Valditara, The Punisher
Quando la pedagogia è secondaria rispetto alla volontà di repressione.
Brutta è andato in scena sabato scorso al Teatro India, registrando il sesto sold out su sei a Roma. No, non me lo aspettavo, sì, sono molto felice: lo spettacolo è in giro da ormai quasi un anno e mezzo, e non ha fatto che crescere. Roma è una piazza difficile, una città gigante dove il pubblico va inseguito, stanato e convinto a venire a vederti dove sei. Questa foto documenta l’unica cosa non riuscita della serata, un selfie che ho provato a fare con Cristiana e il pubblico subito dopo il talk, ma è venuto talmente mosso da essere impubblicabile. Poco male, perché la meta-foto del selfie fatta dalle fotografe ufficiali di India Città Aperta è meglio dell’originale.

Veniamo a noi.
Il ministro punitore
L’attenzione mediatica sui pochi maturandi che hanno rifiutato di sostenere il colloquio orale in protesta contro il metodo di valutazione della maturità è molto alta, al momento, e non sono mancate le reazioni, per lo più negative, che riassumendo sono più o meno queste:
“Ai miei tempi non si sarebbe mai fatto, ah, questi giovani che non sanno vivere” (i soliti vecchi)
“Le difficoltà vanno affrontate, non evitate” (i soliti vecchi, ma in versione psicologo o divulgatore)
“A saperlo l’avrei fatto pure io, ma veramente si poteva?” (un po’ di gente sinceramente colpita)
A questi grandi gruppi si aggiunge, ovviamente, il ministro Valditara, che come tanti politici reagisce al momento a quello che vede secondo automatismi consolidati. L’ossessione di Valditara sono da sempre le punizioni: da quando si è insediato ne parla in continuazione. Prima i “bulli”1, poi gli insegnanti che lo criticano, ora gli studenti che rifiutano la prova orale alla maturità, per i quali ha stabilito la bocciatura in caso di “violazione delle regole”. Il punto critico qui è proprio la violazione, perché le regole, tecnicamente, lo consentono: se hai un punteggio sufficiente negli scritti, puoi decidere di finirla lì, non sostenere l’orale e uscire con un voto basso. Chi lo fa, ovviamente, ha già superato gli scritti in maniera abbastanza brillante da poterselo permettere, ed è verosimile che la prova orale non gli crei grossi problemi.
Ho fatto la maturità troppo tempo fa per poter dire con certezza quale sia la criticità dell’esame per come è formulato ora, ma una cosa è chiara: nessuno ha violato un bel niente. I quattro studenti (ragazzi e ragazze) che hanno deciso di non sostenere l’orale lo hanno fatto in ossequio alle norme vigenti. L’infrazione non è normativa: è di obbedienza. Il sistema vuole che tu vada a capo chino verso l’esame orale, riceva il punteggio che devi ricevere, e proceda verso un lavoro o l’università, a seconda. Ma senza protestare e senza dare mostra di disapprovare il modo in cui vieni valutato. Valditara in questo è stato molto chiaro: la bocciatura automatica è riservata a chi fa scena muta di proposito. Chi invece arriva all’esame impreparato, terrorizzato o paralizzato dall’ansia, può passare, anche con il voto minimo. La punizione riguarda l’insubordinazione, come al militare.
Neanche un mese fa, lo stesso Valditara ha avuto uno scontro con l’editore Laterza a causa dei contenuti di un manuale per le scuole, che a suo dire sarebbe un po’ troppo diretto nell’identificare una continuità fra il fascismo del Ventennio e l’orientamento politico del governo attuale2. Di solito, quando ci si sente accusati ingiustamente di qualcosa, si cerca di dimostrare di essere lontanissimi dall’oggetto delle accuse, ma Valditara no. Prima pretende l’emendazione del manuale in questione (con una mossa che non credo sarebbe dispiaciuta a Giovanni Gentile, teorico della scuola mussoliniana), poi chiede di cambiare le regole dell’esame di maturità per soffocare ogni tentativo di ribellione, anche il più blando e meno organizzato: sono quattro studenti in tutta Italia, e lui li tratta con la stessa veemenza con cui gli vorrei veder affrontare il problema del terrorismo maschilista. Punire, reprimere, inquadrare nel sistema: se il ministro non vuole che la sua opera sia accostata a quella dei suoi predecessori dell’era fascista, forse dovrebbe impegnarsi un po’ di più a esercitare l’ascolto e la comprensione, piuttosto che sembrare (al meglio) uno che ha visto troppe stagioni de Il collegio, e al peggio uno la cui idea di educazione è obbligare bambini e adolescenti a procedere muti, in fila indiana, senza pensare.
La pedagogia di Valditara è pre-sessantottina e pure pre-pedagogia, è improntata a un’idea di gerarchia rigida in cui lo studente non partecipa alla propria educazione: la subisce, la trangugia come sbobba indigesta, perché l’obiettivo non è formarlo come cittadino capace di pensiero critico ma come soldatino del sistema abituato al sopruso e privo degli strumenti per sfidare l’autorità. È una cosa minore, questa della maturità, di cui ci dimenticheremo in fretta: ma è nelle cose piccole, come sempre, che quelle grandi e spaventose si scavano la tana, in attesa.
A proposito di fascismo
Confesso di non aver letto la serie di libri M di Antonio Scurati (ma sto vedendo la serie televisiva), perché un po’ mi spaventa la mole della lettura: tanti tomi tanto lunghi, e in questo periodo di relativo affaticamento sto preferendo libri più agili e rinfrescanti. Ho però ascoltato con piacere le sette puntate del podcast realizzato da Scurati per OnePodcast e tratte dall’ultimo dei libri, quello sulla fine di Mussolini. L’ho incrociato per caso mentre cercavo qualcosa di interessante fra i suggerimenti di Spotify, perché come dicevo al mio amico Daniele ieri: ne ascolto talmente tanti che sto grattando il fondo del barile. Alcuni sono ben fatti, altri tremendi: M - La fine di Mussolini, il principio della libertà, ha il pregio di essere sorretto dalla scrittura magniloquente e brutale di Scurati, che dipinge Mussolini come un piagnone egoriferito, capace solo di pensare a sé stesso, di scrivere lunghe lettere lamentose a Clara Petacci, e di vagheggiare una morte eroica a cui tentò di sfuggire travestendosi da soldato nazista e fingendosi ubriaco. Tutto quello che venne dopo fu solo il culmine di una sofferenza che ora non riusciamo nemmeno a immaginare: di sicuro non se la possono immaginare i cretini con i busti del Duce in salotto.
Cose che sto guardando
Ho divorato la terza stagione di Ginny&Georgia, che diventa sempre più dark e sempre meno teen drama, anche se la parte teen drama è molto forte e Antonia Gendry e Felix Mallard sono bravissimi a interpretare gli adolescenti problematici (a proposito, Amazon, mannaggia a te: caccia Tartarughe all’infinito). Georgia è un personaggio davvero oscuro, e in questa stagione che ruota intorno al processo per omicidio che la riguarda solleva interrogativi etici che non sono di facile risoluzione. Davvero tutto quello che ha fatto è frutto dei traumi e della violenza che ha subito? E anche se la serie ti porta a empatizzare con lei, è giusto tifare perché non paghi le conseguenze delle sue azioni?
Sono quindi passata a The Gilded Age, che è il perfetto svuotacervello di questo periodo di grande concentrazione: costume porn, trame che non significano niente, personaggi per lo più evanescenti, la stessa scena in cui Bertha e George Russell discutono della divisione dei domini nel loro matrimonio ripetuta all’infinito, Marian che ha trovato l’uomo perfetto ma nicchia perché lo sa solo Dio, la pora Gladys che va al macello come Consuelo Vanderbilt (di cui è l’avatar nella serie), insomma: relax per signora.
C’era un’altra cosa, ma me la tengo per un altro giorno perché è importante e ha bisogno di spazio.
A martedì prossimo,
Giulia
Qualifica da cui esclude i suoi compagni di governo e i vari ed eventuali esponenti della sua parte politica che sul bullismo hanno costruito una carriera. Mai sentito fiatare sui loro comportamenti, gli abusi di potere e le aggressioni a privati cittadini a mezzo social.
Continuità tracciata dal governo stesso, che si dice erede di Giorgio Almirante. Firmatario del Manifesto della razza che fornì l’architettura ideologica allo sterminio di ebrei, rom, omosessuali, disabili e indesiderabili di varia natura.
Mi ha colpita il fatto che abbiano raggiunto un punteggio così alto: sono studenti modello. Forse per questo sono così pochi, e così ingenui da credere che la scuola meriti di meglio, invece di mandare affanculo tutti dopo aver avuto il prezioso voto. Ma certo, se un diciannovenne va in burnout è un debole o un esibizionista
Ciao Giulia! I libri di Scurati spaventavano anche me per la loro mole. Dopo avere visto la serie però mi avevano incuriosito. Li ho ascoltati tutti in audiolibro, ci ho messo quasi sei mesi ma ne è valsa la pena, soprattutto perché gli attori che leggono, Raffaele Farina e Alberto Onofrietti, fanno un lavoro eccezionale. In cartaceo non ci ho neanche provato, non ce l'avrei mai fatta. Unica difficoltà: il secondo non mi passava più, sebbene forse è quello che potrebbe parlare di più al nostro presente, dato che descrive la progressiva cancellazione del dissenso. E poi è pieno di dettagli splatter sull'ulcera di Mussolini.