con ogni mezzo. Sempre che non si tirino giù da soli, abbattuti dalla loro stessa sindrome di Dunning-Kruger.
Lo sconforto è normale. Anche a me prende, anzi, mi prende spesso. Mi capita con grande frequenza di pensare che è tutto troppo, che non ce la posso fare, che sono troppo grossi e vogliono davvero farci stare male, sia come soggettività che ritengano debbano rimanere in uno stato di oppressione allo scopo di mantenere l’ordine sociale e il privilegio di pochi, sia come avversari politici da cui si ritengono ingiustamente marginalizzati e ridicolizzati. Per fortuna mi ricordo anche che non sono sola, e che se io mi fermo per ricaricarmi ci sarà sempre un’altra sorella (o un altro fratello) che continuerà a correre con la palla. La mia risposta alla frustrazione è sempre l’azione: vado fin dove arrivo, dove non arrivo mi fermo. Non tutto dipende da me. Tutto dipende da noi, come collettività.
Però una cosa mi stanca molto più dei fascisti: le frigne, i “povera Italia!” i “Non c’è speranza!” di gente che non ha mai messo piede dentro un collettivo, un circolo di partito, un centro sociale, un’associazione. Nessuna delle persone che ha fatto o fa una di queste cose perde tempo a frignare. Il cambiamento non si genera dal nulla, è un lavoro collettivo e va fatto nella collettività, con la fatica che ci vuole e la soddisfazione che c’è nelle piccole e grandi vittorie. Va fatto, lo aggiungo perché ormai ne sono convinta, con il corpo e non solo con le card su Instagram, e meno che mai trattando la lotta come un mezzo di personal branding.
Il 25 settembre, alle 16.30, c’è un presidio dei sindacati davanti al Senato per protestare contro il DDL Sicurezza. Io vado. Finché si può, io manifesto.
Già che ci siamo: una cosa da fare subito
Hai firmato per il referendum sulla cittadinanza? Io sì. La richiesta è abbastanza semplice e di fatto non intacca il ginepraio di requisiti per diventare cittadini italiani, ma permetterebbe di accorciare i tempi per la richiesta: cinque anni di residenza stabile invece che dieci. Un po’ di sollievo dalla burocrazia per chi vive stabilmente in questo paese, anche se non la riforma radicale che ci servirebbe davvero, e che metta fine al ridicolo criterio dello ius sanguinis.
Da quando ho firmato (e ho fatto la card con la mia faccia usando una mia foto delle vacanze, si può ridere) il referendum è decollato e il server del Ministero è andato in crash diverse volte sotto il peso degli accessi: manca comunque davvero poco (l’ultima volta che ho controllato eravamo all’86%). Se tutte e tutti mettiamo il link nelle nostre chat di famiglia, sui nostri social e ovunque possiamo, il quorum arriva. Se ti senti pure artista, sul sito ci sono i materiali per fare le card con la tua faccia.
Abbiamo ancora cinque giorni. Firma anche tu! Serve lo SPID o altro sistema di identificazione univoca, ma bastano due minuti.
Ma lui, cosa aveva fatto?
È di qualche giorno fa la notizia che l’affaire Sangiuliano si è trasferito dalle cronache politiche a quelle giudiziarie: l’ex ministro ha denunciato Maria Rosaria Boccia per minaccia o violenza a corpo politico e lesioni personali, per averlo graffiato sulla fronte durante un litigio.
Premesso che menare le mani è una cosa che non si fa, a prescindere dal genere di chi le mena, mi sono domandata: e se trattassimo la denuncia di Sangiuliano con la stessa diffidenza che riserviamo alle denunce di molestie o violenza sessuale? Potremmo, per esempio, domandarci: come mai non ha denunciato subito? Perché ha aspettato? La distanza di tempo fra l’incidente oggetto di denuncia è piuttosto sospetto: sembra tutto calcolato per rovinare la reputazione di una brava ragazza che non ha fatto del male a nessuno. Ammesso e non concesso che sia stata lei, a fargli del male, o che il graffio fosse veramente un graffio. Alla fine, nessuno l’ha mai visto, e non ci sono i testimoni. Non è che Sangiuliano sta cercando di addossare la colpa di un incidente domestico a una che non c’entra niente, come rivalsa? E comunque, che noia questa abitudine degli uomini di gridare sempre alla violenza: dopotutto, non sappiamo cosa possa eventualmente avere spinto Boccia a reagire in quel modo. L’avrà portata all’esasperazione: e adesso si lamenta. Cosa ne sappiamo, di cosa ha fatto lui? E comunque, insomma: se apri la porta a gente senza scrupoli, poi non ti puoi lamentare se le cose non vanno come vorresti. Potevi scegliere meglio. Là fuori è pieno di brave ragazze educate e gentili e gli uomini scelgono sempre le malessere.
Potrei continuare, ma credo che si sia capito: Sangiuliano ha diritto di ricorrere alla giustizia, se è stato ferito. Sarebbe bello che la stessa cortesia fosse estesa anche alle donne che cercano di avere giustizia per una violenza subita, senza dover affrontare l’ulteriore violenza del dubbio e del discredito altrui.
Date!
Ci sono tre nuove repliche del tour di Brutta:
27 ottobre - Lecce, Officine Cantelmo
10 novembre - Viareggio, Festival Melosmente
13 dicembre - Arese (MI), Teatro Comunale
Io ci sono solo a Viareggio e ad Arese, mentre salto la data di Lecce per impegni pregressi.
Altre date:
26 settembre: Crema Beauty Days, incontro dal titolo “Bella? Brutta? Donna”, ore 21.00
28 settembre: Cose mai successe a Librixia (Brescia), ore 18.30
13 ottobre: Pisa, Internet Festival. Incontro dal titolo “Bios & Bias. Forme di resistenza contro discriminazione e diseguaglianza di genere online.” Centro Congressi Le Benedettine, 17.00-17.45.
17 ottobre: Roma, presentazione de L’età verde di Francesca Torre e Sara Malucelli alla Libreria Risma
19 ottobre: Firenze, Le Murate - Festival della transizione ecologica, ore 17.30-18.30
26 ottobre: Pordenone, Sala Capitol - Climax
27 ottobre: Portogruaro (VE), Libreria Mondadori, per una cosa sfiziosa che racconterò più avanti.
Ce ne sono altre, ovviamente, ma ci arriviamo.
A martedì prossimo!
Giulia
No, non metto il link, ma ho verificato: il post c’è. Si trova facilmente su Google, se volete sbirciare dentro l’orrore.
Grazie. E' veramente troppo, a volte. Ma possiamo essere tanto anche noi, stando insieme.
" Il cambiamento non si genera dal nulla, è un lavoro collettivo e va fatto nella collettività, con la fatica che ci vuole e la soddisfazione che c’è nelle piccole e grandi vittorie. Va fatto, lo aggiungo perché ormai ne sono convinta, con il corpo e non solo con le card su Instagram, e meno che mai trattando la lotta come un mezzo di personal branding." Grazie di esserci e di essere cosi' una bella testa pensante e scrivente!