Ciao Giulia, grazie per la citazione, mi diverto ancora a fare contenuti online ma capisco la fatica. Penso che la sensazione di essere in una "ruota del criceto" sia sempre più diffusa e le piattaforme se ne accorgono, per questo alcune ti lasciano tenere le mail, o ti aiutano a fare soldi per darti il contentino, ne parlo nell'ultima newsletter, quella sulla guerra dell'attenzione che hai linkato. Il problema è che col tempo anche le piattaforme illuminate stringono la cinghia, quando anche loro han bisogno di soldi, e la ruota del criceto ricomincia a girare...
Ti è sfuggito qualche dettaglio significativo che gli ottimi sceneggiatori di M - Il figlio del secolo si sono assicurati di inserire: l'ossessione per le misure. Lo sdegno del protagonista perché il nome Benito gli è stato dato in onore del rivoluzionario Benito Juarez, alto solo 137 cm. E il suo alludere due volte (nei soli 60 minuti del primo episodio!) alla misura del pene, una parlando del suo collaboratore Cesare Rossi, e una in riferimento a una foto di D'Annunzio. E sono dettagli azzeccati, perché l'ossessione per le misure (del corpo, del pene) è una caratteristica della cultura in cui nasce, cresce e prospera il fascismo.
Doppia botta anche per me visto che di Gaiman/Palmer non ne sapevo niente. Comunque non mi posso accontentare dei medioni. Sono più per il meglio sole che mal accompagnate.
E così, sono un medione. La descrizione che ne hai fatto è talmente accurata che sembra tu l’abbia scritta pensando a me. Non è lusinghiera, ma non riesco a confutarla, in tutto o in parte. La mia ex moglie deve averla trovata così calzante che me l’ha inviata in copia, con un messaggio di accompagnamento: “non avrei saputo dirlo meglio!”. Non si è spinta a precisare quale passo della tua lunga newsletter non avrebbe saputo dire meglio, ma è chiaro che ciò che l’ha indotta a invitarmi alla lettura di quest’ultima Blasi sia che mi ha ritrovato tra le tue righe.
Il rapporto autrice/lettrice tra te e la mia ex moglie è curioso (e tipico del suo carattere: ribelle senza coraggio): per criticarmi -quando le va di criticarmi o ha tempo per farlo- non parla mai direttamente: butta là nel discorso -sempre molto polite, molto pacato- il titolo di un libro che dovrei leggere; una citazione presa da una vecchia intervista alla Murgia; una newsletter “molto interessante”.
Vi ho fatte conoscere io, pensa. Indirettamente. Quando ho aperto il mio profilo, ha scoperto Substack; poi, te. E da allora legge più te di me. O, almeno, legge te per prima, e aggiunge un commento che suona sempre come “questa sì che dice cose intelligenti, non…”. Non conclude “…come quelle che scrivi tu”, ma io finisco per pensarlo. E, a volte, ci metto pure “e che palle, ‘sta Blasi”.
Va be’, piacere di averti conosciuta. Se serve per farti imbarazzare, aggiungo anch’io che mi sembri interessante, anche se non sempre condivisibile. Opinione di medione, sia chiaro.
Quanto sono d'accordo sull'essere "piena rasa" della "performance perenne" sui social. Sarà proprio l'argomento di una delle mie prossime newsletter: come scrittrice che cerca spazio per la sua voce, mi sento intrappolata nella logica del "devi per forza stare sui social", perché i social non mi corrispondono: Substack invece sì, come dici anche tu. C'è spazio per dire a chi ti segue sui social: ehi, se vuoi davvero sostenere la produzione di cultura, vieni a leggermi qui, invece di seguirmi là, dove non posso darti ciò che mi riesce meglio? E così magari insieme riusciamo a lanciare una sfida al mondo dell'editoria che ormai guarda solo al conto dei follower?
Di Gaiman si sapeva qualcosa già da mesi e poteva solo peggiorare.
Ne avevo letto quando ero su threads.
Ci sono ovviamente rimasta malissimo, e per non vedere il suo nome stampato sui libri li ho voltati - come in quelle librerie minimal chic, a quanto pare composte esclusivamente da autori deplorevoli e laidi.
Io mi piglio sempre male quando le donne che stimo parlano dell’uomo femminista. In un paio di giorni un uno/due tra te e Jennifer Guerra mi hanno colpito abbastanza. Però: approfondisco le mie cose e spero di non essere quello che “ti spiega come fare femminismo”. In fondo sono un medione che studia 😜 Comunque che storia acidissima Gaiman. Rende sempre più attuale il libro “Mostri” di Claire Dederer.
I social sono diventati performanti e assomigliano sempre di più a vetrine che intercettano nodi di attenzione superficiali, per lo più. Gli spazi dove esercitare l'ascolto, la lentezza e la relazione di qualità sono diventati/tornati altri, tipo questo. Sarà che ho vissuto il tempo iniziale dei blog, quel fiorire di relazioni che diventavano anche umani progetti (a volte culturali), ma sento che prima o poi torneremo anche in quella direzione. Tante nicchie tra cui scegliere a seconda della propria inclinazione (e forse anche a seconda della propria generazione).
Sono mesi, forse anni, che mi sono stufato dei social ma, regolarmente, come disinstallo qualche app dal telefono o chiudo un account, mi vien in mente qualche progetto per cui riapro baracca e burattini e ricomincio l'iter.
Anche io sono online da fine anni 90 e quando arrivò FB cercai di evitarlo come la peste, non capivo perché la gente dovesse spiattellare gli affari propri come se a qualcun altro importasse.
Ma ecco perché sono qui e non lavoro a Menlo Park...
I medioni sono anche gli ignavi... non sono convinta sia il meno peggio.
Non sapevo di Gaiman/Palmer, lo sconforto e' grande.
Su Toscani: mi spaventa che possa essere idolatrato, giustificato ed emulato per il peggio che ha dato di sé, e non per l'aver sdoganato il proibito pubblicitario.
Inoltre non appena hanno dato l'annuncio, le peggio persone Si sono palesate, con la scusa di darne il triste annuncio, giustificando la loro pessima condotta. Rivelazione per loro: Toscani non ha mai detto che non siete delle persone di emme.
Da uomo femminista per cui dire BASTA, a proposito di mascolinità tossica, ma soprattutto di consapevolezza e di violenza domestica, mi permetto si segnalare a te e al tuo pubblico un film appena uscito su Prime: https://www.mymovies.it/film/2024/it-ends-with-us/
Salvatore, questo è il punto in cui ti domando se hai letto bene tutto, perché... Justin Baldoni è fra quelli che si spacciavano per femministi. Ed è il regista.
Ho letto tutto ma mi è sfuggito che il nome che citavi (Baldoni) è quello del regista e coprotagonista del film. Seguendo il tuo link ho scoperto la querelle con la protagonista. Come può accadere spesso nell'arte, l'opera ha comunque una sua vita che prescinde da quella dell'autore. Il film non è un capolavoro del cinema ma offre spunti interessanti sul tema della consapevolezza e del riconoscimento della violenza domestica tanto più per il pubblico cui è diretto. Un romanzo rosa che si tinge di nero in cui la protagonista sceglie di dare una svolta alla propria vita compiendo quel passo che la madre non aveva potuto/voluto. Grazie per avermi informato.
È un film tratto da un libro che è stato parecchio criticato per il modo in cui parla di violenza domestica. Non mi sentirei di raccomandarlo a scatola chiusa. Però grazie per la segnalazione.
Ciao Giulia, grazie per la citazione, mi diverto ancora a fare contenuti online ma capisco la fatica. Penso che la sensazione di essere in una "ruota del criceto" sia sempre più diffusa e le piattaforme se ne accorgono, per questo alcune ti lasciano tenere le mail, o ti aiutano a fare soldi per darti il contentino, ne parlo nell'ultima newsletter, quella sulla guerra dell'attenzione che hai linkato. Il problema è che col tempo anche le piattaforme illuminate stringono la cinghia, quando anche loro han bisogno di soldi, e la ruota del criceto ricomincia a girare...
Finalmente mi sento classificato: sono un medione.
Ma quando mai. Se non fai cazzate per me tu sei ancora "luminoso esempio", non fare cazzate ché poi ci rimaniamo male.
A me bastava il medione, davvero, anche perchè io di femminismo so veramente poco, se non quello che "rubo con gli occhi" dalle persone che seguo.
Ti è sfuggito qualche dettaglio significativo che gli ottimi sceneggiatori di M - Il figlio del secolo si sono assicurati di inserire: l'ossessione per le misure. Lo sdegno del protagonista perché il nome Benito gli è stato dato in onore del rivoluzionario Benito Juarez, alto solo 137 cm. E il suo alludere due volte (nei soli 60 minuti del primo episodio!) alla misura del pene, una parlando del suo collaboratore Cesare Rossi, e una in riferimento a una foto di D'Annunzio. E sono dettagli azzeccati, perché l'ossessione per le misure (del corpo, del pene) è una caratteristica della cultura in cui nasce, cresce e prospera il fascismo.
Non mi è sfuggito, non mi volevo dilungare, ma sì! Certo. È parte del discorso sul machismo.
Dimenticavo, ma non meno importante: hai un discreto numero di groupies della tua newsletter, fra cui me <3
Doppia botta anche per me visto che di Gaiman/Palmer non ne sapevo niente. Comunque non mi posso accontentare dei medioni. Sono più per il meglio sole che mal accompagnate.
E così, sono un medione. La descrizione che ne hai fatto è talmente accurata che sembra tu l’abbia scritta pensando a me. Non è lusinghiera, ma non riesco a confutarla, in tutto o in parte. La mia ex moglie deve averla trovata così calzante che me l’ha inviata in copia, con un messaggio di accompagnamento: “non avrei saputo dirlo meglio!”. Non si è spinta a precisare quale passo della tua lunga newsletter non avrebbe saputo dire meglio, ma è chiaro che ciò che l’ha indotta a invitarmi alla lettura di quest’ultima Blasi sia che mi ha ritrovato tra le tue righe.
Il rapporto autrice/lettrice tra te e la mia ex moglie è curioso (e tipico del suo carattere: ribelle senza coraggio): per criticarmi -quando le va di criticarmi o ha tempo per farlo- non parla mai direttamente: butta là nel discorso -sempre molto polite, molto pacato- il titolo di un libro che dovrei leggere; una citazione presa da una vecchia intervista alla Murgia; una newsletter “molto interessante”.
Vi ho fatte conoscere io, pensa. Indirettamente. Quando ho aperto il mio profilo, ha scoperto Substack; poi, te. E da allora legge più te di me. O, almeno, legge te per prima, e aggiunge un commento che suona sempre come “questa sì che dice cose intelligenti, non…”. Non conclude “…come quelle che scrivi tu”, ma io finisco per pensarlo. E, a volte, ci metto pure “e che palle, ‘sta Blasi”.
Va be’, piacere di averti conosciuta. Se serve per farti imbarazzare, aggiungo anch’io che mi sembri interessante, anche se non sempre condivisibile. Opinione di medione, sia chiaro.
Ho riso. Saluti a tutti e due!
Quanto sono d'accordo sull'essere "piena rasa" della "performance perenne" sui social. Sarà proprio l'argomento di una delle mie prossime newsletter: come scrittrice che cerca spazio per la sua voce, mi sento intrappolata nella logica del "devi per forza stare sui social", perché i social non mi corrispondono: Substack invece sì, come dici anche tu. C'è spazio per dire a chi ti segue sui social: ehi, se vuoi davvero sostenere la produzione di cultura, vieni a leggermi qui, invece di seguirmi là, dove non posso darti ciò che mi riesce meglio? E così magari insieme riusciamo a lanciare una sfida al mondo dell'editoria che ormai guarda solo al conto dei follower?
Di Gaiman si sapeva qualcosa già da mesi e poteva solo peggiorare.
Ne avevo letto quando ero su threads.
Ci sono ovviamente rimasta malissimo, e per non vedere il suo nome stampato sui libri li ho voltati - come in quelle librerie minimal chic, a quanto pare composte esclusivamente da autori deplorevoli e laidi.
Io mi piglio sempre male quando le donne che stimo parlano dell’uomo femminista. In un paio di giorni un uno/due tra te e Jennifer Guerra mi hanno colpito abbastanza. Però: approfondisco le mie cose e spero di non essere quello che “ti spiega come fare femminismo”. In fondo sono un medione che studia 😜 Comunque che storia acidissima Gaiman. Rende sempre più attuale il libro “Mostri” di Claire Dederer.
Tu ti sei accollato un compito: quello di spiegare il femminismo ai medioni. Mica lo spieghi a me. Ve lo spiegate fra voi maschi.
Però mi ricordo che il nostro primo approccio fu molto simile a "mi piace la tua newsletter" (dio bono, ancora mi vergogno)
Vabbe', e siamo ancora qua a volerci bene. Hai detto niente.
Ciao sono Antonia, anche io su Internet dal 1999 e sono la fiera moglie di un medione!
I social sono diventati performanti e assomigliano sempre di più a vetrine che intercettano nodi di attenzione superficiali, per lo più. Gli spazi dove esercitare l'ascolto, la lentezza e la relazione di qualità sono diventati/tornati altri, tipo questo. Sarà che ho vissuto il tempo iniziale dei blog, quel fiorire di relazioni che diventavano anche umani progetti (a volte culturali), ma sento che prima o poi torneremo anche in quella direzione. Tante nicchie tra cui scegliere a seconda della propria inclinazione (e forse anche a seconda della propria generazione).
Sono mesi, forse anni, che mi sono stufato dei social ma, regolarmente, come disinstallo qualche app dal telefono o chiudo un account, mi vien in mente qualche progetto per cui riapro baracca e burattini e ricomincio l'iter.
Anche io sono online da fine anni 90 e quando arrivò FB cercai di evitarlo come la peste, non capivo perché la gente dovesse spiattellare gli affari propri come se a qualcun altro importasse.
Ma ecco perché sono qui e non lavoro a Menlo Park...
I medioni sono anche gli ignavi... non sono convinta sia il meno peggio.
Non sapevo di Gaiman/Palmer, lo sconforto e' grande.
Su Toscani: mi spaventa che possa essere idolatrato, giustificato ed emulato per il peggio che ha dato di sé, e non per l'aver sdoganato il proibito pubblicitario.
Inoltre non appena hanno dato l'annuncio, le peggio persone Si sono palesate, con la scusa di darne il triste annuncio, giustificando la loro pessima condotta. Rivelazione per loro: Toscani non ha mai detto che non siete delle persone di emme.
Da uomo femminista per cui dire BASTA, a proposito di mascolinità tossica, ma soprattutto di consapevolezza e di violenza domestica, mi permetto si segnalare a te e al tuo pubblico un film appena uscito su Prime: https://www.mymovies.it/film/2024/it-ends-with-us/
Mi è parso particolarmente interessante
Salvatore, questo è il punto in cui ti domando se hai letto bene tutto, perché... Justin Baldoni è fra quelli che si spacciavano per femministi. Ed è il regista.
Ho letto tutto ma mi è sfuggito che il nome che citavi (Baldoni) è quello del regista e coprotagonista del film. Seguendo il tuo link ho scoperto la querelle con la protagonista. Come può accadere spesso nell'arte, l'opera ha comunque una sua vita che prescinde da quella dell'autore. Il film non è un capolavoro del cinema ma offre spunti interessanti sul tema della consapevolezza e del riconoscimento della violenza domestica tanto più per il pubblico cui è diretto. Un romanzo rosa che si tinge di nero in cui la protagonista sceglie di dare una svolta alla propria vita compiendo quel passo che la madre non aveva potuto/voluto. Grazie per avermi informato.
È un film tratto da un libro che è stato parecchio criticato per il modo in cui parla di violenza domestica. Non mi sentirei di raccomandarlo a scatola chiusa. Però grazie per la segnalazione.
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