La settimana degli accenti sbagliati
Podcast, libri e un bel po' di date in cui vederci in giro
Stavo per scrivere che “marzo è finito”, poi ho pensato che erano solo finite le trasferte, poi mi sono ricordata che non solo non sono finite ma che il 2 aprile esce questa cosa qui. Che ho raccontato qui.
Ma facciamo che questa settimana parliamo d’altro, dai.
Una domenica di primavera, un podcast
Se esistesse l’equivalente podcast degli Alcolisti Anonimi, io sarei una di quelle sedute in cerchio che contano i giorni dall’ultima volta che ha cliccato su un episodio di quelle serie di plastica tutte identiche prodotte da Parcast e narrate da Greg Polcyn e Vanessa Richardson, la quale ci tiene a ricordarci che non è una psicologa, ma ha fatto un sacco di ricerche. O forse no: i podcast sono stati e sono una grande fonte di intrattenimento, informazione e talvolta anche di ispirazione, anche se devo imparare a moderarne il consumo quando sono in fase di scrittura. Il problema di quando ne ascolti così tanti, perché li usi come colonna sonora delle camminate all’aperto, li ascolti in treno e in aereo, li tieni in sottofondo quando cucini o pulisci casa, è che a un certo punto quelli buoni sono finiti. E come in ogni dipendenza che si rispetti, quando la roba buona finisce si assume quella mediocre, e quando finisce anche quella si ricorre a quella scadente.
Nel mondo dei podcast italiani esiste una serie A di prodotti realizzati con cura, interessanti e coinvolgenti, una serie B di roba meno curata ma comunque ascoltabile, e una quantità mostruosa di prodotti fatti con lo stampino, buoni per tappare un buco e che l’algoritmo di Spotify mi propone solo perché fa presto a dimenticarsi che ho orecchio per la maggioranza delle varianti regionali dell’inglese, per cui non ho grossi problemi a seguire prodotti australiani, scozzesi e irlandesi. E siccome spesso sono pigra e non ho voglia di scartabellare, finisco di quando in quando per ascoltare ore e ore di episodi narrati con la verve di Natolia durante le esibizioni dei Bulgari.
Domenica mattina mi sono accorta di aver finito tutto. Quasi tutti i podcast del Post, tutti quelli che mi interessavano di Chora Media. Antonio Iovane non aveva ancora cacciato la nuova puntata di Uno Bianca (uscita ieri). Ho finito Ludwig (bello). Ho finito Sangue loro (bellissimo, anche se Pablo Trincia ha preso ormai una deriva bisbigliona che lo avvicina più all’ASMR che al podcasting). Di Carlo Lucarelli ho ascoltato tutto l’ascoltabile, perfino il branded content sui castelli dell’Emilia-Romagna. Sky Crime esce il giovedì, e comunque sono puntate brevi. Ero in astinenza, ho ceduto.
Ho aperto un podcast di Elisa True Crime.
Lo so, lo so, sto correndo un rischio gravissimo a non parlarne bene. Elisa De Marco è una potenza del mondo podcast, fa numeri paurosi, ha scritto pure un libro, e comunque io rispetto tutte quelle con cui evidentemente condivido una passione inspiegabile per le storie di morti ammazzati, cold case, serial killer, misteri irrisolti e fatti di sangue di ogni ordine e grado. Però, uno: ogni volta che Elisa si rivolge al pubblico in ascolto chiamandolo “amici” allo scopo di segnalare un punto particolarmente importante del racconto, io penso a Giorgio Mastrota che mi vende i materassi. È più forte di me: “amici” fa piazzista, fa post passivo-aggressivo di Salvini, fa sketch dei Fichi d’India1, fa molte cose e nessuna particolarmente bella o adatta a parlare di casi di morti tragiche con la dovuta gravitas.
Due: gli accenti regionali ci stanno, ognuno ha il suo. Ma io non posso ascoltare tre interi episodi sull’omicidio di Annalaura Pedron (uno dei pochi casi di nera della provincia in cui sono nata, nonché forse l’unico che arrivi a lambire in qualche modo anche il minuscolo comune della Val Tramontina in cui ho frequentato le elementari) e sentire tutti i nomi di area veneta pronunciati con gli accenti sbagliati. Il culmine si tocca quando finalmente viene nominata la persona accusata credibilmente di aver commesso l’omicidio2, David Rosset3.
Tutti gli intervistati (dalla madre di Pedron al caporedattore del Messaggero Veneto Antonio Bacci all’investigatore che ha riaperto il caso): David Rossèt.
Elisa True Crime: Devid Ròsset.
L’ho presa sul personale.
Finalmente dei libri
Non è che nei mesi in cui non ho mai parlato di libri non abbia letto, è che per un motivo o per l’altro non ho mai avuto tempo di segnalare quello che ho letto. Mi rifaccio con un po’ di cose fra le più recenti, a partire da due titoli di Effequ, casa editrice che, come ho già avuto modo di dire, fa scelte originali e molto curate.
L’ultimo volume della trilogia della Dorsale di Maria Gaia Belli, L’anno del sale, è grande e grosso e ambizioso e riesce a tirare le fila di una vicenda complessa, introduce e fa crescere personaggi nuovi (non dico quali perché anche solo dirlo è uno spoiler) e non rinuncia alla complessità dei suoi personaggi, delle loro relazioni e delle emozioni che vivono. Il finale è un capolavoro. Altamente consigliato a chi si domanda se il fantasy italiano possa uscire dai canoni dettati da quello anglosassone: la risposta è sì, ma ci voleva qualcuno capace di fondere la nostra tradizione letteraria con un immaginario robusto e un worldbuilding quasi tattile nella sua precisione.
Tu uccidi, di Antonio Paolacci e Paola Ronco, è un saggio che ho pescato a caso dalla pila accanto al comodino una sera che il Kindle aveva deciso di scaricarsi, impedendomi di proseguire nella lettura di The Shards. Non ho più ricominciato: Tu uccidi è un’analisi coinvolgente e scritta in un linguaggio molto accessibile dei meccanismi che rendono la cronaca nera così rilevante nella nostra cultura collettiva. Per me, che - come dicevo - ne sono appassionata da tempo immemore, è molto utile. Non è che domani smetto di aspettare Indagini come la venuta mensile di Nostro Signore, è che almeno so perché lo faccio.
Infine, un suggerimento preventivo (perché l’ho iniziato ma non ancora finito): è uscito il nuovo libro scritto da Nadia Terranova e illustrato da Mariachiara Di Giorgio, Scintilla, destinato a un pubblico dalla preadolescenza in su, ed è bellissimo anche dal punto di vista estetico. Le illustrazioni, a tutti gli effetti parte della narrazione, sono meravigliose, e nessuno come Nadia sa raccontare storie ai ragazzi che possono catturare anche gli adulti. Che il romanzo condivida un nome, alcuni temi e parte del target con il mio Scintilla nel buio è solo uno dei tanti episodi che mi fanno credere in una sorta di telepatia delle scrittrici italiane, che scrivono cose che si toccano una all’insaputa dell’altra. Consigliatissimo anche come regalo a ragazzi e ragazze, perché è proprio bello anche come oggetto.
Proprio da ultimo, perché è arrivato ieri e non l’ho ancora fatto altro che sfogliarlo, ma ci vorrei tornare: esce oggi Ogni prigione è un’isola di Daria Bignardi, che parla di carceri. Un tema di cui come società non ci occupiamo abbastanza, anche se sappiamo che i detenuti - persone private della libertà, molto spesso per crimini non violenti - vivono in condizioni che giudicare indegne è poco. Nessuna società può dirsi civile, se rinuncia a riconoscere l’umanità delle persone anche quando sbagliano o commettono reati gravissimi. Dovremmo parlarne ogni giorno.
Una cosa che ho scritto
Il caso di Rocco Siffredi e delle molestie (per ora solo denunciate, quindi per la legge solo presunte) ad Alisa Toaff non è interessante di per sé, ma solo per quello che ha tirato fuori negli uomini delle estrazioni sociali più varie. Siffredi è un personaggio più unico che raro, perché i pornodivi in Italia sono davvero pochi, e ancora meno quelli con una fama sufficiente a farli irrompere nella cultura mainstream (l’unico altro nome che mi viene in mente è quello di Franco Trentalance). Non sono particolarmente stupita che sia considerato un idolo da almeno due generazioni di maschi italiani, che non hanno mai considerato disturbanti certi suoi racconti di scorribande sessuali che sembravano suggerire un rapporto piuttosto disinvolto con il consenso. Questa notizia ha tirato fuori il peggio, e mica solo nei cretini dell’internet: Michele Serra ha dedicato un’intera Amaca a una sorta di difesa d’ufficio del Rocco nazionale. Ne ho parlato in un pezzo che ho scritto per Valigia Blu.
E insomma, le date!
Le raggruppo per tipo, perché se no non ne usciamo.
A parte oggi l’ultimo incontro del ciclo Parliamone in AANT (ore 18.00 in via Monza 21, si parla di prospettive queer sul linguaggio di genere con Caterina Coppola), ecco cosa succede nei prossimi giorni/settimane/mesi:
Presentazioni di Cose mai successe (fissate finora)4
3 aprile - Roma, Monk, con Caterina Di Paolo
9 aprile - Milano, Mosso
18 aprile - Pomezia (RM), Libreria Odradek
17 maggio - Terni, Casa delle donne
31 maggio - Bologna, Confraternita dell’Uva
Tour teatrale di Brutta (con e senza di me)
Le date senza sono segnalate con un asterisco!
28 marzo - Venezia, CS Rivolta
29 marzo - Padova, CSO Pedro
30 marzo - San Vito al Tagliamento (PN) - Circolo ARCI CRAL (biglietti al botteghino)
12 aprile - Torino, OffTopic
18 aprile - Pisa, Caracol*
20 aprile - Firenze, Laboratorio Puccini*
26 aprile - Terlizzi (BA), ingresso gratuito!
28 aprile - Taranto, Spazio Porto
4 maggio - Perugia, Auditorium S. Francesco
15 maggio - Milano, ARCI Bellezza
Il resto delle prossime date
17 aprile - Festival dei Giovani di Gaeta
19 aprile - Gubbio (PG), per La città delle donne
20 e 21 aprile - Festival del giornalismo di Perugia. I panel a cui partecipo sono due:
20 aprile, ore 19.00-19.50: Anche la ricerca scientifica ha un problema di genere
21 aprile, ore 20.00-21.15: Queer libera tuttǝ
Non sono tutte, alcune non sono annunciate, altre sono più in là, ma spero si capisca meglio perché vorrei cominciare a recensire gli alberghi.
Ci risentiamo martedì prossimo!
Giulia
E con questo ho esaurito la quota-limite di battute basate sulla comicità anni ‘90.
Mai processato, perché secondo i giudici non imputabile. È una storia incredibile.
È un caso di nera del 1988, gli spoiler alert sono ridicoli.
Per organizzarne altre bisogna scrivere a Rizzoli, se no io divento matta.
Ciao Giulia 3 cose, in ordine casuale:
1) ecco un podcast in italiano che quasi sicuramente non conosci e che è niente male: https://youtu.be/bOpe44MQMNs (per ora solo su youtube)
2) di Siffredi ho visto un’ospitata in una trasmissione francese (o belga) in cui ad un certo punto, dopo aver pesantemente e lungamente molestato e toccato un’altra ospite, la prende proprio di peso e praticamente la aggredisce in diretta, mentre nessuno fa niente. Il video è di 6 anni fa ed è scioccante: https://youtu.be/LJ8amYFo2Og?feature=shared
3) il libro lo verrai a presentare anche a Bruxelles?
Solidarietà al problema con gli accenti e grazie per condividere titoli dei post. Anche io tra faccende, trasoprti, palestra e giri col cane (a cui aggiungo la triste necessità di tagliare Audible) ho un enorme bisogno di podcast e a volte mi ritrovo in cuffia quelle robe orénde in cui chi conduce crede di essere in radio (dà il buongiorno, fa i lanci, usa il termine "trasmissione" - argh!): odiosissimo.