Sanremo 2024: Napoli über alles
Il VAR della quarta serata del 74° Festival della Canzone Italiana
È successo: la carenza di sonno (dovuta in parte a Sanremo e in parte ai malanni che mi affliggono in questo periodo) ha avuto la meglio e mi sono addormentata sul divano a circa due esibizioni dalla fine dell’ennesima, estenuante maratona festivaliera. Stamattina, mentre facevo colazione, ho cercato sui social tracce di Fred De Palma e REK1, e niente, non c’erano. Se un Renga si esibisce sul palco di Sanremo e nessuno ne parla, possiamo dire che si sia davvero esibito?
Una piccola digressione su Geolier (vabbe’, piccola, si fa per dire)
Dopo ieri sera, i pronostici sulla vittoria cominciano a consolidarsi intorno a Geolier, e umanamente mi dispiace moltissimo che sia stato fischiato: ok, la cover era quella che era, ce n’erano di migliori, ma a Sanremo, come ovunque, vince chi vince e chi prende i voti. Lui li ha presi.
Vale la pena, qui, fare una piccola digressione sulla crescita di Napoli e della cultura napoletana nella percezione generale. Non è una cosa nuova: all’estero, la canzone napoletana classica è ancora percepita come sineddoche della canzone italiana, la parte che rappresenta il tutto. I ristoranti nei dintorni di San Marco, a Venezia, mandano in diffusione Funiculì funiculà, non certo La biondina in gondoeta. Questa dominanza ha delle ragioni storiche (fra cui Napoli come centro nevralgico della Liberazione durante la Seconda Guerra Mondiale e l’influenza del Festival della Canzone Napoletana sulla discografia nazionale) ed estetiche, nel senso che la canzone napoletana è tutto quello che funziona: melodica, struggente, parla d’amore, di nostalgia, ma anche di trasporto pubblico2 in un modo che acchiappa subito. C’entrano pure le migrazioni, ovviamente, e la quantità di italiani originari del sud che se ne vanno a vivere negli Stati Uniti e si raccolgono intorno alle canzoni per celebrare la loro cultura d’origine. L’Italia va a New York, Chicago e Detroit a costruire case, fabbricare macchine, servire pizze e cantare Torna a Surriento, mica Stelutis alpinis.
Non dico che stiamo tornando a quei fasti, ma è indiscutibile che negli ultimi anni Napoli sia tornata al centro del racconto del paese, e questa centralità si esprime nella musica ma anche nella lingua. La parola “cazzimma” (usata spesso in modo improprio) è entrata a far parte del vocabolario comune, come la celebre frase di Don Pietro Savastano quando inizia la sua riscossa. La proposta dello schwa come desinenza neutra per supplire alle carenze morfologiche dell’italiano si appoggia su un suono che nel dialetto napoletano è già presente e comunemente utilizzato. Se queste evoluzioni fossero una curva che tende a infinito, potremmo dire che Napoli si sta posizionando per sostituire Roma come capitale culturale: ovviamente sappiamo che non è così, e che Roma controlla ancora gran parte dell’industria dell’informazione e dell’audiovisivo, ma Napoli - anche per la specificità espressiva del suo dialetto - è una sfidante ben più tosta di Milano. Napoli è sexy, forte, brutale, autentica, tragica, politica lontano dai palazzi, viva e giovane3 e capace di assorbire le differenze con enorme rapidità.
Chi guarda Un posto al sole - forse il format televisivo più longevo fra quelli tuttora prodotti a Napoli - avrà forse notato un intensificarsi delle espressioni iperlocali nei dialoghi, nonché la maggiore centralità dei personaggi che si esprimono in napoletano nelle storyline principali (che di norma sono affidate agli attori non napoletani o che parlano in dizione). Mentre stavamo guardando Sanremo, la magnifica Rosa Picariello (interpretata da Daniela Ioia, di gran lunga la migliore del cast attuale) rimproverava l’amica del cuore buona ma ingenua, Clara Curcio, con un furioso “Scetate, Caruli’, che l’aria è doce!” Altrove negli scambi fra i personaggi si rintracciano termini come “strascino” o “disturbata”. I dialoghi in dialetto, o semi-dialettali, sono frequenti e quasi mai sottotitolati per chi vive a nord della Linea Gotica. Gomorra e Un posto al sole sono stati affiancati negli ultimi anni da Mare fuori, altra serie di enorme successo che ha agilmente scavalcato Skam Italia nella popolarità come teen drama (anche perché è una produzione Rai). Pur non avendola mai guardata, ormai so chi è Rosa Ricci. È cultura pop. Inevitabile.
Tutto questo per dire che non dobbiamo stupirci4 se Geolier dovesse vincere Sanremo con una canzone che contiene esattamente due versi in italiano standard, per rispetto del regolamento. Napoli ci sta lavorando da parecchio, a questa affermazione.
Il resto
Angelina Mango è arrivata sul palco carica di aspettative altissime: non le ha deluse, ma forse nemmeno superate (posto che fosse possibile). Per me ha giocato un ruolo determinante la scelta della regia di causarci un leggero senso di nausea con una ripresa rotante a velocità da centrifuga. Mi ero distratta durante Ghali, e ho fatto male: quando sono tornata non si parlava d’altro che della sua versione de L’italiano di Toto Cutugno con i versi in arabo. Tutti i commenti sono già stati fatti, rimane solo da fare lobby, come collettività, per una riforma immediata della legge sulla cittadinanza come antidoto alle nostalgie littorie del governo. Wa ʿalaykum salam, fratello.
Mahmood sa fare veramente tutto: la sua cover di Com’è profondo il mare di Lucio Dalla con i Tenores di Bitti poteva essere una di quelle cose che non funzionano per niente, e invece era perfetta, equilibrata, delicata. Lui è sempre bello da mori’, ed è vero quello che ho visto dire sui social, che sta facendo incazzare i maschi perché la sua maschilità non tradizionale risulta attraente in maniera bipartisan, i.e. gliela tireremmo tuttǝ con la fionda. Essere maschi medi è noioso e restrittivo: immaginatevi lo sgomento di scoprire che si piace (e tanto) anche se non ci si veste con la polo e gli occhiali a goccia come un agente della Digos.
Divertente e fichissima Big Mama che ha cantato Lady Marmalade nella versione di Burlesque con Sissi, La Nina del Sud e Gaia. Come scelta di cover, Lady Marmalade tende sempre a essere un po’ caotica e urlona, e ieri sera non ha fatto eccezione, ma vale la pena di segnalare la strofa cantata in napoletano da La Nina del Sud, che si aggiunge a quello che dicevo prima sulla crescita di Napoli come simbolo di sensualità e forza nella percezione collettiva. Punti paraculaggine al direttore d’orchestra Alberto Cipolla con lo smalto e la scritta FUCK PATRIARCATO sulla mano.
Di esibizioni degne di nota (o notevolmente tamarre) in questa serata talent show ce ne sono state diverse, ma siccome non lo farà nessuno mi incarico io di parlare dei miei preferiti, gli adorabili Bnkr44, che hanno messo in scena una versione divertita e divertente di Ma quale idea di e con Pino D’Angiò, in cui la gag era Pino che cercava di cantare e veniva preceduto a turno dai singoli componenti della band. Senza pretese, con la voglia di intrattenere e far ballare e di portarla a casa in una gara in cui partivano svantaggiati.
Per finire
La narrazione intorno a Sanremo è quella di una macchina rigida e ipercontrollata, in cui ogni dettaglio è pensato per creare un flusso continuo a partire da uno spazio ristretto che prevede una serie lunghissima di cambi palco. Ieri sera la macchina ha ceduto per ben tre volte: due per problemi audio dei cantanti in gara (lode a Loredana Berté per aver fermato la sua esibizione, mettendo Il Tre nella condizione di fare altrettanto) e una quando Amadeus è entrato in anticipo durante l’esibizione di Mr Rain con i Gemelli Diversi e le atlete della Nazionale di ginnastica ritmica. Settantaquattro anni di festival praticamente sempre uguale, e ancora si prendono ‘ste toppe.
Non so come e se vedrò la finale (sono in trasferta per lavoro), ma comunque ci sentiremo per farne un bilancio complessivo.
Dài dài dài che è quasi finita.
Giulia
Adotto con entusiasmo il portmanteau inventato da Virginia Ricci e donato a Bordone, Misculin e Balducci per il podcast de Il Post.
Jamm’, jamm’ ‘ncoppa, jamm’ ja’, funiculì funiculà. Non mi dire che non lo sapevi.
Se dovessi giudicare dall’ultima sortita da quelle parti, direi anche che è una città in mano ai ragazzini, che invadono ogni strada, piazza e mezzo di trasporto. Un altro elemento che gioca a suo favore.
Tantomeno indignarci, uno perché è un festival di canzonette, due perché è un pelino razzista, ma proprio un pelino, pensare che l’affermazione di Geolier sia legata a chissà quale complotto criminale. Vorrei dire che non l’ho visto scritto, ma: l’ho visto scritto.
niente, continuo a leggere "bancarotta" per BNKR44, perché quattro più quattro fa otto. La mia testa non ce la fa ancora, sarà appunto l'effetto persistente calcinculo delle riprese all'ottima Angelina, che non aveva bisogno di effetti speciali, figuriamoci quello anni 80.
Posto che sono in prima fila a fare la hola a Mahmood e che Ghali mi ha fatta saltare per aria , aggiungo solo l'altra mia hola per i Santi Francesi, cui in un'alba estiva a Orio al Serio sorseggiando il mio caffè pre-gate ho augurato grande successo, mi sono piaciutissimi con Skin, o Skin con i Santi Francesi - e come scriveva NAIP "Skin sta ancora tenendo la nota". Che il cantante stia con Matilda De Angelis (o viceversa) ci frega il giusto, ma credo sia indiscutibile che tecnicamente e artisticamente si collochi in una zona molto alta della classifica. La canzone altrettanto? Non ne sono sicura, soprattutto dopo l'effetto marketing dei voti da casa a cinquanta cent a botta, che poi sono quelli che ascolteranno le canzoni (ma è dimostrato?). Però la canzone mi piace e loro bravibravibravi (belli pure, sì)
In effetti mi sa che hai ragione. La vera concorrente di Roma non è Milano. Napoli continua ad avere la capacità di generare Mitologia senza l'appoggio di decine di uffici stampa. Sto snobbando il festival ma evidentemente mi sono perso qualcosa!