Quello che ho provato la mattina del 6 novembre, quando mi sono alzata dal letto dopo aver dormito niente per scoprire che Donald Trump aveva vinto anche la Pennsylvania, è stato un senso di terrore e smarrimento esistenziale simile a quello della sera di aprile 2020 in cui Giuseppe Conte annunciò che saremmo stati in lockdown per mesi, e non per giorni come si pensava all’inizio. In quel periodo stavo scrivendo Rivoluzione Z, e il mio primo pensiero è stato: come faccio a raccontare il mondo, se non so più che mondo troveremo avrò finito?
È un pensiero piccolo, lo so. È la compressione di una tragedia globale dentro le ambizioni e preoccupazioni personali. Donald Trump è una paralisi del sonno da cui il mondo non riesce a uscire, un incubo che si ripropone annidato dentro sé stesso. La sua vittoria - che non mi aspettavo, che non credevo fosse davvero possibile, e come dicevo: che io mi sia sbagliata è l’ultimo dei problemi, ora - mi ha generato un senso di smarrimento assoluto. Riconoscere l’errore di valutazione mi costringe ad affrontare prima di tutto i limiti del modo in cui guardo il mondo. Dentro la paura, la delusione e la dissociazione dalla realtà c’era anche un pensiero più tagliente: non hai capito niente. E se non ha capito niente dell’unica cosa che osservi da anni, cercando di decodificarne il funzionamento per applicarlo al pensiero politico, forse il tuo pensiero politico è zero; o forse il senso è giusto, ma il metodo con cui lo applichi è sbagliato.
Lo so, lo so che stiamo parlando di un evento gigantesco, e che il mio ombelico è davvero poco importante. Ma qui dentro, in questa newsletter, ho sempre cercato di parlare di come sto, di come stiamo, della stanchezza, della frustrazione, delle difficoltà specifiche di chi prova ad avere uno sguardo trasformativo sulla realtà, uno sguardo che si traduce in azione. Capire per cambiare. Ma se non capisci, cosa cambi?
Per questo, nonostante abbia tutte le opinioni del mondo, preferisco evitare l’analisi della sconfitta. Uno, perché mi pare che tutti abbiano tante idee e tanta voglia di esporle, ma spesso dietro quelle idee c’è più voglia di avere ragione e desiderio di posizionamento, piuttosto che che un vero ragionamento. Due, perché se non avevi capito un cazzo magari è meglio se salti un giro. Qualcosa ho detto, a caldo, a Giulia Mattioli per Repubblica.it, e forse è tutto lì: non è una cosa sola, non è solo la misoginia, non è solo il razzismo, sono tante cose insieme, fattori sovrapposti che hanno creato, di nuovo, le condizioni per spingere Trump dentro la Casa Bianca. Sono d’accordo, per esempio, con il grosso dell’analisi scritta da
per , che ho trovato un po’ frettolosa nelle conclusioni, ma molto precisa nell’individuare l’unica vera molla del voto delle persone, quella psicologica.Io penso che la campagna elettorale di Harris di Walz sia stata ottima. Hanno raccontato sé stessi e quello che volevano fare, hanno iniettato un po’ di gioia in un processo che altrimenti tende a essere cupo. Anzi: penso che abbia funzionato pure troppo bene, perché sono riusciti a portare alle urne pure più gente di prima, ma a votare contro di loro. Sembra un paradosso, ma non lo è: si chiama eterogenesi dei fini, vale a dire il risultato non intenzionale di azioni intenzionali. Harris e Walz ridevano, ballavano, scherzavano, radunavano folle gigantesche. Trump delirava per ore davanti a stadi semivuoti. Una cosa dovremmo averla capita, però: non c’è niente che il bulletto infelice detesti più della felicità delle persone in cui non si riconosce. Il bullo, l’ur-fascista della definizione di Umberto Eco, non può vivere solo nella sua bolla: si realizza nella persecuzione. Quando da Twitter abbiamo cominciato a migrare su Threads, c’è stato un breve e luminoso periodo di silenzio in cui i bulletti non avevano ancora capito dove fossimo andati tutti quanti. Sono venuti a cercarci, poi, perché senza di noi non sanno stare. Hanno bisogno di qualcuno da insultare. Trump è un bullo circondato da bulli, è stato votato a ragion veduta da gente per cui questo bullismo non solo non è un problema: è un tratto che li rappresenta.
No, non è una spiegazione completa, questa. Non so neanche se si applichi al caso specifico. Lo dicevo: non avevo capito niente, non faccio finta di cominciare adesso. Però una cosa la posso fare, ed è cominciare a capire in che modo questa vittoria ci riguarda. E il primo indizio, mi pare, lo riscontriamo in un minuscolo incidente avvenuto a La7 la notte delle elezioni.
Cazzullo unmasked e il machismo dei progressisti
La cosa che si vede nell’immagine è andata in onda, sicuramente per errore, durante la tradizionale maratona Mentana, notato solo da Selvaggia “Occhio di Falco” Lucarelli. È una chat (ho oscurato qui il numero di telefono) fra Aldo Cazzullo e quello che è ragionevole pensare sia Mentana, o comunque qualcuno con cui l’interlocutore è abbastanza in confidenza da lasciarsi andare a una battuta sgradevole e fuori luogo, ma che in un contesto di sicurezza pensa di potersi permettere. Chiama Kamala Harris “la Casellati nera”, e sono giorni che mi domando quale sia il nesso fra una matrimonialista la cui carriera politica si è svolta interamente nel cono d’ombra di uomini più potenti di lei e Harris, che ha ricoperto incarichi importanti ed era nota anche prima di diventare vicepresidente degli Stati Uniti d’America e candidata alla presidenza. Chissà come gli è venuta: ma non è questo il punto.
È colpa di Cazzullo, se Trump ha vinto? No. Ma qui non si tratta di cercare un colpevole che si accolli il peso della mia frustrazione. Si tratta di portare alla luce le complicità nella nostra situazione.
Il punto, anzi, i punti sono due. Il primo è che Aldo Cazzullo ha costruito parte della sua reputazione di pensoso e pacato opinionista su titoli come Le donne erediteranno la Terra o Le italiane (sottotitolo: Il paese salvato dalle donne). Mi sembra evidente, ancora una volta, che per ereditare la Terra dobbiamo aspettare che tutti i maschi (anziani e non) siano morti, e nel frattempo loro si divertiranno moltissimo a spese nostre. La presidenza Trump è sostenuta da un manifesto regressivo, denominato Project 2025, che mira non solo a rendere illegali aborto, divorzio e contraccezione, ma anche a togliere il voto alle donne e in ultima istanza a trasformare gli Stati Uniti in un’oligarchia in mano ai tech bros1. Ma che vuoi che sia, per Cazzullo e per i suoi pari: con Trump si divertiranno di più, mica saranno loro a morire dissanguati in un parcheggio per un aborto spontaneo. Non saranno loro quelli a cui spareranno alle gambe se osano manifestare per le strade. Non sono mai loro, a perdere i diritti.
Per questi uomini, le donne sono una voce di spesa, un mezzo di personal branding, un tema. Non delle persone che esistono al di fuori di qualche forma di utilità o funzionalità per loro o le loro vite. Cazzullo scrive libri sulle donne e su quanto sono brave, nobili e fantastiche, ma Dio non voglia che una di noi si trovi in una posizione di potere. Si nascondono bene, si danno un tono, un’aria di rispettabilità che li pone al di sopra di ogni sospetto, ma sono tutto intorno a noi, ed è così che ci vedono. Chiamare Harris “la Casellati nera” non è solo surreale (*Mimmo In che senso.gif*), è anche irrispettoso, denigratorio2. Se Kamala Harris è questo, per loro, figuriamoci noi. Figuriamoci te, amica che mi leggi.
Le analisi post-voto sono piene di j’accuse nei confronti delle donne che hanno votato Trump, ma non una parola sugli uomini bianchi che costituiscono la gran parte della sua base. Non una parola di analisi, di autocoscienza o anche solo di condanna per il comportamento dei maschi. Va tutto bene, anzi, i giornalisti adesso si divertiranno. Beati loro.
È questa la cosa con cui ce la dobbiamo vedere, prima di tutto: il patriarcato, che non è un fenomeno dentro un sistema, ma il sistema stesso, in cui i Cazzullo e i Mentana godono di una stima e di una reputazione indiscusse, mentre nelle loro segrete stanzette parlano di noi in questo modo e non pagano mai, dico mai, lo scotto per la loro misoginia. Non sono due persone, sono letteralmente tutti gli uomini intorno a noi, gli intellettuali e i giornalisti e i politici che in questi anni non hanno speso neanche due secondi a parlare di Andrew Tate, di Joe Rogan, di Walter Nudo3, di tutta quella immensa rete di maschilisti radicalizzati che noi vediamo benissimo e loro invece ignorano, perché non ritengono sia di loro competenza. Lo dicevo già qui: siamo entrati ufficialmente nel mese della contrizione contro la violenza maschile sulle donne, ma se pensiamo che gli uomini facciano davvero qualcosa che non sia deplorarla o mettersi al centro del discorso per darsi delle grandi pacche sulle spalle o prendere spazio sulle copertine dei giornali, stiamo fresche. E questi sono i progressisti, quelli che vengono agli incontri e annuiscono, quanto hai ragione, che brava che sei.
L’incidente a La7 è stato giustamente inghiottito da altri discorsi, altre preoccupazioni ben più grandi. Io invece credo che sia una spia del problema con cui ce la dobbiamo vedere davvero: siamo circondate da uomini che fingono di ascoltarci in pubblico e ci sfottono in privato. Lo scontro in corso fra Vincenzo De Luca ed Elly Schlein sul terzo mandato, cosa pensiamo che sia, se non l’assoluto rifiuto dell’autorità di una donna giovane su un uomo anziano? E il silenzio degli uomini del Partito Democratico, cosa pensiamo che sia, se non questo? Cosa pensiamo che sia, la loro incapacità, no, ancora una volta, indisponibilità a mettersi in discussione, a essere leader di un cambiamento culturale, ad avviare pratiche di cambiamento collettivo? Stiamo tranquille che per loro va tutto bene, la nostra oppressione, la nostra fatica, la nostra morte sono sfortunati incidenti. Si sentono a posto così. Non prendendoci a schiaffi. Troppo buoni.
E io, che sto attraversando tutte le fasi del lutto, dal dolore sto già all’incazzatura più nera.
Da qui non posso fare niente per le donne americane, anche se ha ragione
quando dice (e lo diceva qualche giorno fa nelle sue stories) che come femministe la nostra patria è il mondo intero e quello che facciamo nel nostro mondo riverbera negli altri mondi. Ma forse voglio proprio cominciare da qui, da quello che posso vedere e toccare, e sono gli uomini italiani, perché le donne lavorano da cinquant’anni a mettersi in discussione, e io sulle donne (e con e per le donne, essendo io una donna) ho già fatto almeno4 tre libri. Adesso sto male, andrò per un po’ in autotutela, cercherò di limitare la mia presenza online e di leggere di più, guardare più film, ricaricarmi. Ma prima o poi torno. Aspettatevi che vi cachi la minchia con veemenza crescente, se non altro per il gusto di rovinarvelo, il divertimento. E lo so che vi vendicherete, lo so che sarà tutto più difficile, ma il fatto che non ne vediate la necessità è di per sé un’enorme motivazione. Spero di non essere sola. Spero che qualcuno di voi scelga di farmi compagnia.Ci vediamo il 9 a Viareggio, al Teatro Jenco.
Giulia
Magari me lo stessi inventando. Oltre a Project 2025, cerca: Yarvinism.
Lascio alle compagne afrodiscendenti il compito di decostruire in maniera precisa quel “nera” che sembra buttato lì, e invece.
Sì, Walter Nudo, pure lui è diventato un guru del sessismo che pretende di catechizzare i giovani uomini insegnando loro a gestire le relazioni come se gli ultimi duecento anni non fossero mai accaduti.
Quasi niente di quello che ho pubblicato dal 2004 in poi può dirsi esente da una lettura politica. Nemmeno i romanzi e i racconti.
Hai descritto perfettamente come mi sono sentita quando ho saputo dell’episodio di Cazzullo e Mentana. Aspettare e sperare che gli uomini progressisti diventino alleati è un’illusione: i segnali ce li abbiamo davanti agli occhi da anni. Ma la paura di perdere la loro approvazione (come se ci fosse mai stata) e i presunti privilegi che ne deriverebbero è ancora tra noi. Dobbiamo capire che se c’è qualcuno che si diverte, quel qualcuno non siamo noi. Grazie ❤️🔥
Da quando ha vinto Trump, passo delle giornate un po' complicate. In primo luogo perché lavoro all'80 percento con la Florida e anche se questa elezione non avrà necessariamente una ricaduta sulla mole di lavoro, quantomeno prevedo un aumento delle difficoltà che ci potranno essere se davvero Trump mette in atto ciò che ha detto. Però me lo aspettavo, perché gli americani, sia uomini che donne, danno molta più importanza all'economia e al vil denaro rispetto ai diritti. Inoltre non è la prima volta che i plurimilionari sono in grado di utilizzare la classe medio bassa anche contro i loro stessi interessi (infatti per tante cose mi sembra più il 1750 che il 2024). Tempo fa ho letto anche l'analisi di Kate Manne sull'elezione Trump-Clinton in cui emergeva che la società non era affatto "pronta"per una leader (= è ancora troppo sessista per dare uno dei ruoli più importanti al mondo ad una donna). Il voto delle donne non mi ha stupito più di tanto e per capirlo bisogna uscire da una prospettiva femminista facendo una gran fatica, cioè partire da un concetto fondamentale che molte Trumpiste hanno la granitica convinzione che le donne siano inadatte alla leadership e che il loro ruolo sia di eterne seconde, ovviamente dietro il maschio di turno. Anche quelle che non lo credono, sulla questione dell'aborto si sono affidate ai referendum che in molti stati hanno avuto un esito positivo. In linea generale credo siano state le elezioni della paura della classe media che economicamente sta sempre peggio, ma mi domando come la risoluzione possa essere Trump. Lo capirei se fosse una novità, ma ha governato 4 anni con esiti catastrofici. E questa paura si sta estendendo ad altri stati (vivo in Germania, il governo è sostanzialmente già caduto e ad est ci sono i nazisti, quelli originali, che hanno avuto notevole successo a livello regionale). Un'altra cosa che letteralmente mi toglie il sonno è la rete transnazionale di estremisti di destra, organizzati anche con i think tank antiabortisti, che lavora senza sosta per fare tornare indietro i diritti di donne e minoranze (per chi ha voglia di saperne di più consiglio il libro Bodies Under Siege), che ora sarà rafforzata dal futuro governo statunitense (visto che hanno anche lautamente sovvenzionato la campagna di Trump). Non mi pronuncio neppure sull'Italia per evitarmi un mal di pancia.