Se segui questa newsletter da un po’, è probabile che tu sappia che spesso qui si inizia con il proverbiale Padellino di Fatti Miei1. Che oggi è questo: se hai notato che la newsletter ultimamente arriva tardi, è perché sto attraversando una piccola crisi della scrittura. Faccio fatica, ci metto troppo tempo, procrastino fino all’ultimo. Sono prosciugata, insomma, dal podcast a cui sto lavorando da mesi, ma soprattutto da Cose mai successe, che è uscito ormai ad aprile dopo essere stato consegnato in prima stesura a gennaio, e ancora non mi sono ripresa.
Sono cose che capitano, e non credo nemmeno che sia la prima volta che ho un periodo di blocco, in cui le cose che di norma mi vengono facili diventano difficili, complesse, più faticose del solito. L’idea che il mestiere della scrittura sia tutto ispirazione e zero disciplina è un’idea balorda, ma non è nemmeno vero il contrario: il mestiere della scrittura richiede ossigeno, pause, vuoto. Noia, anche.
Insomma, è possibile che per un po’ questa newsletter arrivi in maniera più balorda del solito. Pazienza. Sono periodi.
Cosa avevo detto? Eh?
Sono abituata (purtroppo) ad avere ragione sulla media e lunga distanza. Di solito è perché faccio previsioni facili, educate dall’esperienza, ma difficilmente capita che quello che dico diventi ovvio dopo pochi giorni da quando lo dico. Insomma, io martedì scorso dicevo (non per la prima volta) che il tentativo di far passare Meloni per icona femminista avviato da Il Foglio era ridicolo e disonesto. Lo stesso giorno, il caso Sangiuliano detonava nelle cronache e in pochissimo tempo rivelava la sua natura allo stesso tempo banale (il solito politico che cerca di piazzare l’amante in incarichi pubblici) e senza precedenti (l’ex amante che rifiuta di stare zitta e comincia a parlare attraverso i social prima, con la stampa poi, smentendo il politico in questione).
È una vicenda che ci rivela tantissimo di tante cose, anche al netto di eventuali illeciti. Più che di Sangiuliano, ci parla di un sistema del tutto normalizzato: difficile che nell’entourage del ministro nessuno sapesse che lui e Maria Rosaria Boccia avevano una relazione, e che Boccia, in virtù di questo rapporto, pensava di poter aspirare a un incarico di qualche genere. Se Sangiuliano non si è mai preoccupato di mantenere il segreto è perché questo tipo di comportamento, in certi ambienti, è roba di tutti i giorni; e lui non si sentiva affatto minacciato. Questa impunità è la prima manifestazione del potere, e lui, stando a Boccia, ne era del tutto conscio. Le avrebbe detto - e non è difficile crederlo: anzi, è piuttosto verosimile - che nessuno le avrebbe dato retta. Che l’uomo potente e con la reputazione specchiata era lui. Lei? Un’arrampicatrice sociale. Donna, per giunta. Parlare sarebbe stato l’equivalente di dipingersi un bersaglio sulla schiena.
Avanti veloce a sabato mattina, quando la donna che secondo Alessandra Bocchetti avrebbe “femminilizzato il potere”, l’eroina contemporanea che ha sfasciato il soffitto di cristallo a testate, la “donna libera” secondo Armeni, la “matriarca” di Salvatore Merlo, attacca Boccia in pubblico.
Chi sono i padroni dello spazio?
Meloni, come ho già avuto modo di argomentare, è priva di coscienza di genere. Questo non significa che non sia conscia di essere una donna, anzi: si fa scudo volentieri della sua identità di genere per promuovere una linea politica repressiva e punitiva contro le altre donne. Quello che intendo è che Meloni proviene da un retroterra culturale e politico che aborre la decostruzione dei ruoli di genere, e le donne sono incoraggiate ad assumere lo stile e gli atteggiamenti degli uomini, cioè di chi, nei millenni, ha scritto le regole del gioco. Rileggendo il pezzo che ho linkato, ho notato che anche io ho usato la stessa espressione, “ritagliarsi uno spazio”, ma solo quando l’ho vista usare da Meloni mi sono domandata il senso di questa figura retorica.
“Ritagliarsi uno spazio” presuppone che lo spazio di cui parliamo già esista, che sia dominato da qualcun altro, e che le donne possano solo “ritagliarsi” un accesso a quel mondo, non certo modificarlo, condividerlo o addirittura crearlo dal nulla. Lo spazio delle donne è uno spazio rubato, conquistato, che non è attribuito di diritto. C’è una lotta, dietro questa conquista, ma è sempre una lotta individuale, ogni donna per sé all’interno di un sistema che non viene mai messo in discussione.
Meloni, fra l’altro, è allergica pure ai più blandi pannicelli caldi fra quelli proposti dalle femministe borghesi, quello delle quote di genere2. Di promuovere altre donne non ne vuol proprio sentire parlare, ma del resto si è capito che la sua classe dirigente è composta solo di gente a lei fedele, non certo di persone competenti. Se il criterio di selezione è la fedeltà (o la parentela), la competenza passa necessariamente in secondo piano: se poi la capacità di valutare la competenza è comunque bassa, è la ricetta per il disastro. Meloni, quindi, è la prima responsabile - in quanto capo del governo - della perdurante tendenza degli uomini di potere che la circondano ad agire quel potere non per il bene della comunità, ma per soddisfare la propria vanità. Se in questa storia difende Sangiuliano e attacca Boccia, direi che abbiamo chiarissimo il livello del suo “femminismo”, care amiche femministe di un tempo che fu.
Una storia senza eroi (né eroine)
Maria Rosaria Boccia non è una santa né una povera vittima, intendiamoci: la cosa peggiore che possiamo fare, quando parliamo di questa storia deplorevole (per quanto molto divertente, dobbiamo ammetterlo, nel modo in cui è divertente tutto quello che ci causa Schadenfreude) è prendere le parti di uno o dell’altra. Sangiuliano ne esce come un ometto piccolo piccolo3, che prima mente facendo affidamento sulla probabilità che lei se ne stia zitta e buona, poi attacca i compagni di governo dicendo (più o meno) che là in mezzo c’è gente che fa molto più schifo di lui. Successivamente confessa piangendo davanti alle telecamere e sventolando fogli che dovrebbero provare la sua onestà, infine si dimette e ci tocca pure assistere alla messinscena delle donne del ministero che lo applaudono mentre se ne va.
Può fare la vittima quanto gli pare, sbandierare ritiri di preghiera insieme alla moglie con la stessa finezza di Mario Brega che offre le olive a Verdone in Borotalco, ma questo non gli farà guadagnare in reputazione. Del resto sono più che sicura che cadrà in piedi, e lo rivedremo presto in qualche posizione ben pagata anche se di minore visibilità, in cui potrà gongolare per la prima cosa e rosicare per la seconda (che sia permaloso mi pare l’abbia mostrato più di una volta). Di sicuro non è un poveretto irretito dalla pucchiacca, come ha suggerito più di qualcuno: è un adulto che ha fatto delle scelte, e le ha fatte fino all’ultimo minuto, dato che prima di andarsene avrebbe nominato al ministero ben diciotto persone, a fare cosa non lo so, ma intanto le ha nominate.
A questo punto ci manca solo che Il Foglio sposti la sua attenzione da Meloni a Boccia, dichiarandola nuova icona femminista come premio per l’audacia dimostrata a fronte dello strapotere del suo ex amante. Ecco, anche qua: no. Boccia ha agito e continua ad agire con una determinazione inconsueta per le donne che si trovano in posizioni analoghe alla sua, ma rimane un’attrice in un sistema di potere che non avrebbe mai osato sfidare, se il potere le avesse dato quello che chiedeva. La sua è una vendetta, e come molte vendette ci pare gustosa, ma non è agita per la collettività. Non c’è pensiero collettivo, dietro le azioni di Boccia, perché ancora una volta la coscienza di genere sembra essere limitata alla percezione del sopruso che la riguarda. Agisce per sé, cosa del tutto legittima, ma è altrettanto legittimo dubitare che si sarebbe mossa in questo modo se l’incarico le fosse stato confermato.
Insomma, dai, è la solita storia un po’ squallida da Prima Repubblica. Se ci salta all’occhio è solo per la tremenda goffaggine del primo responsabile, privo della scaltrezza e della spregiudicatezza necessarie per farla franca come tanti prima di lui, e altrettanti dopo.
Le date!
Sono poche, non nel senso che non ce ne sono altre ma nel senso che le altre sono un po’ più in là, comunque ecco le prossime:
13 settembre: Festival Generazioni, Borgo Valsugana (TN), ore 18.30. Incontro dal titolo “Liberamente. Oltre gli stereotipi”
26 settembre: Crema Beauty Days, incontro dal titolo “Bella? Brutta? Donna”, ore 21.00
28 settembre: Cose mai successe a Librixia (Brescia), ore 18.30.
A martedì prossimo, orario TBC.
Giulia
Mio nipote Davide si offende quando diciamo le parolacce, questa formulazione è un omaggio alla sua pruderie.
Per chiarirci: non ce l’ho con le quote (sono spesso l’unico modo per fare spazio al valore di gente che non sia maschio-bianco-eterocis), ma le quote non sono la soluzione al problema della sottorappresentazione delle donne, perché il problema non è la sottorappresentazione. Se fai le quote ma lasci tutto come sta, il problema è risolto solo per le poche che hanno accesso ai posti liberati dalle quote.
E non è una battuta sulla statura, giuro.
Dai Giulia hai tutta la mia solidarietà sul blocco dello scrittore. Come dice Roger Mc Gough nella sua poesia, Il blocco dello scrittore
Scriverò una poesia…
quando mi sarò fatto un altro bicchiere quando morirà una persona cara
quando smetterà di piovere
quando arriveranno lettere minacciose quando quell’otturazione sarà sostituita
quando mia moglie mi lascerà
Non come qualcosa che ostruisce lo scarico
un oggetto estraneo incastrato in una curva a u del cervello
Ma come il blocco del boia
è così che ti ho sempre immaginato.
Senza un’idea in testa, ho gli occhi bendati
e sono condotto dalla mano gentile di una Musa
sul patibolo annerito dal sangue,
dove sono costretto a inginocchiarmi fra la paglia.
Allungo il collo nella mezzaluna scheggiata
e mentre la folla urla impaziente
intono un mantra di deboli scuse
nella speranza che arrivi ispirazione…
quando troverò la penna giusta quando l’assegno sarà spedito
quando i bambini usciranno di casa
quando l’alcool farà effetto
quando la luna sorgerà come questo o quello quando smetterò di preoccuparmi.
Come per magia, tutto questo succede all’istante.
Un’incredibile coincidenza! Agguanto la penna giusta.
Un silenzio rassicurante… Sorpreso d’improvviso
da un sibilo, un’onda d’aria fresca. Roger McGough
Ho trovato questo volgare pastrocchio molto divertente, peccato non sia successo all'estero. Speriamo che Giuli
No, niente. Nessuna speranza circa Giuli, avrà anche i capelli ma per il resto siamo lì