Barbie, Barbie ovunque!
Aspettavo questo momento da mesi, quindi usciamo un giorno prima.
Lo aspettavo da quella che sembrava ormai una vita. Dal primo trailer, no, dalla prima foto di Margot Robbie dentro la decappottabile e dall’annuncio che quel film sarebbe stato diretto da Greta Gerwig, che non posso non amare per l’onestà fanciullesca con cui affronta i progetti che dirige e il rispetto che nutre per il pubblico. Come si fa a non amare una che riesce a vendermi il rifiuto di Jo a Laurie? Vabbe’, quasi. Quello è un trauma che non si supera, e non c’è Saoirse Ronan che possa convincermi che Jo non avesse fatto una cazzata: secondo me pure Gerwig è d’accordo, tanto che invece che farla accoppiare con un vecchio rompicoglioni la appaia a Louis Garrel. Poi c’è Margot Robbie. Margot Robbie è una delle più grandi attrici della sua generazione. Fight me.
Vabbe’, andiamo avanti. Io questa settimana voglio parlare solo di Barbie.
Il posto dove vivono i miei è abbastanza vicino alla base NATO da avere proiezioni in lingua originale di qualcuno dei titoli in sala, e questa volta il prescelto era Barbie, il blockbuster della settimana, presente in più sale contemporaneamente. Intorno e dentro al gigantesco multisala UCI si aggiravano frotte di esseri umani femmina abbigliati in tutte le sfumature del rosa, e già questo mi sarebbe bastato a farmi capire che Barbie è, come ha detto giustamente Stanlio Kubrick, un film destinato a essere (se non proprio a rimanere) un culto generazionale.
Il multisala UCI di Fiume Veneto ha l’aria un po’ desolata. La sala giochi al piano terra ha chiuso, quello che un tempo era un foyer incasinato è ora spoglio come un ambiente di transizione di The Last of Us1 e la biglietteria è diventata quattro totem in un angolo del piano di sopra. Sono le cicatrici della pandemia, quelle che fatichiamo a vedere nella fretta di riprenderci gli spazi e le abitudini che avevamo dovuto sacrificare: però venerdì sera, alla proiezione delle sette e mezza (la prima, quindi) c’era già un bel po’ di gente. Mi è sembrato un bel segnale.
Ma torniamo un attimo alle ore prima di andarci, al multisala. Pioveva a dirotto, e con tutta la nipotanza eravamo chiusi nella mansarda di casa, chi a giocare a Gran Turismo e chi con pupazzi e macchinine. Alessandro, che ha quattro anni e non ha ancora - per fortuna - l’orrore delle cose “da femmine”, è molto interessato al camper di Barbie, uno dei tanti accessori che mia sorella e io abbiamo collezionato negli anni. A sua disposizione c’erano un Ken completamente nudo, uno vestito in smoking ma senza una scarpa, la mia Barbie Ballerina con il costume macchiato d’inchiostro, Tracy della Famiglia Cuore, Skipper e Barbie Dottoressa. È stato lì che mi è venuta l’idea di lavare i capelli a Barbie Ballerina e Tracy e di mettere in candeggina il tutù con il corpetto macchiato. Cosa vuoi che succeda?
Il film, insomma
Partiamo dal fatto che quando sono entrata al cinema avevo già alle spalle due giorni di maschi triggerati sui social. Lo so, non si dice “triggerati”, ma come altro esprimere il misto di stizza, ferocia e livore con cui il maschio che si crede colto e illuminato ha reagito a questo film? Non nel senso della visione del film, ma proprio della sua esistenza nelle sale. Davvero non ci si crede, e dato che non potevo pensare che il problema fosse davvero quello che dicevano2 - Barbie simbolo del capitalismo! Barbie finto femminismo! Se ti piace questo film è perché non sei abbastanza di sinistra/femminista/cinefila/intelligente! - ho deciso di andare a vedere con i miei occhi. Nah, ci sarei andata lo stesso. Sai cosa me ne frega del maschio, illuminato o meno.
Ecco, a visione conclusa credo che il problema sia proprio questo: che non ce ne frega niente, non abbiamo bisogno di cercare conferme, capiamo tutto e non ci servono spiegazioni. Barbie è uno di quei rari film in cui le donne sono davvero al centro della storia, e non nel modo solito, da sconfitte dalla vita o modelli pedagogici, rappresentazioni del dolore del mondo o eroine, romantiche e non. Le donne al centro di questa storia non sono le donne sullo schermo: siamo noi, che viviamo, esistiamo, siamo a volte straordinarie a volte meno, balliamo, ridiamo, siamo bambine, giovani, vecchie, bastiamo a noi stesse, siamo esseri completi e non variazioni minori della gente per cui sono costruiti i film del Marvel Cinematic Universe. Siamo noi, la nostra cultura, la nostra esperienza e i nostri giocattoli. Siamo talmente abituate a vederci filtrate attraverso lo sguardo di qualcun altro, utilizzate come simboli, veicolo di messaggi, visioni o semplice materiale erotico al servizio dello sguardo maschile che ci sembra straordinario - e irrinunciabile - essere gli umani di riferimento di un’opera. Il centro del mondo. Il default di un intero codice culturale. Se il maschio capiscione non capisce è perché di questa cultura se n’è sempre abbondantemente fregato: era “da femmine”, a lui non interessava. Adesso va a vedere Barbie, non capisce un cazzo e pensa che il problema sia Barbie, e non lui.
Barbie è per molti versi (e tra le altre cose: ho visto interpretazioni molto diverse e tutte valide) una commedia universale sul diventare grandi, capire chi si vuole diventare e accettare la fatica del cambiamento, che è parte stessa dell’esistenza in vita. È anche un film che si burla del patriarcato e lo ridicolizza in un modo che è codificato attraverso una serie di iperboli immediatamente comprensibili almeno dalle Millennial in giù: c’è tutto, c’è il sogno di un mondo privo di conflitto in cui le donne possano splendere senza alcuna fatica e gli uomini abbiano un ruolo ancillare (un mondo in cui probabilmente ci annoieremmo a morte: o forse no? A parti invertite, gli uomini mica si annoiano). C’è il mansplaining. Ci sono le pick-me girls, mai spiegate ma molto bene illustrate. E c’è il risveglio femminista, quello sì, quello c’è eccome, che si verifica proprio come spesso avviene nella vita vera, attraverso la sorellanza e una donna più grande (o due!) che ti spiega come stanno le cose e ti trascina fuori dal gorgo di ansia, sindrome dell’impostora e dipendenza psicologica in cui il patriarcato ama tenerti per poterti sfruttare meglio.
Certo che capisco perché i maschi fragili vanno - obtorto collo - a vedere Barbie e ne escono umiliati e offesi3: questo film mette in scena una versione esasperata e molto fucsia della loro cronica sopravvalutazione e del loro privilegio. In tutto il film non c’è un solo maschio davvero cattivo, ma nemmeno uno intelligente4. Sono tutti mediocri e convinti di essere straordinari, addirittura universali. Sento puzza di code in fiamme.
Barbie (la bambola) è un fenomeno globale che ha attraversato i decenni senza riguardarli mai direttamente, e non ti attuferò qui con il mio rapporto personale con le forme impossibili di Barbie e delle sue amiche: anche da piccola ero perfettamente conscia della differenza fra me e una bambola di gomma con i piedi verticali e i capelli di plastica, grazie tante. I problemi con il mio corpo non me li ha causati Barbie, me li hanno causati la mia famiglia, i miei coetanei (e coetanee), la società dell’immagine, le Fast Food di Drive In, i miei compagni e compagne di scuola, i giornali femminili che mi vendevano diete e trucchi per “valorizzare” il mio corpo, e via dicendo. Ci ho scritto un intero libro, la parola “Barbie” non credo compaia nemmeno una volta.
Se Ken è “just Ken” mentre Barbie è “everything” è perché funzionava e funziona proprio così: Barbie era pensata per noi, era un gioco di ruolo, ci serviva per sognare, raffigurarci, proiettarci, divertirci ed essere favolose. Ken era un accessorio anche prima di questo film. Ken esisteva, ma ne potevamo fare a meno. Ogni tribù di Barbie ne aveva a disposizione al massimo un paio (il rapporto a casa nostra era di due contro venticinque. VENTICINQUE): Barbie bastava a sé stessa. L’universo di Barbie funzionava esattamente al contrario rispetto a quello delle nostre vite: è da qui che sono partiti Gerwig e Noah Baumbach per creare questo film. I maschiolini piccolini poverini non riescono a reggere l’idea di non essere al centro del mondo nemmeno come ipotesi in una commedia su delle bambole che vivono in un mondo parallelo che si congiunge al nostro sul lungomare di Santa Monica. Figuriamoci quanta disponibilità potranno mai avere a mettersi in discussione nella realtà.
Non sono tanto le Barbie di Barbie a terrorizzare i maschi capiscioni, quanto il fatto che questo evento cinematografico di massa, quest’opera collocata al cuore del pop su cui tutti hanno un’opinione e che nei primi giorni in sala ha già doppiato il budget necessario per realizzarlo sia chiaramente non pensata per loro, non in un modo che li esclude in maniera esplicita ma in un modo più sottile, più vicino - appunto - al modo in cui i film d’azione non escludono le donne ma nemmeno le includono. Se vogliamo andare a vedere maschi che si fanno saltare in aria, bene: altrimenti, fatti nostri. Nessuno chiede ai film d’azione di essere altro che film d’azione: chissà perché a una commedia con un cast a maggioranza femminile si chiede di essere “femminista”, “intelligente”, di “avere un messaggio”, e non semplicemente di farci passare un paio d’ore ridendo. Barbie è questo: non un film di nicchia, non un film per femmine con l’amore più o meno tragico e il Grande Messaggio da interiorizzare e tantomeno un film “femminista” nel senso che ti insegna o ti rivela qualcosa che non sapevi. È qualcosa di peggio: un blockbuster che gira intorno alle donne ma che occupa spazio anche nel mondo degli uomini, su cui gli uomini sentono di dover prendere posizione, e che comunque non riescono ad affossare. Intollerabile, davvero intollerabile5.
Oddio, ho lasciato il vestito di Barbie in candeggina
Alle undici sono tornata dal cinema, sono andata nella lavanderia di casa per sciacquare il costume da ballerina e la macchia era sparita, però era sparito anche il corpetto del vestito, disintegrato dal cloro. Un po’ depressa, il sabato mattina mi sono alzata presto, ho fatto colazione e ho chiesto a mia madre se per caso le avanzasse del raso bianco, richiesta non del tutto peregrina dati i suoi trascorsi come costumista di Carnevale per entrambe le figlie.
Le successive tre ore le ho impiegate a modellare, tagliare, cucire e decorare un corpetto sostitutivo da agganciare al tutù originale. Il fit non è proprio clamoroso6, ma nel complesso sono contenta. Barbie ha anche i capelli puliti e pettinati e tutt’e due le scarpe. Mio padre mi guardava costernato: “A cinquant’anni ti metti a giocare con le Barbie?” Ho fatto spallucce. E quindi?
I due maschi7 con cui ho visto Barbie, comunque, si sono molto divertiti. Il grande ha delle teorie sue sul messaggio politico, che condivido; il più giovane rideva fortissimo e nell’ultima sequenza dei Ken ululava “Cosa sto vedendooooo!” Insomma, datecene ancora. E grazie Barbie.
Giulia
Il gioco, il gioco.
Ci sono poche persone più affidabili del maschio che si crede colto e illuminato, quando mi serve una controprova.
Ma più facilmente: non ci vanno e si sentono umiliati e offesi per sentito dire.
A parte Allan: Allan è quell’unico amico femminista che tutte abbiamo, e che spesso è lo stesso per decine di donne.
Si prega di depositare i “Non tutti gli uomini!” nel bidone dell’umido più vicino, tanto è quello il loro posto.
Perché a cucire sono una pippa, purtroppo.
Un uomo adulto e un adolescente di quindici anni e mezzo, per la precisione.
Dopo aver letto sono stata fulminata da un solo pensiero - non ho mai avuto un Ken, né mai ne ho desiderato uno. Ho avuto tantissime Barbie (compresa una bellissima versione anni '50 di mia mamma, con tre diverse parrucche e un set di abiti splendidi - dall'abito lungo di gala al sari indiano rosa antico bordato d'oro, che io immaginavo di far indossare alla mia Barbie in viaggio diplomatico). Ho giocato con le Barbie fino a quasi 16 anni, avendo due sorelle molto più piccole. Ma non abbiamo mai avuto, né desiderato, un Ken.
Pensavo ieri la stessa cosa, alle donne chiediamo di più anche nei blockbuster sui giocattoli. Forse sarà la presenza di Gerwhig e Baumbach o il cast coinvolto ma nessuno ha chiesto a Transformers o GiJoe di essere più che divertimento e scoppi, qua invece se lo vedi crolla la civiltà occidentale.