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ott 8Messo Mi piace da Giulia Blasi

Grazie per il tuo articolo. Andando direttamente ai punti..come ben dici, punterei alto: una raccolta firme per il punto 4.

In subordine, il punto 1. Nessun conflitto con i sopracitati il punto 2, che può e deve essere conseguito in parallelo.

Sul punto 3 concordo: di difficile realizzazione e forse, al nostro scopo, scarsa incidenza.

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Le bambine e le ragazze di oggi si troveranno, in futuro, a un certo punto della vita, senza legge sull'aborto. Saranno cresciute senza nessuna coscienza politica, ignoranti su qualsiasi aspetto inerente i loro diritti, convinte di poter comunque fare ciò che vogliono o ciò che serve "che tanto il modo si trova". Ho 50 anni. non si può chiedere a me e a quelle della mia età di continuare battaglie, per le quali ho lottato scioperato litigato, che dovrebbero interessare molto più alle giovani che a me. L'energia residua di questi ultimi 20 anni di lavoro le dovrò impiegare per combattere il sessismo che mi ammorba l'anima ogni volta che entro in ufficio. Voterò per un referendum sull'aborto e aderirò a qualsiasi manifestazione o iniziativa pro aborto. Ma sono assolutamente convinta che la maggior partecipazione dovrebbe essere da parte di quei giovani di quelle giovani che sono colpevolmente assenti.

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Io ne ho quasi 52 e cor cazzo che le lascio da sole.

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Buon per loro. Però non prevedo ondate di gratitudine e riconoscenza. Poi ovviamente sono la prima a sapere che certe cose non si fanno per ritorno ma perché è giusto moralmente. Però sarebbe il caso che anche chi usufruisce dei risultati delle battaglie altrui lo riconoscesse

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Io non voglio né gratitudine né riconoscenza, le cose giuste, appunto, si fanno perché è giusto. Non per gratificazione egotistica né per fregiarsi del titolo di madri nobili.

La mia generazione è stata mollata dalle sue madri, che adesso pretendono riconoscenza, ma soprattutto pretendono di normare il modo in cui facciamo femminismo. Non abbiamo tempo per le cazzate, e ora che tocca a me aiutare, non pretendo di normare il femminismo delle giovani.

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Se le nuove generazioni, di tutti i tempi, non hanno partecipato come e quanto le generazioni passate, e non hanno "ringraziato", per il lavoro svolto dipende sempre e soltanto da chi queste generazioni le ha e le sta educando al coinvolgimento...quindi da noi genitorə, nonnə, insegnantə, femministə...et al.

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Ma ti pare che una debba mettersi a "ringraziare", ma per carità di Dio, io lo trovo imbarazzante.

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ott 11·modificato ott 11

Io no. Per niente. È stato un grossissimo errore non fare pesare a sufficienza i risultati ottenuti nel 68 e portarli in dono alle generazioni successive come un regalo di natale invece che come frutto di lotte faticose. E adesso che chi quelle lotte le conosce, (per cultura), le porta avanti con integrità e per senso morale. Due cose che notoriamente non attirano le folle di cui questi temi hanno bisogno per entrare nelle urgenze delle persone e portare alla loro adesione. Ce la contiamo tra noi e rimaniamo sole. Se invece prendessimo a sberle (metaforicamente ovvio) ste ragazzine arroganti di oggi parlando il loro linguaggio 'oh ma lo sai che se puoi trombare a 15 anni e avere un consultorio è grazie a chi ha lottato per avere la pillola? Eh lo sai? Ti piace sta tranquillità? Ecco allora muovi il culo e fatti sentire anche che tra un po' niente pillola e niente consultorio "...ecco magari un po' di attenzione utile si otterrebbe

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Che brutto atteggiamento che hai: con questo atteggiamento fai passare la voglia a me, figuriamoci alle giovani. La mamma esigente che pretende riconoscenza è respingente per me, figurati per loro. Che brutto e che fastidio. Non mi piace e non è il mio modo. Non lo sarà mai.

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Ma non si tratta di chiedere riconoscenza x qualcosa che nemmeno noi abbiamo conquistato personalmente. Ma di far presente che quel qualcosa - diritti aborto parità - sono cose preziose che loro rischiano di non averle più in futuro. Se continuiamo a fare le paladine delle giovani che ,poverine, qualcuno le deve difendere perché non capiscono, invece di spiegare e far CAPIRE loro l'importanza delle cose, non otterremo MAI niente. E nemmeno loro . Facciamo le mammine accudenti invece che fare le educatrici. A ragazze che sono in una età in cui gli adulti li considerano un ostacolo. Figurarsi....una battaglia persa

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Condivido molte delle cose che dici sulla tua mailing list, anche se a volte, secondo il mio modesto parere, esprimi concetti, condivisibili o meno, spacciandoli come realtà inequivocabile e incontrovertibile, quasi fosse "Vangelo" e non mi pare che ciò sia nelle tue corde, come quando parli di femminismo, mentre, secondo me, è fondamentale avere sempre anche dubbi sulle proprie certezze (scusa il gioco di parole). In ogni caso ti sono grato perchè offri sempre interessanti spunti di dibattito. Questo tuo ultimo scritto sull'OdC all'aborto non mi trova d'accordo. Io sono un obiettore di coscienza al servizio militare e quindi alle armi, e la prima norma emanata in Italia che ha sancito il Diritto anche ad obiettare è stata proprio questa, era il 15.12.1972, successivamente sono venute le altre due norme (almeno che io conosca) che sanciscono altri diritti al'OdC e riguardano appunto l'IVG e la sperimentazione animale (da non confondere con la vivisezione che è vietata per legge). Quello che tu dici, di cui comprendo bene le ragioni, per me, che sul tema dell'obiezione, a partire dal discorso delle armi, per arrivare agli altri temi e a quelli non ancora normati, ho studiato, pensato e formo ogni anno tanti volontari dell'attuale servizio civile volontario, non è condivisibile, perchè laddove una legge, finalmente, dopo secoli di prevalenza di norme fuori da noi, riconosce che la coscienza, su temi importanti come vita, guerra, convivenza con altri esseri senzienti, può avere un valore più alto della norma generale stessa, è un successo che, sempre secondo me, non va messo in discussione. Io non sono un medico, sono un educatore, e ho tre figli e non mi sono mai trovato di fronte alla decisione se procedere o meno con una gravidanza, ma, se mi fosse successo, e non è stato impossibile, non lo è per nessuno, sarebbe per me stata una sofferenza e una decisione difficilissima, qualsiasi fosse stata, perchè il dilemma embrione vita sì/vita no, rimane insoluto, e, e ritorno a bomba, si può risolvere solo nell'ambito della propria, personale, unica, inattaccabile coscienza. Se poi mi dici che le coscienze non sono formate, che sono formate a senso unico, che i servizi, come ben descrivi, tendono a valorizzare gli Odc all'Igv e non gli altri, comprendo e questo mi fa arrabbiare. Ma per me, e a questo credo, il fine non giustifica mai il mezzo, a meno che non si debba salvare qualcuno in quel preciso istante dalla morte. Immagino che mi potresti raccontare che questo lascia le donne nella loro difficoltà, ma io non credo alle vie facili (questa dell'abolizione non lo sarebbe, ma pur sempre più facile di una vera e reale rivoluzione culturale), come ad esempio, io che frequento il carcere da 35 anni, quella di chi propone pene più severe per chi si macchia di omicidi di donne (aborro il termine femminicidio, come gli asterischi a fine parola, forse sono semplicemente un po' boomer come dicono i miei tre figli), e io so che non c'è nessuna legge nell'Italia repubblicana in cui si siano aumentate le pene che abbia avuto una minima ricaduta, l'unico provvedimento che ha in parte funzionato in tale senso (ma a che prezzo???) è il 41 bis, ma mi rendo conto di stare divagando. Tornando al nocciolo della questione, quando racconto in formazione dell'evoluzione di norme che hanno riconosciuto il diritto all'obiezione di coscienza, non dimentico di raccontare che, nel caso dell'IGV, lo stato si trova, dal momento del riconoscimento dell'OdC, di fronte a due norme che tutelano due diritti, dal mio punto di vista sacrosanti, che collidono tra loro. Ma il problema non è legislativo, è pratico. Compito dello stato è, come in tutte le materie, garantire che ENTRAMBI VENGANO TUTELATI, e quindi organizzare i servizi in maniera che non accada mai, e nessuno mi dica che è impossibile, che del personale medico si trovi a fare ciò che la coscienza gli impedisce di fare o che una donna, o una coppia, si trovi a non poter esercitare un diritto altrettanto sacrosanto. Impossibile? Assolutamente no! Difficile? Forse! Oggetto di battaglie politiche, vedi gli States, vedi Trump, vedi la nostra premier, vedi l'esempio delle Marche, dove c'è una puntata di Report veramente istruttiva. Ma non vedo altre vie, alcune le indichi già tu, ma ci vuole, alla base, un lavoro culturale che modifichi il paradigma e che faccia prevalere le coscienze personali, nutrite, educate e libere di scegliere, a fronte dei diktat religiosi o politici. Scusa la mia scarsissima capacità di sintesi e i discorsi magari a volte molto arzigogolati, ma spero di essermi, almeno in parte, fatto comprendere. Buon lavoro e grazie per le tue condivisioni. Massimiliano

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Sto in verticale come te! 💜

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Se l’apertura mattutina di Threads ti fa produrre questi contenuti, forse abbiamo trovato finalmente l’unico scopo utile di Threads. A parte gli scherzi, grazie.

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a chi interessa c'è una bela sezione sull'aborto nel mondo al festival della fotografia etica a Lodi (fino a fine Ottobre), il lavoro di Kasia Strek che è Vincitore della sezione Spotlight Award al festival della fotogrqfia etica di Lodi, edizione 2024 (post lungo)

THE PRICE OF CHOICE

Ogni giorno, nel mondo, sono circa 130 le donne che muoiono a causa di un aborto non sicuro e ogni anno sono 7 milioni quelle che soffrono di invalidità temporanee o permanenti. Secondo l'OMS, l'aborto non sicuro, l'unica causa di mortalità materna completamente prevenibile, rappresenta ancora il 13% dei decessi a livello globale.

Statisticamente, una donna su tre affronta almeno un aborto nel corso della vita, indipendentemente dal gruppo etnico a cui appartiene, dalla religione o dallo status sociale. L'accesso sicuro all'aborto è stato stabilito come diritto umano da numerose strutture internazionali, quali il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite e i tribunali per i diritti umani in Europa, nelle Americhe e in Africa. Nonostante ciò, le donne continuano ad essere stigmatizzate, costrette a portare avanti gravidanze indesiderate o pericolose per la loro vita, o a ricorrere a soluzioni ad alto rischio, questo avviene in diverse aree geografiche, sia nei paesi sviluppati che sottosviluppati. Molte sono minorenni, sopravvissute a stupri o con problemi di salute. In tutto il mondo, la scelta delle donne che vogliono ricorrere all'aborto devono affrontare il rifiuto, gli oneri finanziari e, in taluni casi, anche prigione. Le leggi restrittive sull'aborto sono collegate alla mancanza di un facile accesso alla contraccezione, alla scarsa educazione sessuale, alla violenza sessuale e di genere e alle religioni utilizzate come strumento politico.

Nel 2020, in Polonia, dopo le restrizioni delle leggi sull'aborto, sono iniziate una serie di proteste, poi violentemente represse. Nelle Filippine, l'accesso universale alla contraccezione moderna è stato legalizzato solo nel 2012. In Egitto, le donne incinte prima del matrimonio rischiano la morte per aver disonorato le loro famiglie. Nel sud degli Stati Uniti, l'educazione sessuale non è inclusa nel programma scolastico e i tassi di gravidanza tra le adolescenti sono i più alti del mondo sviluppato. In El Salvador, le donne rischiano fino a quaranta anni di carcere per aborto o addirittura per complicanze ostetriche. In Nigeria la violenza sessuale è stata dichiarata emergenza nazionale e la mortalità materna è tra le più alte al mondo.

Gli esempi di paesi quali la Polonia e gli Stati Uniti, dove le leggi sull'aborto sono state effettivamente inasprite nel 2020 e nel 2022, mostrano che le restrizioni aumentano la morbilità infantile e materna. Le donne che non sono in grado di interrompere gravidanze, darıno alla luce bambini che non sopravvivono, mentre i medici, preoccupati di infrangere la legge, esitano a prendere misure salvavita per le pazienti in caso di mancato aborto spontaneo. Il dibattito politicizzato riguarda il valore e il ruolo delle donne. E una delle principali fonti di stigma sociale e una questione di potere: chi ha il diritto di decidere quando si parla di fertilità femminile? Le conseguenze dell'aborto non sicuro non hanno un impatto solo sulle donne, ma sulle loro famiglie, comunità e società

Secondo l'OMS, la mancanza di accesso all'aborto sicuro costa ai sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo 553 milioni di dollari all'anno che devono essere destinati alle cure post-aborto.

Alcuni luoghi e nomi di donne o medici sono stati modificati o non sono stati inseriti per tutelare la loro privacy o perché minorenni.

Nessuna delle foto è staged (posata) o scattata senza il consenso delle persone ritratte.

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Ciao Giulia, ti scrivo per la levotiroxina, puoi prenderla a flaconcino così da non aspettare mezz'ora tutte le volte. Sono le pillole che ti costringono a farlo, ma se lo prendi in forma liquida, puoi fare colazione subito. Chiedi al tuə endocrinologə

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Grazie! A dicembre avrò il prossimo controllo e glielo dico.

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Che in Italia non esista nessun diritto al all'aborto non è abbastanza noto - del resto si litiga sul fine vita, sulla contraccezione, su qualunque cosa implichi l'autodeterminazione della persona, forse perché nessuno ha abolito il codice Rocco quando era ora, e ci trasciniamo ancora dietro l'idea che i nostri corpi (di tuttə) siano proprietà dello Stato. La 194 va rivista, ma coi tempi che corrono temo si possa solo peggiorare, almeno finché la sinistra resta ostaggio di una minoranza cattolica bigotta e razzista, pure, visto che l'inverno demografico esiste solo nella testa dei suprematisti bianchi

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Quanto mi ha fatto arrabbiare quanto tempo fa ho discusso con un conoscente, non ricordo neanche chi se non che fosse bianco, che io sappia uomo eterocis, che alla mia affermazione sul fatto che non vivrei in America perché sono indietro come diritti, e ho fatto l'esempio dell'aborto, ha risposto "Eh ma in alcuni stati puoi, il bello dell'America è che se non ti vanno bene le leggi di uno stato ti sposti", non considerando che non tutte le persone hanno i mezzi per spostarsi, se sei povera e rimani incinta (magari subendo un abuso) in un paese dove l'aborto è illegale, cazzi tuoi.

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A me un medico GINECOLOGO sui social ha risposto che se una vuole abortire e non trova dove farlo, "gira un po' e poi trova", come se l'aborto fosse un giro di shopping alla ricerca di un paio di scarpe.

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Un altro atteggiamento che mi ha fatta incazzare ma anche sorridere per l'ingenuità, sotto un post su Facebook in cui si parlava del tema (era una storia inventate - ma verosimili - di Commenti Memorabili o Mentire di fronte alle spunte blu di Whatsapp in cui una ragazza veniva contattata dalla cugina perché aderisse a una proposta di legge per obbligare le donne che vogliono abortire ad ascoltare il battito, alla fine si scopre che la ragazza vuole abortire ed è un tentativo manipolatorio della cugina anti-scelta), una signora contraria assolutamente all'aborto scrive qualcosa tipo "io ho dovuto abortire perché il bambino non sarebbe sopravvissuto e avrei avuto gravissimi problemi di salute ma lo avrei portato volentieri in grembo 9 mesi", non realizzando che in molti paesi avrebbe potuto tranquillamente morire e dare alla luce un bambino morto, non le avrebbero consentito di abortire in ogni caso

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Sì, quelle contrarie all'aborto per le altre ma non per loro non capiscono che loro sarebbero morte, se avessero dovuto seguire le stesse regole che pretendono di imporre alle altre con l'unica discriminante della volontà di autodeterminazione. Per questo dico sempre che il discorso sull'aborto come "decisione difficile e lacerante" è dannoso.

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Grazie di aver linkato la legge, sono andata a leggermela.

L'art. 4 è assurdo... ma anche l'art 5

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Quello che dici sulla democrazia lo condivido. Vado fuori tema, ma personalmente (anche se molte femministe non sono d'accordo) allargo questo concetto pure al capitalismo, un altro di quei sistemi che alla prova dei fatti sono "il peggiore al mondo, esclusi tutti gli altri". Parafrasandoti (non arrabbiarti), la mia esperienza mi ha portato a pensare che dobbiamo essere femministe dentro il capitalismo, non ai margini. Non vedo altra strada che quella della partecipazione attiva, consapevole, impossibile da ignorare: l’inseguimento di una pratica pura e perfetta ha paralizzato e continua a paralizzare il nostro cammino verso l’affermazione non solo del benessere di singole donne, ma direttamente della sostenibilità economica di miriadi di organizzazioni e imprese ideate e condotte da donne. Poi certo il capitalismo del mondo reale spesso non è ben regolato, ma questo è un deficit in primo luogo delle nostre democrazie, non solo del nostro capitalismo.

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Non sono sicura che il femminismo sia possibile dentro il capitalismo senza metterlo in discussione. Mi pare che così diventi il circolo del cucito delle signore bianche e ricche, e non mi interessa molto. Detto questo, è chiaro che adesso ci stiamo e ognuna fa quello che può, ma senza il dogmatismo del sistema intoccabile, perché al punto in cui siamo la lotta di classe l'hanno vinta i ricchi, e l'hanno sostituita col culto del padrone.

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Svezia, Danimarca e Norvegia sono sistemi capitalistici con forme di governo socialdemocratiche, e non mi sembra che necessariamente abbiano il culto del padrone. La più grande emersione dalla povertà (centinaia di milioni di persone) negli ultimi 40 anni si deve non a un sistema economico comunista ma a uno profondamente capitalista, quello cinese, pur nella sostanziale assenza di una democrazia come la intendiamo noi qui. Insomma non cadiamo nell'equivoco secondo cui capitalismo uguale America. Peraltro in America il femminismo intersezionale sta messo decisamente meglio che da noi.

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