Il mondo secondo le femministe di destra
Questa settimana: un'intervista che apre un mondo (e fa molto ridere)
Se devo essere sincera, pensavo che la campagna per qualificare Giorgia Meloni come icona femminista lanciata dal Foglio fosse stata stroncata dalla questione Boccia, che ha tirato fuori tutto il doppio standard della presidente del Consiglio di cui parlavamo la settimana scorsa. Invece no, al Foglio si è unita La Stampa, con un’intervista ad Annalisa Terranova (vicedirettrice del Secolo d’Italia) che sabato mattina mi ha fatto scoppiare a ridere al binario 2 della stazione di Trento.
Dico davvero: è spassosa. Terranova ovviamente è serissima, di quella serietà che hanno le persone convinte della bontà delle proprie tesi al punto di raccontarsi le storie più fantasiose pur di giustificare i propri argomenti. Il problema è che, come tutta la gente serissima che non riesce a unire i puntini del suo stesso ragionamento, fa molto ridere.
Quello che segue è un’analisi quasi punto per punto dell’intervista rilasciata da Terranova a Serena Riformato1 per la testata torinese.
Partirei, dunque, dal titolo.
Che esista un “femminismo di destra” lo dicevo già la settimana scorsa: un certo tipo di femminismo bianco liberale la cui idea di affermazione delle donne è limitata alle loro pari, le signore borghesi e benestanti (o, come nel caso di Meloni, approdate al benessere) che pensano di avere diritto al loro posto in società al prezzo però dell’oppressione di altre donne. Hanno potuto studiare, o comunque hanno fatto carriera, quindi non solo pensano che questa carriera sia alla portata di tutte (in fondo, loro ce l’hanno fatta), e combattono per affermarsi come individui all’interno di un sistema immutato e immutabile. Con una mano, si aggrappano per salire; con un piede, prendono a calci in faccia le persone che ritengono debbano stare sotto di loro nella scala sociale.
E chi c’è, sotto, in questo titolo? “Olgettine e protette”.
Non c’è offerta senza domanda
È una legge di mercato immutabile: niente può essere venduto in assenza di persone disposte a comprarlo. I corpi delle donne comprati nei secoli dagli uomini per piacere, decorazione o affermazione di una maschilità fragilissima avevano degli acquirenti, soddisfacevano una necessità. Quella regola non è cambiata. Se Terranova si mette sulla difensiva, qui, è perché per far funzionare il suo ragionamento ha bisogno di invertire l’ordine dei fattori: offerta che precede domanda, donne che si vendono (a vario titolo) e sollecitano una risposta da uomini evidentemente troppo deboli per opporsi al loro spudorato self-marketing. Nella visione di Terranova, gli uomini sono tutti come tuo nonno poverino un po’ rimbambito che risponde all’sms di phishing del “nipote”, o tua zia solitaria che casca in una truffa sentimentale à la Giulia Poggi in Un posto al sole. Ci sarebbe da domandarsi perché consentiamo a questi soggetti così facilmente manipolabili di ricoprire incarichi di responsabilità, ma la realtà, ovviamente, è tutt’altra.
Quello che le Annalisa Terranova (e le Giorgia Meloni e tutte quelle che, a destra e purtroppo anche a sinistra, scaricano sulle donne la responsabilità dei comportamenti degli uomini) di questo mondo non riescono ad affrontare, per ragioni che vedremo dopo, è che se le Olgettine, le protette e le Maria Rosaria Boccia esistono è perché esiste la domanda da parte degli uomini di affermare il proprio potere economico e sociale attraverso il dominio sul territorio e sui corpi delle donne. C’è un piacere speciale nel potersi mettere davanti alla porta e dire: per entrare, devi dare qualcosa direttamente a me. Senza questa domanda, e senza questo ricatto più o meno esplicito, non ci sarebbe nemmeno l’offerta.
Le donne si offrono perché gli uomini sono disponibili a ricevere. Elimina la domanda, ed elimini l’offerta. Ma per eliminare la domanda bisogna fare qualcosina di più che giocare al riempimento della singola casellina, leva un uomo metti una donna.
E qui veniamo alla parte davvero esilarante del testo.
Il femminismo secondo loro
Giuro, è da qui che ho cominciato a ridere, forte, ma non "risata emoji ha ha” mentre hai la faccia seria: risata forte e improvvisa che per fortuna non avevo nessuno intorno. “Anche gli uomini di destra si devono mettere in ascolto”, implora Terranova, perché certo, se c’è una questione pressante per gli uomini di destra di sinistra di centro è proprio la risoluzione della questione femminile, eeeh, come no. Ci perdono il sonno: è riuscita, Giorgia Meloni, a risolvere la questione femminile? Fammi chiedere all’ultima a cui ho proposto un incarico in cambio di sesso orale nel mio ufficio.
“Purtroppo, le donne di destra non si mobilitano” prosegue Terranova, incredula, e incredula sono pure io, che leggo questa cosa e penso: ma veramente fai? Certo, che non si mobilitano: sono decenni che si raccontano che va tutto bene, che chi vuole ce la fa, ognuna per sé. Proprio come le sorelle Meloni, che all’organizzazione hanno preferito l’arrampicata, sorreggendosi a vicenda ma guardandosi bene dall’estendere la loro solidarietà ad altre in maniera strutturata. Giorgia Meloni dice proprio che non ci crede. L’ha detto chiaramente in almeno un’intervista.
Che poi le donne di destra non si mobilitino non è neanche vero. Le associazioni anti-scelta si reggono sul lavoro delle donne. Le organizzazioni fondamentaliste che si battono per la rimozione delle libertà individuali sono piene di donne. Le donne sono la base di qualsiasi movimento. A levare diritti agli altri sono bravissime: molto meno, ma molto molto meno, a reclamarli per sé.
Ma perché?
Quello che le donne di sinistra non capiscono delle donne di destra, in generale, è che le donne di destra sembrano votare con costanza contro sé stesse. È un punto di incomprensione assoluta su cui mi sono rotta la testa per anni: perché? Perché militare in un partito che fonda buona parte della sua ideologia su ruoli di genere rigidi, mistica della maternità, coercizione riproduttiva, e una ferma (e talvolta francamente balorda) opposizione a qualsiasi lavoro culturale che possa scardinare questo assetto? Sei masochista, o è solo che pensi che le regole valgano solo per le altre, non per te?
Ho provato a farmi questa domanda, e la risposta che ho elaborato è quella che segue. Può essere valida o meno, ma è un’ipotesi che ho messo insieme leggendo fra le righe di quello che dicono le donne di destra di sé stesse, più che delle altre.
Le donne di destra leggono i femminismi come vittimismo, e li respingono perché hanno il terrore di confrontarsi con la propria vulnerabilità. Vogliono sentirsi forti, perché questo rafforza la loro visione del mondo come un posto fondamentalmente giusto, in cui ognuno ha ciò che si merita, e se non emergi e non ce la fai è colpa tua2. Le conservatrici si aggrappano alla loro idea di società rigida perché la società rigida dà struttura, consente a chi aderisce ai suoi canoni di smettere di interrogarsi, promette protezione. Queste donne combattono il cambiamento con ogni mezzo, anche quando è già avvenuto da un pezzo e l’unico modo per annullarlo è una politica aggressiva e oppressiva: movimenti “per la vita” negli ospedali per bullizzare le donne che vogliono abortire, interventi invasivi sugli ospedali che hanno in cura bambini e bambine trans3, grida di “no alla teoria gender!”, questo mostro indefinito che stringi stringi si riduce a non introdurre l’educazione sessuale, emotiva e relazionale nelle scuole, nemmeno con interventi spot, nossignore, le famiglie devono educare i figli alla sessualità, e chissà da dove escono mai tutti ‘sti stupratori adolescenti (e non) che leggiamo in cronaca.
Riconoscere che esiste una specificità dell’esperienza femminile significa anche riconoscere che questa specificità deriva dall’oppressione. Non siamo diverse perché la nostra biologia è diversa, ma perché fino da piccolissime ci hanno spiegato che il nostro posto nel mondo era limitato. Andava ritagliato, pezzo per pezzo. Per le donne conservatrici, la fatica necessaria per effettuare questa operazione è prova di virtù: sei donna, ma sei forte. Puoi sopravvivere nel mondo degli uomini, preferibilmente facendo le stesse cose nello stesso modo. Va da sé che qualcosa non deve avere troppo funzionato, se Terranova è solo vice e non direttrice del giornale per cui scrive. Evidentemente non è brava abbastanza. No?
Ci vorrei proprio andare, a questo fantomatico convegno di femministe di destra, a sentire come si incartano, per esempio, per parlare di violenza maschile senza parlare della matrice della violenza maschile4. C’è una necessità vitale, per le donne di destra, di non sentirsi oppresse, di sentirsi soggetti capaci di competere alla pari, anche se competere alla pari richiede il doppio delle energie fisiche e mentali richieste agli uomini che le circondano. Riconoscere che il gioco è truccato non è solo un’ammissione di sconfitta rispetto alle loro avversarie ideologiche, ma è anche pericoloso rispetto al loro rapporto con gli uomini, che ritengono essere disteso e, appunto, paritario. Loro non odiano gli uomini! Loro sono amiche degli uomini! (Noi no, noi viviamo tutte in una comune sull’Appennino Tosco-Emiliano, ci cibiamo dei frutti della terra e cacciamo i maschi dalla nostra tribù appena arrivano alla pubertà. Chiaro.)
Le donne di destra vogliono sentirsi parte di una squadra che vince, e per farlo devono eliminare ogni conflittualità di genere. I maschi che le circondano non devono sentirsi minacciati o spinti a interrogarsi su sé stessi. Mai.
Non è finita, eh.
Sorvolo qui sull’identificazione fra “femminismo di destra” e “femminismo della differenza”, perché mi tornerà utile in un altro momento, anzi, in un sacco di altri momenti. Andrei subito al pezzo forte, quello che più di tutti mi ha fatto strozzare dalle risate.
Questa non è solo una cosa che fa ridere. È anche una cosa non vera.
Giorgia Meloni deve molto del suo percorso politico a Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, che avendola scelta quando era giovanissima (Berlusconi le diede un ministero quando non aveva ancora trent’anni) hanno accelerato notevolmente la sua crescita. Il fatto che questo passaggio sia avvenuto in maniera giudicata legittima dalle donne di destra (quindi: non con uno scambio di favori di natura sessuale) avvalorerebbe l’ipotesi che Meloni si sia fatta da sola. Non è così. Pur avendo dedicato buona parte della sua vita alla sua carriera politica, Meloni ha avuto bisogno di quella spinta. È stata cooptata, e in cambio di quella cooptazione si è prestata a votare in Parlamento a favore di Berlusconi quando uno scandalo sessuale rischiava di spazzarne via la carriera politica. “Più avanti delle femministe”, ancora una volta, solo se pensi che il fine ultimo dei femminismi sia permettere alle donne bianche di fare carriera.
Il confronto con Schlein, poi, è perdente per chiunque abbia seguito un minimo la traiettoria di Schlein, che è arrivata alla sua attuale posizione di leadership da personalità autonoma, si è candidata contro un uomo sostenuto dalla maggioranza del partito, e ha vinto conquistando la maggioranza degli elettori. Che poi per rafforzare Meloni si debba sempre tornare alla sua famiglia e alla sua infanzia come figlia di madre single, e chiamare questa singola struttura “matriarcato”, denota soltanto un’ignoranza abissale di pochi concetti di base, ma in breve: tua madre e tua sorella non sono tutta la società. Meloni è in debito con il patriarcato, è il patriarcato che le permette di vivere e di affermarsi. Lei ricambia, prestandosi a essere un’agente dell’oppressione collettiva di cui il patriarcato ha bisogno per mantenersi stabile.
È tutto, per ora.
Le date
Arrivare fino qua dopo questa spataffiata di testo è per poche persone valorose, quindi grazie. Ecco dove ci vediamo nei prossimi giorni:
26 settembre: Crema Beauty Days, incontro dal titolo “Bella? Brutta? Donna”, ore 21.00
28 settembre: Cose mai successe a Librixia (Brescia), ore 18.30
A martedì prossimo,
Giulia
Come mi hanno fatto notare su Threads: giornaliste che intervistano giornaliste. Un loop mortale di autoreferenzialità, principalmente dovuto - temo - al fatto che a destra gli intellettuali sono pochi, e le intellettuali ancora meno.
Questa distorsione cognitiva si rispecchia nelle politiche sulla povertà: che sono zero, perché per la destra se sei povero è chiaramente colpa tua.
Chi provasse a discutere su questo punto a suon di “non esistono bambini e bambine trans” sarà bloccato, perché non ho tempo da perdere con la gente dissociata dalla realtà, scientifica e umana.
Spoiler: non penso lo farebbero. Penso, anzi, che la totalità dei panel coinvolgerebbe gli uomini in numero considerevole, e sarebbe incentrata su pratiche e strategie per emergere a livello individuale, con storie aspirazionali di imprenditrici vincenti presentate come se quella vittoria si fosse materializzata nel vuoto assoluto, e non in presenza di una robusta struttura di sostegno. Come riferimento: Meloni che si porta la figlia in Cina per mostrare che la maternità si può conciliare con la carriera, ma non dice con chi la lascia durante i vertici, chi la veste, la lava e si assicura che abbia da mangiare.
con la premessa che mi ritrovo in molte delle tue stesse domande sulle donne di destra -e che per certi versi femminismo di destra per me rimane un ossimoro- mi permetto di aggiungere un paio di considerazioni per smontare la loro logica:
per quelle come Terranova, matriarcato = famiglia (ovviamente è un po' più complicato di così) e sappiamo che famiglia costituisce un caposaldo della destra, ecco perché ora si giocano anche questa. Inoltre gli fa gioco perché sul feticcio "Meloni" si incastra la classe e loro ne fanno un tutt'uno, e qui hanno gioco migliore. Odio dirlo ma rispetto a Schleyn per molti di noi è più facile rapportarsi alla storia di Meloni, Schleyn non viene da una famiglia di ceto basso, non è una che si è fatta da sola proprio per niente, la famiglia nel caso di Schleyn è determinante dei privilegi che ha avuto (studio) e tutt'ora ha, e parla più incomprensibile di Meloni. Bisogna pian piano spacchettare la massa indistinta che propinano . Just my two cents.
Posso commentare che detesto Meloni proprio per questo femminismo farlocco (e non solo)? Mi sale il sangue al cervello solo a scrivere la parola femminismo associata a lei. E lo dico stando seduta da un decennio dall'altra parte d'Europa, quindi non godendo della ricaduta di questo governo sulla mia vita.