Una cosa che mi fa ancora arrabbiare
Questa settimana: mi vergogno per gente che non sono io, Queen Charlotte e l'educazione sentimentale delle cinquantenni.
CW: pippone piuttosto incazzato.
Non ho visto il video di Sgarbi che faceva lo show del vecchio laido e volgare al MAXXI. Non ne ho bisogno, so benissimo chi è Sgarbi e cosa fa e come lo fa, e la volgarità e il sessimo che esibisce in pubblico sono il segnale superficiale del suo senso di onnipotenza: da decenni, Sgarbi campa accumulando incarichi che poi non è chiaramente in grado di ricoprire, facendo il cretino in pubblico e urlando in Parlamento, e non solo nessuno interviene, ma viene regolarmente premiato con altre candidature, altri incarichi. Il fatto che Sangiuliano lo abbia nominato Sottosegretario alla Cultura basta da solo a sbugiardare il ministro quando rivendica di avere fatto per la parità “più della sinistra”. Mai che caccino le pezze d’appoggio, quando dicono queste cazzate cose dimostrabilmente false.
Tutto questo è un regalo del governo Meloni. Il governo presieduto da Una Donna.
Potrei fare qui un inventario abbastanza esteso delle donne (in qualche caso autodefinite “femministe”, avrei delle cose da dire anche lì, almeno su alcune delle quali conosco i comportamenti privati e professionali) che hanno salutato la nomina di Giorgia Meloni a Presidente del Consiglio dei Ministri come “una buona notizia per le donne”. Era una stronzata, ovviamente: noi che abbiamo tutti i bulloni avvitati lo sapevamo e abbiamo avuto l’onestà intellettuale di dirlo, e avere avuto ragione non ci consola del fatto che ora dobbiamo subire un governo che ci odia. Odia le donne, in generale, e le femministe in particolare: queste brutte cattive ingrate che non fanno figli per la Patria, se li fanno pretendono asili e servizi, non si mettono a tappetino e con la lingua di fuori a rassicurare gli uomini che la violenza maschile non è una loro responsabilità, e non risparmiano critiche a nessuno. Maledette rompicoglioni che vogliono sfasciare la nostra bella società fatta di mamme e papà bianchi eterosessuali cisgender che vanno a messa la domenica, e se si accoltellano lo fanno a casa, in privato.
Avevamo ragione. Andate tutte affanculo, dalla prima all’ultima, i vostri nomi ce li ricordiamo. E anche voi, che siete state prudenti e possibiliste: dove siete, ora che il danno è diventato evidente? Dove siete, adesso che le politiche di Meloni e del suo governo sono apertamente repressive delle libertà individuali, e peggiorano la qualità della vita delle donne? Dove sono i vostri “Ho sbagliato”? Dov’è la solidarietà con le soggettività oppresse da questo governo senza idee che non siano punitive per i più deboli? Che vergogna. Mi vergogno io per voi, per la vostra mancanza di coraggio, per il vostro servilismo. Il vostro femminismo è niente, è carta straccia, è posizionamento. State sacrificando le vostre sorelle e compagne (e i loro figli e figlie) per la vostra piccola carriera, o peggio, per le vostre ossessioni transfobiche, a cui il governo Meloni sta dando sponda.
Ok, mi calmo
Per quanto mi piaccia insegnare, c’è un certo benessere nello svegliarsi la mattina senza l’ansia di dover andare in aula, e potendo invece disporre di vaste praterie di tempo non strutturato in cui scrivere, scrivere, scrivere. L’estate mi è sempre piaciuta - sono pur sempre Comandante in Capo delle Brigate Righeira, dedite all’edonismo, ai cocktail fruttati, alla sabbia sotto i piedi e ai vestiti di cotone svolazzante per lei e pure per lui, ché noi BRig ce ne fottiamo delle norme di genere - ma il motivo principale per cui mi piace è che lavoro di meno e scrivo di più. Quasi tutti i libri che ho pubblicato negli ultimi anni sono stati scritti d’estate, a parte credo Brutta, che essendo uscito a settembre è stato di sicuro consegnato molto prima1.
In questo periodo, per così dire, di freestyling ho recuperato qualche serie che avevo in sospeso, fra cui Queen Charlotte. Di tutti gli svuotacervello, Bridgerton è uno dei più adorabilmente prevedibili: ogni stagione, ogni trama è identica a quelle precedenti, amori a prima vista, signore impiccione, giovani donne volitive, giovani uomini di qualità discontinua, e ovviamente la componente quasi da teoria dei mondi paralleli, che accredita la versione (del tutto screditata dagli storici) secondo cui Charlotte di Mecklenburg-Strelitz sarebbe stata discendente da un’amante del re del Portogallo, Madragana, descritta come “mora”, e avrebbe da lei ereditato tratti somatici africani. Da lì a teorizzare una società desegregata, in cui tutte le etnie si mescolano (quasi) alla pari, è davvero un attimo.
Queen Charlotte, è, soprattutto, una storia d’amore e di malattia mentale. Nella vita reale, Charlotte e George ebbero davvero un matrimonio felice e quindici figli, e le preoccupazioni dinastiche (che furono risolte con la nascita di quella che sarebbe diventata poi Queen Victoria2) sono tutte vere. È vera anche la malattia del re, che nella serie viene raccontata seguendo la teoria della sindrome bipolare, all’epoca - ovviamente - ancora non diagnosticabile. Non sappiamo ovviamente in che modo quella malattia fu gestita nella vita reale (probabilmente non con lo stesso slancio passionale della serie), e non sappiamo nemmeno cosa succede fra l’ultimo momento in cui vediamo i regnanti giovani e felici e il momento in cui li vediamo anziani e ormai separati dalla malattia, ma c’è una grande tenerezza (e non poca consolazione per le spettatrici3) nel finale. Personalmente avrei gradito qualche dettaglio in più anche sull’altra storia d’amore, quella fra Brimsley e Reynolds, che si intuisce essere finita in qualche modo, ma non si sa bene quale. C’è un senso di scene tagliate, in quell’incompletezza. Chissà.
L’educazione sentimentale delle cinquantenni
Queen Charlotte, in parte, parla anche di un’altra cosa: del desiderio sessuale delle donne non più giovani. Come dice Lady Danbury a Violet Bridgerton: noi passiamo tutto il tempo a combinare matrimoni e a guardare le giovani coppie formarsi, ma non siamo mai considerate dalle cronache rosa. “Siamo una storia che nessun racconta”.
Ci stavo pensando, perché nelle ultime settimane ho avuto occasione di riflettere su quali prodotti culturali abbiano determinato la mia educazione sentimentale. Io sono nata nel 1972, quindi faccio parte a pieno titolo della Generazione X, la prima a essere stata rovinata non da Liala e dai suoi aitanti piloti o da Fabio Lanzoni con la camicia aperta sulle copertine degli Harmony, ma dall’animazione giapponese. Candy Candy, Georgie, Creamy, Lamù, Conan e Lana che aveva sempre bisogno di essere salvata nonostante fosse lei, fra i due, quella con i poteri paranormali: il nostro immaginario è stato formato da questi personaggi, e successivamente da È quasi magia Johnny, Hilary, Mila e Shiro e via dicendo. Per non parlare delle fanciulle lacrimose delle telenovelas sudamericane come Celeste o Topazio, emblemi della giovane ingenua e pura che per noi sarebbe dovuta essere aspirazionale.
I danni che ci ha fatto questa educazione andrebbero esplorati nel dettaglio (primo fra tutti, l’idea che l’amore fosse un’improvvisa esplosione di colori e luccichii), e non è detto che non lo faccia, prima o poi. Ma non era mica tutto brutto: di recente, a valle del concerto dei Depeche Mode al Primavera Sound, ho rimesso nella mia playlist anni ‘80 quel capolavoro che è Somebody4, canzone totemica della mia adolescenza, che racconta un amore basato sulla condivisione, sulla crescita, sulla vicinanza, sulla comprensione e il sostegno reciproci.
Poi ci sono stati Mulder e Scully, che nei miei vent’anni vissuti da X-Phile5 mi hanno offerto una versione dell’amore costruita sull’alleanza indistruttibile fra un uomo idealista e romantico e una donna pratica e concreta, un rovesciamento dei ruoli di genere tradizionali che Chris Carter aveva attuato in maniera consapevole e che ha avuto un impatto enorme sul modo in cui concepisco le relazioni.
Il ritorno del bad boy da romanzo rosa (Edward Cullen, Christian Gray, Hardin Scott, che poi sono di base tutti la stessa persona) non sarebbe stato così devastante e duraturo se non avessimo perso vent’anni di femminismo, vent’anni in cui avremmo potuto creare un altro immaginario, piuttosto che rimasticare il bolo delle fantasie di dominazione patriarcali. Adesso ci ritroviamo con le ragazze che sognano “l’uomo decisionista”, quando noi a vent’anni avevamo finalmente trovato l’uomo che metteva in dubbio ogni cosa, a partire da sé stesso, ma mai la sua compagna. È andato tutto storto, amiche.
Ci risentiamo martedì prossimo.
Giulia
Potrei controllare dalla mia posta, ma mi pesa il culo.
Ho controllato! Era proprio lei!
Femminile universale, se sei maschio e guardi Bridgerton non hai motivo di sentirti escluso.
Opinione controversa: i pezzi cantati da Martin Gore sono una spanna sopra tutti gli altri, o comunque finiscono per essere i miei preferiti del repertorio dei DM. A Question of Lust è un’altra che amo moltissimo, per esempio.
Se lo sai, lo sai. Se non lo sai, Google!
Ieri Costa a Morning ha evitato di riportare le parole di Sgarbi, oggi tu pure mi hai evitato un inutile versamento di bile... sto bene così, già piena cmq
In casa la TV scomparve nel 1979, e tornò nel 1990 -i motivi immediati erano economici (si era rotta e non c'erano soldi per aggiustarla) ma poi divennero ideologici. Per i miei genitori lo erano, perché io piccola bimba degli anni 80 vivevo con la sensazione di perdermi tutto. Insomma, un FOMO prima che esistesse il FOMO. Meno male che potevo andare a giocare a casa delle amiche e vedere un po' di cartoni -e poi mi mantenevo aggiornata con i giornalini, gli album di figurine, un allenamento interpretativo che sorprendentemente si rivelò inutile nelle versioni di greco. Insomma, sono sicura che essere stata meno esposta a quella TV qualcosa abbia avuto a che fare con la mia educazione, però non mi è mai sembrata una buona strategia. Fuggire dalla realtà è un ultimo ricorso, prima sarebbe meglio vedere la realtà, gestirla, magari discuterla e combatterla.
E fin qui il mio "più che una domanda, una riflessione".
(Ma i Depeche li ascoltavi al liceo? Oh, io mi sentivo solissima, l'unica matta che ascoltava sti 4 tipi. Le si ancora tutte a memoria, t-u-t-t-e, almeno fino a Music for the Masses. Poi hanno avuto successo e io mi sono dedicata ad altre cose)