Quella dell'orso
Una domanda a bruciapelo, una risposta fastidiosa, e tante reazioni rivelatrici.
Non c’è niente che possiamo dire o spiegare sulla storia dell’orso, che in questi giorni sta dominando i social con la stessa pervasività e durevolezza di #metoo, che possa convincere gli uomini offesi da uno scenario ipotetico a smettere di frignare e di attaccarsi alle tende come attori del muto. Niente. Quindi ce la spieghiamo fra noi, nella speranza che qualcuno di quelli non attaccati alle tende capisca qualcosa di più.
Inizia tutto da questa domanda (le formulazioni possono variare: a me è arrivata così):
Se tu fossi in un bosco, completamente da sola, senza nulla di vicino e senza aiuti vicini, niente case o infrastrutture, pura natura per chilometri, preferiresti sapere che nel bosco c'è un orso, o un uomo? (Non conosci l'uomo, non sai assolutamente chi è, per uomo intendiamo maschio di specie umana.)
A questa domanda, fatta a bruciapelo, la maggior parte delle donne ha risposto “orso”. È un dato da prendere con le pinze, dato che non rappresenta un campione statistico pesato, però è comunque un dato: messe di fronte alla possibilità di incrociare un plantigrado o un maschio umano adulto in un luogo isolato, la maggioranza delle donne si sentirebbe istintivamente più al sicuro con l’orso.
A questo dato, molti (uomini, per lo più) hanno tentato di replicare in vari modi, pur di sviare l’attenzione dal nodo centrale della questione. C’è chi si è buttato sulla statistica: è molto più probabile che un orso in un bosco ti faccia del male, piuttosto che un uomo. Se questo ragionamento voleva essere rassicurante, nessuna si è sentita rassicurata. La pericolosità del maschio umano adulto non è affatto smentita, tantomeno negata, da questa affermazione: è semplicemente messa su una scala probabilistica inferiore a quella del mammifero boschivo. Un uomo potrebbe, in effetti, farti del male: le statistiche sulla violenza di genere sono lì a ricordarcelo ogni giorno, e nemmeno i Grandi Frignoni dell’Internet sono in grado di negarlo. Quello che gli preme, però, è solo di essere assolti dall’accusa di essere loro, proprio loro, quelli con cui non vorremmo trovarci da sole in un bosco, ottenendo però l’effetto contrario. Meglio l’orso, perché almeno non mi attaccherebbe un pippone basato su dati statistici del tutto inventati.
Altri hanno lasciato perdere la statistica e si sono buttati direttamente sul differenziale di peso (un orso è più grosso!1), altri ancora si sono semplicemente messi a lamentarsi che le donne che fanno queste domande fomentano odio immotivato contro gli uomini2. Altri hanno chiamato in causa animali random, pappagalli, commercialisti (giuro). Insomma, tutto un circo pur di non accettare la realtà: la maggior parte delle donne non si sentirebbe tranquilla trovandosi in un luogo isolato con un uomo. Non perché tutti gli uomini siano pericolosi, ma perché troppi lo sono, e l’opportunità potrebbe tirare fuori la violenza anche da quelli che non hanno mai dato segnali in quel senso. L’esperienza ce l’ha insegnato, e se non a noi l’ha insegnato alle nostre amiche e compagne.
I ragionamenti sulla situazione presentata basati su scenari possibili sono posteriori, e abbastanza inutili. L’orso è lontano o vicino? Si è accorto di me, o posso semplicemente aspettare che se ne vada, senza fare rumori o movimenti improvvisi? Cosa ci fa un uomo da solo nel bosco? Si è perso? Sta andando a funghi? O è lì per seppellire il cadavere di quella che ha ammazzato prima di me? Tutto irrilevante: la scelta si basa sulla sicurezza percepita, e il grosso delle donne, addestrate da una vita a non trovarsi da sole con un uomo in una condizione di vulnerabilità, avrebbero più di qualche ragione per preferire la bestia.
Perché scegliamo l’orso?
La scelta dell’orso non è legata solo a considerazioni probabilistiche sulla sicurezza personale. Fra un uomo solo e un orso in un bosco, solo l’orso è nel suo habitat naturale. Solo uno è un animale che vive come un animale e fa quello che fanno i grossi carnivori se disturbati o minacciati. L’altro è un essere umano, come noi. E fino da piccolissime ci hanno insegnato due cose: che quel tipo di essere umano lì potrebbe farci del male, e che se ci farà del male ci diranno che è colpa nostra.
Questa parte è tutt’altro che uno scenario di fantasia. Il primo maggio, invece di starmene sdraiata sul divano a festeggiare i lavoratori, sono andata ospite a Porta a porta. Non è importante perché, è importante sapere che si parlava di molestie, e che per tutto il tempo Concita Borrelli mi ha urlato addosso che se una va nella stanza di un molestatore sa cosa sta facendo; che le donne che hanno denunciato Weinstein “si sono svegliate dopo decenni”; che le molestie e le violenze si risolvono “facendosi rispettare”. Non voglio entrare qui nelle implicazioni di ogni singola affermazione: ma non posso fare a meno di notare, e non sono la sola, che se venissi sbranata in un bosco da un orso il peggio che mi potrebbe capitare sarebbe di morire, e difficilmente Concita Borrelli potrebbe dire che me la sono cercata perché sono una bugiarda opportunista che stava solo cercando di sfruttare la fama e il potere dell’orso che mi ha aggredita.
Il problema del dilemma dell’orso è che non lo puoi ridurre a una questione di sopravvivenza o integrità fisica, perché la violenza di genere presuppone l’ideazione della violenza stessa, l’intenzione di ferire per umiliare, controllare, soggiogare la vittima. Un orso può aggredirti perché sei arrivato troppo vicino ai suoi cuccioli, o perché si sente minacciato. Un uomo può farlo solo perché ne ha l’opportunità e la voglia e perché pensa, correttamente, che per te sarebbe difficile essere creduta. Un orso orsa. Non ha intenzione, non ha ideazione, non è la creatura posseduta di un libro di Stephen King. Neanche Cocainorso voleva fare del male a qualcuno, era solo molto fatto.3
Un uomo può farti del male in molti modi, e la cosa che ti farà più soffrire non sarà il dolore fisico: sarà l’intenzione, la voglia di ferirti per trarne piacere, o controllo, o un surrogato di sicurezza di sé che altrimenti non avrebbe. All’orso non frega niente di te, non gli sei antipatica, non pensa che le donne siano delle stronze che si meritano di essere punite. L’orso non parla delle donne come di creature misteriose che beato chi le capisce. L’orso non fa approvare leggi per imbottire i consultori di bulli che vogliono impedirti di abortire con la manipolazione, la prepotenza e la disinformazione. L’orso non si frega le tue foto intime per mandarle agli amici. L’orso non sta in una chat di colleghi in cui si parla di stuprare le colleghe femmine. L’orso non ti paga di meno dei maschi perché sei femmina, non ti mette le mani addosso in ascensore, non ti segue per strada bisbigliandoti oscenità.
L’orso non passa giorni a ribadire con aria di sufficienza che la tua scelta è legata al fatto che non afferri il concetto di probabilità statistica.
L’orso, se ti vede, se ne va. Se ti avvicini troppo, o lo minacci, ti sbrana prima che tu possa fargli del male. Finisce lì. Non andiamo in bagno in due fino dall’adolescenza perché abbiamo paura degli orsi. Andavamo in bagno in due da prima che una donna vedesse assolvere il suo stupratore perché non aveva chiuso del tutto la porta mentre faceva pipì in un locale, perché lo sappiamo, che non siamo mai al sicuro. Ci hanno insegnato fino da piccole che bisognava stare attente agli uomini, a tutti gli uomini, perché i violenti non sono segnalati da una grossa freccia fluorescente. Infatti, spesso gli uomini che ci fanno del male sono quelli di cui ci fidiamo, quelli con cui abbiamo già un rapporto: così muoiono moltissime donne, così sono morte Melania Rea, Giulia Tramontano, Chiara Poggi, Giulia Cecchettin. Non sbranate da un orso, ma uccise da un uomo che conoscevano bene. Un bravo ragazzo.
No, non tutti gli uomini, ma parecchi, ripeto: abbastanza da non sapere quali, abbastanza da far sì che ogni donna abbia almeno una storia di violenza da raccontare, più o meno grave, più o meno traumatica, più o meno risolta con una gomitata nei denti o con l’intervento di un altro uomo, l’uomo che ti protegge dall’uomo e che a sua volta può diventare un uomo da cui ti devi difendere. È così. Ah, una cosa: io alla domanda avevo risposto “uomo”, perché ho pensato: forse ci possiamo organizzare, io e l’uomo che si è perso, e uscire insieme dai boschi. Gli uomini che sono intervenuti sull’argomento si sono davvero impegnati moltissimo a farmi cambiare idea. Adesso non sono più così sicura.
Le date
Ultime due repliche di Brutta a Parma e Milano, rispettivamente il 14 e 15 maggio, ai link ci sono i dettagli.
Presentazioni di Cose mai successe:
9 maggio - Torino, OffTopic
17 maggio - Terni, Casa delle donne
18 maggio - Pomezia (RM), Libreria Odradek
31 maggio - Bologna, Serre dei Giardini Margherita
1 giugno - Alba (CN), dettagli da confermare
7 giugno - Palermo, Una marina di libri
30 giugno - Cividale (UD), Mittelibro
Altre date:
Il 10 maggio sono al Salone del Libro di Torino, alle 11.30, per un panel con Vanessa Roghi e Vera Gheno allo Spazio Robinson. Alle 14.00 mi si può trovare allo stand Rizzoli per un firmacopie.
11 maggio - Pesaro, Festival Percorsi
26 maggio - Chiari (BS), per un evento organizzato da Rete di Daphne.
Le altre le dico più avanti.
A martedì prossimo!
Giulia
Grazie, Capitan Ovvio, però la domanda non era “Pensi che sia più probabile sopravvivere all’attacco di un orso o di un uomo?”
No, ma nel caso: non sarebbe immotivato. Odiare gli orsi, per molte donne, sarebbe parecchio più insensato: e invece. Gli uomini ci odiano per molto meno, comunque.
Almeno penso, non ho visto Cocainorso. Ho letto la recensione de I 400 calci, e per me basta così: e comunque il vero Cocainorso, porello, è crepato d’infarto subito dopo essersi mangiato la cocaina.
Sono completamente d’accordo!
C’è poco da arrampicarsi su tende, specchi e cristalli, il problema, l’abbiamo detto e scritto dappertutto, è culturale.
L’essere umano di genere maschile (ne faccio parte perciò credo di avere una qualche cognizione di causa ) ha un problema non di poca importanza: è stato plasmato con la convinzione di essere il re della foresta. E finché ci si nutriva con i frutti della caccia e ci si copriva con le pelli di animali, tutto filava liscio.
Nel corso dei millenni pare sia intervenuta l’evoluzione della specie, che ha portato gli esseri umani a cacciare nei supermercati e coprirsi con tessuti cuciti da bambinə nei sottoscala di Dhaka.
Io appoggio totalmente la scelta di quelle donne che preferiscono l’orso a un uomo: l’orso, dopo una fase di studio, è evitabile e farà le sue cose orse senza dar fastidio; l’uomo … l’uomo è ancora re della foresta e cercherà in tutti i modi di dimostrarlo.
Ok, magari non siamo tutti così (not all men), ma riconosco che quel germe è sempre lì, latente, in agguato: vorremo spiegare come accendere un fuoco o come si costruisce una capanna. E se la donna dovesse dire “no, grazie, da piccola ho frequentato gli scout, se vuoi ti accendo un falò in due secondi e la capanna te la costruisco con soggiorno e due bagni!”, l’orgoglio ferito sarà pronto a risvegliare il re della foresta.
Con mia moglie abbiamo tirato su una ragazza e un ragazzo cercando di fare del nostro meglio. Per il momento pare che tutto vada bene: hanno entrambə caratteri molto indipendenti e non vivono con noi da tempo. Mia moglie e io, lavorando entrambə, non abbiamo mai pensato di istituire ruoli a casa e, mentre gli amici di nostro figlio restavano basiti quando mi trovavano a sistemare piatti nella lavastoviglie, lui si stupiva (e ce lo raccontava) quando a casa degli amici trovava il papà con i piedi sul tavolino e la madre che stirava.
Insomma, ci vorrà ancora del tempo perché ci si dimentichi del re della foresta e della regina/angelo del focolare.
Due figure, due paradigmi del passato
Un epiteto che ho sempre apprezzato