Non c'è crescita senza dialettica
Questa settimana: sono andata a vedere i CCCP a Berlino mentre in Italia la polizia picchiava i minorenni e i progressisti vincevano le elezioni in Sardegna.
Ho visto i CCCP a Berlino. Due volte, perché dopo la prima sera ci è venuta voglia di tornarci, e abbiamo fatto bene. Del concerto hanno parlato un po’ tutti, anche un po’ a sproposito: è stato a tratti commovente, molto energizzante, e ci ha ricordato (in caso servisse) quanto fossero assurdi, disturbanti e originali quei quattro, e quanto sia stata duratura la loro influenza sulla musica italiana. Punk e krautrock, musica e performance art: i CCCP sono figli del loro tempo e senza tempo. Grazie a loro abbiamo anche scoperto che la DDR aveva un inno stupendo, e chi lo sapeva?
Potrei parlarne all’infinito, ma c’è un elefante nella stanza, e il suo nome è Giovanni Lindo Ferretti. Uno che forse non abbiamo mai capito, o forse l’abbiamo capito ma poi il mondo è cambiato e lui no, e ci siamo ritrovati in punti diversi della storia. Lo scorso fine settimana ci siamo incontrati in una città che non è una città, perché Berlino è una cicatrice, un tessuto organico che porta i segni degli spari e del sangue sparso sulla terra ai piedi di un muro che è ormai un’attrazione turistica, vestigia dell’ennesimo tentativo fallito dell’umanità di darsi delle regole che mettessero la collettività al centro, senza aver prima decostruito l’impulso patriarcale alla ricerca del potere e del controllo.
Berlino sta scomparendo. West-Berlin non si è fusa con Ost-Berlin: la sta divorando a grandi morsi e la sta rivomitando fuori in una versione sempre più triste e arraffona del sogno di libertà per cui i tedeschi dell’Est tentavano di passare la frontiera.
Non conosco Ferretti personalmente, non posso dire cosa gli passi per la testa: mi affido alle sue dichiarazioni, alle interviste che ha rilasciato, sapendo che la mia potrebbe essere una lettura parziale, viziata dai miei stessi pregiudizi. L’impressione che mi restituiscono è quella di un uomo che da molti decenni vive in un microcosmo isolato in cui il dibattito culturale non arriva, e quello che filtra è storpiato dalla malafede dei media tradizionali. Gli dobbiamo sembrare tutti dei matti, noi che non viviamo sulle montagne in comunità minuscole regolate da norme ancestrali e abbiamo rifiutato (o mai ricevuto) l’educazione cattolica, così chiara e rassicurante nella definizione di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Non sono particolarmente stupita che si senta affine a certe posizioni conservatrici e che non legga l’idea meloniana di mondo come pericolosa e disturbante. Che non colga l’ipocrisia nell’opportunismo di Meloni, sempre pronta a sfruttare la femminilità quando le fa comodo, ma feroce come poche con le altre donne e le soggettività che il capitalismo ha interesse a tenere in una condizione di oppressione.
Penso anche che a differenza di tanti scappati di casa che hanno trovato finalmente un carro su cui saltare, Ferretti sia uno che dall’espressione delle sue idee non ha mai ricavato alcun vantaggio personale. Non sono d’accordo con nulla di quello che ha detto in materia di diritti negli ultimi dieci o quindici anni, ma io con Ferretti ci discuterei fino allo sfinimento, anche male, anche alla brutta, perché non credo lo sentiremo mai lamentarsi, alla Vannacci, che “non si può più dire niente”. La crescita è possibile solo nella dialettica.
Nei prossimi mesi, il locale che ha ospitato questa reunion dei CCCP verrà demolito insieme a tutto il complesso che lo ospita, per fare spazio a nuovi edifici che cancelleranno un altro pezzo della Berlino punk, sporca e autentica e infestata dai ratti. Altro spazio sottratto alla storia e alla cultura della città per saziare la fame infinita del capitale. Anche noi che lottiamo contro la conservazione, che desideriamo il progresso e sogniamo il futuro abbiamo dei momenti in cui ci domandiamo quale sia il confine fra il miglioramento e la sterilizzazione. Questo è uno.
Nel frattempo
C’è chi dice che chiamarli “ragazzini” è paternalista, ma come li devi chiamare, gli studenti e le studentesse delle medie presi a manganellate dalla polizia mentre stavano immobili con le mani in alto e nella direzione opposta a quella che portava alla Sinagoga? Li hanno curati in pediatria: per la medicina sono letteralmente dei bambini, e li hanno picchiati a sangue, ridendo di gioia per l’occasione di menare le mani.
Tutte le considerazioni sono state fatte, ne aggiungo una: la scusa dei manifestanti che rompono i cordoni e aggrediscono la polizia reggeva a malapena quando a essere picchiati erano degli adulti disarmati, e ancora meno quando a prendere i manganelli in testa erano degli adolescenti. Quando cominci a picchiare i bambini e poi dai la colpa alla sinistra, il gioco si rompe. Piantedosi non si dimetterà - questo governo non conosce etica o senso di responsabilità, e infatti il ministro ha mentito sui fatti che hanno portato a spaccare la testa a un gruppo di tredicenni - ma la politica non può permettersi la fragilità. Un governo che pensa di gestire l’opinione pubblica a manganellate è un governo destinato a cadere in maniera rovinosa sotto la pressione delle manifestazioni di piazza.
Toccherà andare a farci picchiare, temo, ma mica vorremo lasciare da soli i bambini? Il G8 di Genova ha spezzato la Generazione X, non possiamo permettere che succeda di nuovo anche a loro. In alternativa, potremmo procurarci dei taxi o dei trattori. A occhio, pare che per non essere menati basti quello.
Per una cosa molto brutta, ne è successa pure una bella che però mi ha confermato che sono diventata una nerd della politica incline ad asciugare il prossimo con le analisi degli equilibri elettorali.
Questa è la card con cui YouTrend si buttava in avanti, ore prima della fine dello spoglio, per annunciare la vittoria di Alessandra Todde. Una vittoria non proprio attesa, anche se non del tutto improbabile: la scelta delle destre di candidare Truzzu, sindaco di Cagliari talmente odiato dalla popolazione da perdere in casa in maniera rovinosa, ce la dice lunga sulla difficoltà di Meloni di reperire figure adatte a prendere voti. Truzzu - uno che si è fatto fotografare con la scritta “TRUX” su un braccio, per dire la finezza - ha perso di misura, ma ha comunque perso. Il Partito Democratico è il primo partito della Sardegna, mentre la Lega ha fatto un terzo della percentuale che ha portato alle dimissioni di Letta dalla carica di segretario del PD: chissà cosa ci vuole perché il partito prenda Salvini per il coppino e lo costringa a levarsi di torno. Forse pure qua è un problema di classe dirigente che non c’è.
Il resto delle considerazioni su questa tornata elettorale le lascio agli analisti, mi limito a far notare che ancora una volta l’ego maschile ha fatto danni: Renato Soru, candidato indipendente sostenuto (fra gli altri) da Calenda, ha rubato voti al centrosinistra senza ottenere risultati significativi. Si poteva evitare? Certo. Si è evitato? No, perché la vanità dei maschi (e l’incapacità di valutare in maniera oggettiva le proprie forze) viene prima di ogni considerazione sul bene della comunità. Poteva andare molto male. Per fortuna, invece, no.
E ora: 10 marzo in Abruzzo. La Sardegna mostra che ogni voto conta. Votare è importante. Sempre.
E allora le date
Il tour dello spettacolo tratto da Brutta inizia l’8 marzo da Genova, le date e i biglietti sono qui.
Il 2 marzo sono al Non Profit Women Camp al Museo dell’Automobile di Torino. I biglietti sono già disponibili a questo link.
Il 3 marzo sono al Teatro Pubblico Pugliese di Bari per Bari Diversa, festival del pensare queer.
Il 15 marzo sono a Caorle (VE) per un incontro nelle scuole e uno in biblioteca, dettagli da confermare.
Il 22 marzo sono a Sottosopra Festival, a Castelfranco Veneto.
Ce ne sono altre, ma forse faccio un’altra newsletter per raccontarle.
Ci risentiamo martedì prossimo.
Giulia
Se il 15 marzo sei a Caorle il 16 puoi venire a Fontanafredda al club Astro a ballare la soul music. Oppure se fai in tempo all’antica drogheria in vicolo delle acque a Pordenone il venerdì c’è il warm up, si beve, si mangia e si balla dalle 18 fin dopo mezzanotte. Io ci sarò, dal lago maggiore with love.
Ciao Giulia, a proposito della cosa che citi alla fine della newsletter, cosa ne pensi del fatto che all’evento di Bari non ci sia nessuna persona trans e poche della comunità queer?