Poveri, poveri figli di papà
Questa settimana: Geronimo La Russa, inseguitore di passioni; Beppe Grillo ti ha creato e Beppe Grillo ti distruggerà; l'affaire De Girolamo; le solite date.
Molti anni fa, in un’altra vita professionale, avevo una collega molto simpatica che era anche figlia di un politico di spicco. Nell’ambiente in cui mi muovevo allora non era cosa inconsueta, e ancora mi domando come avessi fatto a finirci dentro. La natura del lavoro faceva sì che si discutesse spesso in gruppo, anche in maniera molto pubblica: un giorno capitò che l’argomento fosse il nepotismo. I figli di papà, insomma. Quelli che, nel nostro bel paese, spesso occupano posti di prestigio nonostante manchino di esperienza significativa nel settore in cui sono inseriti, e quando ce l’hanno possono comunque contare su un Fast Track per l’impiegabilità, mentre altre persone, ugualmente o più capaci, devono fare la fila fuori dalla porta. Non se ne stava discutendo proprio in questi termini, eh: la critica strutturale della società patriarcale e del privilegio di classe era del tutto assente. C’era, però, una certa stizza, come c’è sempre quando si parla di gente che va avanti e fa carriera non per capacità individuali ma perché i parenti stretti possono alzare il telefono e piazzarla.
E insomma questa collega, che giuro, mi era simpaticissima e con la quale andavo d’accordo e che faceva il suo giorno dopo giorno come chiunque altro, se ne esce con una frase che virgoletto per enfasi, ma che non ricordo parola per parola (anche se posso assicurare che il senso era questo):
“Se non vogliamo che noi figli di papà occupiamo degli spazi, allora forse dovremmo avere uno stipendio, no? Così potremmo non lavorare.”
Questo mi è tornato in mente qualche giorno fa, quando ascoltando Morning di Francesco Costa ho appreso che Geronimo La Russa avrebbe reagito alle critiche generate dalla sua nomina nel Consiglio d’Amministrazione del Piccolo Teatro di Milano con una frase abbastanza simile: “Ho un cognome importante, lo so, ma ho anche 43 anni. Cosa devo fare? Devo annientare la mia vita e le mie passioni e aspettare il giorno in cui mio padre non darà più fastidio a nessuno?”
Geronimo La Russa, inseguitore di passioni, al momento presiede l’Automobile Club della Lombardia e siede nel CdA di Sara Assicurazioni, di M4 Spa (società che sta costruendo una linea della metropolitana a Milano), di Milan Real Estate e della holding H14, insieme ai figli minori di Berlusconi.
È così raro, per noi che stiamo qua fuori (anche noi che abbiamo magari potuto studiare, che siamo bianchi, ma non abbiamo ascendenti di rilievo) vedere con chiarezza il privilegio di classe degli altri, il loro senso di avere diritto al lavoro, a cariche pubbliche, a guadagnare bene in funzione delle proprie “passioni”, senza domandarsi mai se per caso quel diritto non sia solo una funzione dell’elitarismo e della cooptazione, di favori fatti e ricambiati. E se da un lato sappiamo come funziona, e sappiamo anche che le reti sociali rappresentano una valuta molto più spendibile sul mercato del lavoro rispetto alla preparazione o al talento, dall’altro apprezzeremmo un minimo di senso della misura, se non nella scelta degli incarichi da ricoprire, almeno nell’esternare il fastidio verso chi mette in dubbio la competenza di chi li accumula.
Mentre scrivevo ci ho pensato, ovviamente: ma io, di quanto privilegio dispongo? Ho davvero diritto al poco che ho messo insieme in tanti anni, o è solo che sono bianca, europea, eterosessuale, cisgender e non ho disabilità? È una domanda che mi sono fatta più volte, anche tenendo conto dei miei fattori di impedimento, essere una donna e venire dalla classe lavoratrice. La risposta è sì, assolutamente, è vera la seconda: poter studiare e potermi muovere liberamente in mezzo mondo sono due livelli di privilegio che tendiamo a dare per scontati, e che invece sarebbe bene ricordare che esistono. Altrimenti si fa la fine di Geronimo La Russa.
Vabbe’, quasi, dai.
Avevamo ragione su Beppe Grillo, ma Beppe Grillo ha torto
Non so se mi regge di rivedere tutta l’intervista-monologo di Beppe Grillo a Che tempo che fa, mi bastano gli stralci che ne sto leggendo in giro per dire una cosa che a me sembra chiara, ma che nella foga di dire “Visto? Visto?” magari ci stiamo perdendo, ed è questa: io non credo che Grillo, quando dice di essere “il peggiore” e di avere “peggiorato il paese” stia davvero facendo autocritica rispetto ai limiti del suo movimento.
È un dato di realtà: l’approccio di Grillo alla politica è stato un approccio distruttivo, che ha cavalcato la rabbia di chi si sentiva escluso dai processi decisionali e dalla rappresentanza e l’ha messa in programma. Ci ha riempito le piazze, con la rabbia e il desiderio di rivalsa. Anziché puntare sui contenuti, su un’idea di paese e su una sintesi ideologica chiara e riconoscibile (impossibile da realizzare nel momento in cui hanno affrontato e vinto la sfida elettorale: il Movimento 5 Stelle radunava chiunque, da destra a sinistra, sotto la bandiera del voler contare), Grillo e Casaleggio hanno sfruttato la mancanza di cultura politica e istituzionale del paese per mandare in Parlamento gente priva non solo di formazione specifica, ma anche di idee attuabili. Nati per reagire al berlusconismo, hanno finito per proseguirne l’opera di annientamento dell’impegno civile della cittadinanza e aggravato la polarizzazione estrema fra le opinioni. Il loro lascito più dannoso, oltre al buco in bilancio del bonus 110%, è il taglio dei parlamentari: è ironico che una forza nata per consentire ai cittadini comuni di incidere sul governo del paese abbia deciso che il mezzo per farlo era diminuire il numero dei rappresentanti. Il bilancio è disastroso, e Grillo farebbe bene a prenderne atto.
Solo che io credo che il motivo per cui Grillo va a dire queste cose in televisione, con questi modi, sia che si è reso conto da un pezzo di non avere più il controllo della sua creatura, e piuttosto che cederla preferisce tentare di distruggerla. Nel bene e nel male, i 5 stelle ormai si sono consolidati in una realtà che la gente vota ancora: meno di prima, ma con la stessa convinzione identitaria che caratterizza altri grandi partiti. Piacciono? Non piacciono? È irrilevante: esistono oltre Grillo, gli sopravviveranno (a differenza di Forza Italia, che si sta sbriciolando). E questo, temo, Grillo fatica a sopportarlo. Per cui si riprende il centro della scena, per quella che temo non sarà l’ultima volta, e cerca di seppellire il Movimento 5 Stelle guidato da Conte, a cominciare da Conte stesso. “Conte non era iscritto al Movimento, è un bell’uomo, un laureato, parla inglese, poi parlava e si capiva poco, perfetto per la politica… ma è migliorato. Conte arrivava dall’università, era avvocato, scrittore. Adesso lo vedete, ci mette un po’ di cuore.” Questo in inglese si chiama “damning with faint praise”: sembra che ti faccia un complimento, in realtà sto dicendo che vali poco.
Beppe Grillo fa il suo show, fa audience per Fazio (e tutti quelli che gli daranno un palco da qui in poi), ma andiamoci piano a prenderlo sul serio. Uno che utilizza lo spazio e il potere che ancora può spendersi per attaccare l’avvocata che rappresenta la parte lesa nel processo per stupro di gruppo in cui è coinvolto suo figlio non dovrebbe godere di alcuna credibilità, perché mi pare evidente che quando parla lo faccia anche e soprattutto pro domo sua.
L’affaire De Girolamo
La settimana scorsa ho pubblicato su Valigia Blu un articolo che prendeva in esame la pessima gestione del caso dello stupro di Palermo da parte di Avanti popolo, la trasmissione condotta da Nunzia De Girolamo. L’articolo è uscito quasi in concomitanza con una lettera firmata da una serie di professioniste (fra cui io) e indirizzata al Consiglio d’Amministrazione della Rai.
A differenza di altri casi, le polemiche non si sono placate subito e anzi, hanno generato reazioni tangibili da parte del CdA Rai, che si è interessato alla questione. L’obiettivo, ovviamente, non è colpire De Girolamo ma spingere il servizio pubblico a fare formazione al personale sui temi che richiedono una specifica sensibilità, e che non sono ovviamente solo la violenza sulle donne, ma intanto cominciamo da qui. Bisogna insistere, insomma, con buona pace di De Girolamo e delle sue fantasiose accuse di “maschilismo” nei confronti di chi la critica.
Le date!
Questa settimana ne partono due in cui non saprò a chi dare i resti, e potrebbe anche saltare la newsletter della settimana prossima, ma intanto:
Oggi è il mio compleanno, tanti auguri a me.
Il 17 novembre, trasporti permettendo, sono a Genova per Sky Live In. Dettagli qui.
Il 18 novembre sono a Udine per il Fake News Festival. Dettagli sull’evento a questo link.
Il 23 partecipo all’iniziativa Non ballo da sola, che si terrà a Firenze alla Sala Vanni. Dettagli qui.
Il 24 sono a San Marino per un evento che si svolgerà al Teatro Titano dalle 15.00 alle 18.00, intitolato Parole contro la violenza di genere. Dettagli qui.
Il 25 spero di essere in corteo con Non una di meno.
Il 28 novembre presento Sangue cattivo di Beatrice Galluzzi alla libreria Zalib. Ne ho parlato qui.
Ci vediamo in giro!
Giulia
Giulia, la tua é una delle poche newsletters che leggo dall'inizio alla fine e salvo. Sottoscrivo tutto. Parlaci della iniziativa Non una di meno, dove la trovo? e... auguri!!!
Auguriiii! E grazie come sempre per la bella newsletter