Tuesday's gray and Wednesday too
Questa settimana: Blue Monday con una settimana d'anticipo, consigli non richiesti per chi scrive, un commento volante a una storia di cui stiamo parlando un po' troppo, e una serie che sto guardando.
La settimana scorsa deve essere successo qualcosa, non so esattamente cosa, ma mi sono ritrovata con un botto di nuove iscrizioni all’improvviso. Queste prime righe, quindi, sono dedicate a dare il bentornato a chi ancora non ha cancellato l’iscrizione ma anche a chi negli ultimi giorni ha deciso di dare una chance a questa newsletter affettuosa. Ho un po’ di ansia da prestazione, ma niente che non abbia imparato a gestire.
Ieri era il lunedì più lunedì dei lunedì, vale a dire il lunedì in cui anche io ho ricominciato a lavorare, nel senso che mi sono alzata dal letto pensando alle cose che dovevo fare, pioveva, ho controllato e il calendario dice che Blue Monday è la settimana prossima. Ho pensato: ma non diciamo cazzate, dai. Non credo di essere la sola.
L’unica cosa buona è che ieri mattina, dopo settimane di blocco disperato in cui scrivevo e buttavo, scrivevo e buttavo e piangevo che non so più scrivere aiuto non so più scrivere, ho capito che dovevo dare retta al mio primo istinto e mettere giù le cose come mi venivano all’inizio. Adesso ricomincio, rifaccio tutto, e se la settimana prossima invece di quattro pagine ne abbiamo venti vuol dire che ci avevo preso. Ti aggiorno.
Di amichettismi letterari
Partiamo subito da una premessa: ha ragione Loredana Lipperini quando, nel commentare un articolo di Piero Dorfles apparso su La Stampa in cui si parla del deplorevole fenomeno dell’amichettismo letterario (in sintesi: scrittori che si recensiscono a vicenda, di fatto delegittimando la critica letteraria), dice che si pubblica troppo. È vero, si pubblica troppo. Esce una montagna di libri. E avendone scritti tre in quattro anni (quattro in cinque, se si conta quello che esce a marzo) mi sento pienamente corresponsabile di questa superfetazione libraria. Non è che il “troppo” siano sempre gli altri: è anche vero che se scrivi di mestiere, gli anticipi diventano i soldi con cui vivi. Le cose le possiamo dire con tanti eufemismi o dritte, e insomma, il grosso delle persone che leggono questa newsletter sanno che tendo a preferire la seconda opzione.
Non credo, però, che il problema dell’amichettismo sia riducibile alla quantità di roba che esce, o una reazione all’eccesso di libri pubblicati. L’amichettismo letterario ha una doppia funzione: scambio di favori (io recensisco te, tu recensisci me, tutti e due abbiamo il nostro spazietto, win-win) e creazione e mantenimento di uno spazio autoreferenziale che serve solo a individuare i prossimi candidati e potenziali vincitori dei maggiori premi letterari. Nel frattempo, il paese legge sempre meno, e sempre meno sceglie cosa leggere in base a quello che viene raccomandato da La Lettura o da Robinson. Il fattore dirimente per il successo di un libro, mi pare, sono i consigli di Booktok, vale a dire il circuito delle lettrici esistente su TikTok, ma pure i celebrity endorsement, più o meno casuali. Per cui un’autrice ampiamente considerata scarsa come Colleen Hoover vende una caterva di copie solo perché ne ha parlato non so quale sorella Kardashian-Jenner, e le booktoker si sono accodate.
La gente legge quello che legge, e se i libri di Hoover vanno bene buon per lei. Il problema è: dato un mercato che esiste, dato che la lettura rimane un momento di piacere per un sacco di gente, in che modo si esce dall’amichettismo letterario che ti fa gridare al capolavoro sulle pagine di un quotidiano che leggono ormai solo i vecchi, e si va verso una conversazione aperta, estesa e anche rigorosa sulla scrittura che riesca a coinvolgere anche chi altrimenti si passa di mano solo roba di scarsa qualità? La critica letteraria dovrebbe fare anche questo: parlare del pop, dei libri di puro intrattenimento, con serietà ma anche con la capacità di valutare quell’intrattenimento per quello che è, e di farsi capire (e apprezzare) al di fuori dei soliti circuiti. La buona letteratura è buona anche perché appassionante, godibile e coinvolgente: perché dà piacere a chi legge, lo trasporta, lo spinge verso altri mondi, altre vite. Lo so, mi ripeto. Ma l’unico modo per riportare la lettura (e di conseguenza l’alfabetizzazione, che è un’abilità fondamentale) nella vita delle persone mi pare proprio questo.
Allora vabbe’, ciao
Sono due, tre giorni o forse un mese, SEMBRA VERAMENTE TROPPO TEMPO che parliamo della storia della famiglia finlandese che viene in Sicilia perché la Sicilia è bella e calda e si mangia bene, e se ne va perché le scuole della Sicilia fanno cagare. A parte “Eh, spiace, ciao”, qualcuno è in grado di spiegarmi perché ci indigniamo collettivamente solo quando a dirci che le scuole fanno cagare sono le signore ricche venute dal nord Europa? Quando lo dice la gente qua in Italia - ed è vero: le scuole da noi sono fatiscenti, con programmi da riformare e non vengono incontro alle necessità delle persone che devono formare o delle famiglie - passa sotto silenzio. Arriva la finlandese: è notizia. E invece no, la signora finlandese può andarsene dove le pare senza finire sui giornali, alle scuole bisogna dare fondi e una riforma sensata, e ci dobbiamo levare questo senso di inferiorità misto a razzismo introiettato per cui quello che dice la gente che viene da posti dove fa freddo è automaticamente rilevante. E dai, e su.
Sto guardando
E non è Mercoledì, dillo che un po’ ti ho fregato. La seconda stagione di Ginny & Georgia è atterrata su Netflix praticamente in sordina, e non l’ho ancora finita: dato che 1899 me l’hanno chiusa alla bruttissima, spero che il finale di stagione non sia troppo aperto, perché si è capito che Netflix con l’affetto del pubblico ci fa un uso igienico. In questa seconda stagione, Georgia è sempre più amorale e sociopatica però tanto caruccia e Southern Belle, Ginny sempre più credibilmente petulante nella sua adolescenza devastata, Marcus sempre meno credibile come “messed-up kid” (a me sembra un bono adolescente molto maturo, soprattutto se messo a contrasto con la gemella Max: ora che Noah Centineo ha fatto il salto verso l’action e Jacob Elordi è entrato nell’Olimpo del mainstream, Felix Mallard è pronto per essere il nuovo re della rom-com di Netflix), e qualsiasi uomo nell’orbita di Georgia sarebbe un genitore migliore di lei, ma la serie è sempre godibile e per ora regge (a differenza di Cobra Kai, che abbiamo smesso di guardare per pura noia). Fra i tanti temi, il più rilevante mi sembra essere quello del trauma generazionale e di come le colpe dei padri (o in questo caso, delle madri) raddoppino il loro peso nei figli che sono costretti a portarle.
Una domanda
Questa newsletter è sempre stata gratuita, e per ora non ho piani di introdurre livelli di abbonamento. Però però la domanda la devo fare, e la faccio. Quale di questi contenuti ti farebbe considerare l’ipotesi di sottoscriverne uno? Se non l’ho indicato in queste opzioni, qui sotto ci sono i commenti: puoi scriverlo qui o rispondere alla mail (le leggo tutte).
Per questa settimana basta, ci sentiamo la prossima.
Giulia
ciao Giulia!
personalmente mi sta bene fare parte di una comunitá di supporter anche senza per questo avere contenuti in piú. se credo che tu faccia qualcosa di valido sono contento che sia a disposizione di piú persone possibile.
finora questo é stato il modo con cui ho sostenuto varie cose (esempio: da costa a costa, problemi, ilpost, link molto belli, cemento...) e lo farei volentieri anche con te.
stammi bene e grazie
pilo
Ciao Giulia, intanto quello che scrive l'utente Pilo lo trovo corretto: è lo spirito per cui ci si approccia a certe persone, soprattutto perchè si condividono le tematiche ed il modo di trattarle (al di là dell'opinione che può collimare o no). Io ti leggo perchè mi piace il percorso che stai facendo, come lo stai facendo. Mi piace che parli di libri, di politica, di femminismo ed individualità in generale. Soprattutto offri strumenti che permettono di ragionare e valutare, partendo dai fatti che cerchi sempre di esporre nel modo più oggettivo possibile, ragionandoci (insieme dopo). E poi, se si potesse pagare per l'ironia, opzionerei quella: se dovessi scegliere, pagherei quella con cui condisci sempre tutto, in modo magistrale! un abbraccio. Laura