Cosa ci faccio nella Costituente del PD?
Questa settimana: autoreferenzialità, ma è per una buona causa, giuro.
Meno male che mi scrivo sempre tutto.
Questa newsletter è letta a stragrande maggioranza da gente che mi ha conosciuta negli ultimi quattro anni, e quindi non sa quali giungle dell’internet io abbia attraversato per arrivare alla mia attuale incarnazione di persona pigra su Instagram, iperattiva sul povero moribondo Twitter, annoiata su Facebook, incostante sul suo sito personale e debordante nella newsletter settimanale, che poi è questa. Insomma, io nel 2007, anno in cui Walter Veltroni annunciò la costituzione del Partito Democratico, avevo un blog intitolato “Sai tenere un segreto?” che non c’entrava niente con l’omonimo libro di Sophie Kinsella, che non ho mai letto. Era un in-joke sull’ambiente pettegolissimo in cui mi muovevo all’epoca, ma vabbe’.
Insomma, nasce il PD e io scrivo questa cosa qui, di cui cito solo il finale.
Cosa farete? Come farete a sottrarvi a un meccanismo talmente pervasivo da esporre a ritorsioni chi vi si oppone? Sarete disposti a mettervi in tasca meno soldi per lavorare il doppio di quello che vi si è chiesto finora? Ad esercitare un controllo ferreo sull’operato di ogni singolo esponente del partito? A rinunciare all’abitudine di darvi le pacche sulle spalle fra uomini sopra i sessanta, per consentire – davvero, non solo a parole – l’ingresso in Parlamento di donne, giovani, e donne giovani?
Siete disposti, insomma, ad essere un partito nuovo, piuttosto che un aggregato di cascami di quelli vecchi?
Cassandra much? Era una previsione facile, ma mi potevo permettere di farla: mica volevo fare carriera politica. Non ci avevo mai pensato, non mi passava per la testa, volevo scrivere libri. Ecco, lo dico subito perché se no poi si crea il malinteso: quella cosa lì non è cambiata di una virgola. Voglio ancora scrivere libri, non voglio fare carriera politica. Il che non significa che io fra il 2007 e oggi non mi sia mai più occupata del PD, e nello specifico di quello che il PD stava palesemente toppando, ignorando o facendo male. Perché a darsi le pacche sulle spalle sono bravi tutti: ma quando vuoi rappresentare l’elettorato di sinistra e non riesci a farti votare manco da me, che avrei rinunciato alla rappresentanza perfetta in cambio di un minimo di incisività e due o tre politiche di sinistra, stai proprio sbagliando tutto. TUTTO. E infatti.
Però dai, nel 2007 ci avevo preso in pieno, e manco avevano iniziato a dimostrarci quanto. La mia abitudine di segnarmi tutto mi ricorda anche che a volte ci ho preso per due terzi, altre volte ho scritto delle cazzate (je ne regrette rien, si cresce solo capendo che sono cazzate), ma una cosa l’avevo capita subito: che la cosa del partito che o sarà dei giovani e delle donne o non sarà se la sono spesa subito, ed è stata sempre un bluff. Non avrebbero manco saputo da che parte cominciare.
Ci sono tornata più volte, neanche me le ricordo tutte. Ne recupero qualcuna: nel 2009, quando Rutelli (fra gli altri) votò a favore dell’obbligo di nutrizione e idratazione per Eluana Englaro, contro il parere della famiglia. Qui mi segnavo un notevole sospetto verso Renzi e le politiche che diceva di voler mettere in atto. Renzi poi sarebbe scappato per fondare il Grande Partito Femminista, com’è finita lo sappiamo, ma pure lì guarda come ci avevo preso. Ed è incredibile come il discorso del 2018 di Katia Tarasconi stia in piedi anche oggi, basta cambiare i nomi.
L’ho rifatto di nuovo, anche quando parlavo di lotte femministe. Di questo pezzo sulla faccenda degli “Occhi di tigre” rimpiango l’attacco ma non la sostanza. Insomma, mi sono spiegata.
E ora sono nella Costituente del PD. Chiedimi perché ho il torcicollo.
Ho accettato la proposta con una velocità che mi ha fatto impressione, e poi ho dovuto razionalizzarla anche con me stessa. Non voglio fare carriera politica, non voglio iscrivermi al PD, non voglio nemmeno restare oltre la parte costituente. Mi è stato chiesto un contributo di idee, e dato che le mie idee (sul PD e non) sono abbastanza pubbliche, non c’era motivo per non portarle dentro quel processo esattamente come stanno. Fra dirle in un post/un editoriale/un discorso/una diretta Instagram/un panel/un festival e dirle in faccia ai diretti interessati mi pare che cambi pochissimo. Il meglio che può succedere è che si offendano; il peggio è che si offendano ma fingano di accogliere le mie critiche per poi dire che loro sono aperti al confronto, come del resto mi pare abbiano fatto fino qui anche con le donne del loro stesso partito. Se non si offendono è evidente che ho sbagliato tutto.
Il fatto è che una parte di me, una parte molto profonda e radicata, pensa sempre che sia giusto provarci. Provarci sempre. Soprattutto quando non hai niente da perdere, e tutto da guadagnare da quell’infinitesimale possibilità che il tuo messaggio sortisca un effetto, anche minimo. Il mio femminismo è fatto anche di questo: ottimismo, tigna e piccole vittorie.
Se a questo punto ti stai chiedendo chi siano “loro”, non fa niente. Me lo tengo per eventuali interventi. Sempre che non decidano di lasciarmi a casa dopo questa newsletter. Di sicuro il mio obiettivo non è rifare la verginità di nessuno o garantirne la rieleggibilità: dirò quello che ho sempre detto, un po’ più da vicino. Poi basta.
A proposito di lotte femministe
“Ti faccio una foto per la newsletter” mi ha detto Marianna, in manifestazione, e invece io ho detto “facciamocela insieme”, ed eccoci qua, infreddolite ma felici.
Il corteo organizzato da Non una di meno è stato bellissimo e gioioso come sempre, e ovviamente è finito sui giornali e nei TG per un unico striscione, di un’unica sezione del grande serpentone umano che ha sfilato da piazza della Repubblica a piazza S. Giovanni. Unica sezione che, venendo meno alle indicazioni delle organizzatrici, è scesa in piazza con le bandiere di un movimento politico, di fatto usurpando uno spazio per avere visibilità. I giornali di destra ci sono cascati, ma c’è cascata pure un sacco di gente che sembra vivere nell’ansia di dispiacere a Giorgia Meloni, attualmente la donna più potente d’Italia. Si capisce. Tengono famiglia. Potrebbero magari usare più discrezione, piuttosto che mostrarsi a lingua di fuori pronta per l’uso igienico che avvicina al Paradiso professionale, ma è anche utile vederlo, questo srotolamento glottale. Così si capisce meglio chi sta dove, e chi è disponibilissimo a buttare un intero movimento sotto un tram pur di esibire virtù.
In generale, è un periodo scoraggiante per chi lavora con l’intelletto. Stanno partendo purghe che a confronto Stalin era Maria Montessori, incarichi di prestigio - e ben pagati - vengono distribuiti a gente che non ha le competenze minime per ricoprirli, ma sulla cui lealtà si può contare (in questo cambia poco, rispetto a prima, eh: la differenza è che il livello è basso, bassissimo). Gli intellettuali di destra, che da sempre frignano di essere marginalizzati, lo hanno sempre fatto dalle pagine dei giornali, nei talk show, nei festival, ai convegni. Insomma, frignano non si sa bene per cosa, dato che uno dei terrori della sinistra contemporanea è proprio di apparire poco ecumenica e inclusiva, per cui ogni cialtrone di destra vince la palma di Grande Intellettuale per scarsità di concorrenza.
Fare cultura è sempre difficile, ma in questo momento lo è più che mai. Lo sdoganamento dell’ideologia fascista ai più alti livelli delle istituzioni e dei luoghi della cultura stessa si sta propagando come le onde sismiche. Essere “orgogliosamente di destra” si è consolidato in una sorta di ottusa fierezza, una condizione in cui la realtà non deve arrivare a toccare le tue solide certezze. È chiaro che in questo senso il ruolo di chi produce pensiero e prova a renderlo accessibile diventa poco più che show. La richiesta è: puoi dire quello che vuoi, ma non mettere in discussione nessuno. Mi raccomando. Se no poi si chiudono.
È un periodo brutto, sì. Brutto e faticoso. E se lo è per me, che bene o male ho fatto l’upgrade a “vecchia lenza”, non riesco a immaginarmi quanto lo possa essere per le persone più giovani, non bianche, non conformi. La mia risposta penso sarà spingere più possibile verso la moltiplicazione degli spazi e delle voci, con tutti i mezzi che ho: lo faccio da sempre, continuerò a farlo, ma un po’ di più.
Sondaggetto!
Scusa se rido da sola come una che si è raccontata una barzelletta che non sapeva, è che ieri è uscito un pezzo su The Times a firma Tom Kington in cui disquisisco della parola “Whatsappino” e della sua inesistenza, per cui “sondaggetto” it is, perché io vivo a Roma. Insomma. Non che cambi niente - qua è tutto gratis e quindi si mangia quello che c’è in tavola - ma se dovessi scegliere fra le cose che scrivo in questa newsletter:
Anche per questa settimana direi basta, spero di tornare la prossima con più libri e cose di cui parlare.
Prenditi cura di te.
Giulia
Ciao Giulia, parto dal sondaggino: come si fa a scegliere? Credo che la forza delle tua NL sia proprio questo racconto che fila, dalla prima all'ultima riga, tenendo insieme politica e società, libri e prodotti culturali e fatti tuoi di ogni ordine e grado. Che poi, per quanto riguarda l'ultimo punto, è proprio la condivisione del tuo modo di osservare le cose e viverle che restituisce al tutto un sapore di autentico stream of consciuosness, reso a favore di chi legge. Che tu sia nella Costituente del PD mi sembra una di quelle rare e preziose notizie a cui aggrapparmi fiduciosa, forse non tutto è ancora perduto... Buon lavoro!
Ho messo politica e società ma pure il resto mi interessa, anche i fatti tuoi! Buon lavoro per la Costituente, la vedo difficile ma già la tua presenza è una bella cosa.